UE: “L’Italia merita l’eutanasia… (economica)”
Non c’è nulla da fare, l’Unione Europea non riesce a mettersi in discussione. E non vorrebbe nemmeno aprire un tavolo di confronto con le forze politiche che ormai hanno raggiunto rilevanza continentale, quelle che vedono nell’interesse nazionale il principio imprescindibile da cui partire per salvaguardare i propri cittadini e magari anche per ridare corpo a un’Europa che sia davvero fondata sui popoli e non serva delle élite finanziarie. Credevamo che la Brexit avesse insegnato agli euroburocrati a non tirare troppo la corda con la loro ossessiva prova di forza legislativa e propagandistica, mirante alla dissoluzione delle sovranità nazionali. E invece l’autoreferenziale eurocrazia continua imperterrita a lanciare moniti e ricatti travestiti da consigli.
Non stupisce che l’affondo della Commissione europea contro il governo italiano venga definito dal senatore ed economista Alberto Bagnai come l’ennesimo esempio della UE delle minacce, dei trattati approvati alla chetichella dopo negoziati opachi e viziati da ricatti. Bagnai, presidente della Commissione Finanze del Senato, spiega come questo tipo di politica non incontri più il favore dei cittadini, nemmeno nei Paesi che sembrano forti. E l’Italia sicuramente non sta bene: è appesantita da una spesa inefficiente o inutile, da un sistema giudiziario elefantiaco e spesso schizofrenico, è in affanno il suo tessuto produttivo, tartassato da un carico di burocrazia che non ha pari nel resto del mondo, tanto da far fuggire all’estero il meglio della propria imprenditoria, non stanno bene le famiglie, messe in ginocchio da un rincaro del costo della vita che ha spazzato via gran parte del ceto medio e ridotto in sottoproletariato alcune fasce di popolazione. Questa terrificante situazione è la figlia maledetta dello scellerato cambio Lira-Euro, che ha barattato l’iscrizione al club europeo con l’accettazione di condizioni capestro che hanno ipotecato il nostro futuro, mentre questo ingresso non era alla nostra portata e non c’era nulla di cui vergognarsi (anche perché non tutti i Paesi più ricchi o virtuosi hanno aderito all’Euro).
In un contesto del genere suona come una novità ciò che hanno affermato Luis de Guindos, vicepresidente della Banca Centrale Europea, e Jean-Paul Fitoussi, economista francese molto attivo sia in ambito accademico che politico. Il primo ha espresso in un’intervista parole di stima e di incoraggiamento: nell’economia italiana ci sono pro e contro. I contro sono una crescita lenta, il debito pubblico, una mancanza di riforme strutturali e dunque una bassa crescita della produttività. Ma l’Italia ha anche dei vantaggi che dobbiamo riconoscere. Il primo è che ha un surplus di partite correnti, nel complesso degli scambi con il resto del mondo. La posizione finanziaria netta sull’estero è buona e questo riduce la vulnerabilità dell’economia. E quando si guarda alla situazione di bilancio nel tempo, non è stata male: quasi tutti gli anni l’Italia ha avuto un avanzo prima di pagare gli interessi sul debito. Non è molto facile riuscirci, dunque è un precedente molto buono, soprattutto in confronto ad altri Paesi.
Il secondo, a sua volta, condanna il rigido rapporto del 3% tra deficit e Pil imposto dall’Unione europea e accenna il perché: è assurdo, inutile. Non serve né all’Italia né all’Europa. Questo parametro che fissa il rapporto fra deficit pubblico e Pil risale al 1997: le condizioni all’epoca erano ben diverse. Inoltre il professore transalpino boccia senza appello le sanzioni all’Italia ventilate dalla Commissione, perché metterebbero l’Italia in ginocchio, e questo non lo vuole nessuno. Costituirebbe un esempio supplementare di stupidità da parte dell’Europa.
Si tratta di dichiarazioni esplicite e argomentate da parte di figure di alto profilo; tuttavia non ricevono dai media l’eco che meritano perché sono positive per il Belpaese. Perciò vengono sommerse dalla massa di esternazioni anti-italiane che vengono diffuse e citate indipendentemente dalla loro rilevanza. A completare il quadro di oscurità che viene quotidianamente mostrato agli italiani ci pensano i soliti noti. Moscovici fa contemporaneamente sia il poliziotto buono che quello cattivo: da un lato la sua porta resta sempre aperte per discutere con le autorità italiane, mentre dall’altro preme per vedere un percorso credibile sia per il 2019 sia per il 2020, siamo pronti a prendere in considerazioni qualsiasi nuovo elemento ma, ripeto, non perdiamo tempo.
Juncker infine, con la sobrietà che lo contraddistingue, afferma che quello dell’Italia è problema serio. (…) L’Italia rischia di rimanere intrappolata per anni in una procedura per deficit eccessivo. Ma, bontà sua, aggiunge: vorrei evitarlo. Anche l’Italia vorrebbe evitare un conflitto aperto e irreversibile con l’Unione Europea, invece di cedere all’unica alternativa che Bruxelles ci propone: quella di lasciar morire la nostra economia o di suicidarci grazie alle amorevoli cure finanziarie in stile greco.
Marco Fontana