Una barzelletta monetaria. Da debito diffuso a debito nullo: prestidigitazione?

Un turista appare dal nulla in una pensione sonnolenta di un paesino
altrettanto sonnolento, dove i debiti non vengono pagati per mancanza
cronica di contante. Dice di voler dare un’occhiata alla qualità
dell’alloggio, lascia una caparra di 100 euro (due biglietti gialli da
50) e va ad esplorare la pensione.

Il cassiere-proprietario, in debito di 100 euro con il negozio di
alimentari vicino, acchiappa i due biglietti e ne paga il gestore.
Costui, ugualmente in debito per la stessa somma, si precipita dal
macellaio al quale deve 100 euro ed estingue il debito. Il macellaio,
che ha lo stesso debito con il veterinario fa lo stesso. Il quale si
ricorda che deve la stessa somma alla “signora” residente più o meno
stabilmente nella pensione, alla quale costei naturalmente deve
l’affitto. E paga, depositando i 100 euro sul banco; al che ritorna il
turista, si dichiara insoddisfatto della qualità dell’alloggio,
acchiappa i biglietti gialli e se ne va.

Risultato: sei debiti vecchi di mesi estinti in poco più di un’ora.
Chi racconta la storiella e chi la ascolta si fanno una gran risata
come se si trattasse dell’ultima barzelletta.
Gesell

Il geniale inventore della storia non sembra aver sondato le
profondità insospettate della sua invenzione, la quale, per chi ha
letto (e capito) Gesell rivela tutto un mondo di teoria monetaria.
Procediamo con ordine senza affrettarsi, così facilitando il capire
questa realtà che ancora sfugge ai più da 27 secoli. Quali sono i
punti da fissare permanentemente in mente?

Primo: per quell’ora in cui i due biglietti circolavano da un utente
all’altro essi avevano una funzione portavalori nulla. A nessuno
degli utenti venne in mente di tesoreggiare una benché minima parte di
quella somma per estorcere tributo a chi la volesse in prestito.
L’usura è la grande assente dalla storiella.

Secondo: i biglietti si comportavano analogamente a un pignone
ruotante che spinge una cremagliera senza fine rappresentante le
specie di debito considerate.

Terzo: i 100 euro non li aveva emessi la BCE a circolazione forzata,
cioè con l’intenzione di farli andare fuori corso dopo un mese
dall’emissione a meno di pagare una piccola tassa di magazzinaggio.
Tutt’altro: era stata la necessità ad accelerarne la circolazione.

Quarto: estrapolando dall’ora di circolazione nella pensione
sonnolenta, quanti beni e servizi avrebbe potuto muovere quella stessa
somma? Si calcoli: circolando tre volte al giorno per un anno
qualsiasi banconota è in condizioni di muovere circa 1000 volte il suo
valore facciale. Non lo fa perché la sosta nelle tasche di chi la
accaparra non viene penalizzata. Quei 100 euro quindi, al ritmo di sei
transazioni giornaliere, farebbero muovere la rispettabilissima somma
di 200mila euro in un anno. Quei due biglietti gialli? Solo quei due
biglietti gialli.

Quinto: Quale fu il ruolo del turista? Fu quello del banchiere
naturale, cioè che presta contante che ha a chi ne ha bisogno ma non
ne ha. Ad essere costretto anche lui da una moneta a circolazione
forzata a sbarazzarsene prima della scadenza mensile (o bimestrale, in
ogni caso convenzionale) la barzelletta diverrebbe il modus operandi
normale di una economia fondata sul lavoro (vero, non quello
sbandierato dalla Costituzione Italiana).
L’Elefante in Stanza

Si parlava un giorno, tra amici, dei 100 euro che avevano estinto
debiti per sei volte il loro valore facciale in un’ora circa, e facevo
gli elogi del concetto di Freigeld a circolazione forzata di Gesell.
“Ma ciò” intervenne uno, “è quel che fa il cassiere di una banca.
Riceve contante e lo fa circolare da un cliente all’ altro, in un giro
senza fine.”

Un secondo interlocutore chiese: “Ma come può una società moderna fare
a meno delle banche?”

Rimasi di sasso. Lo scenario non aveva fatto menzione alcuna di
banche, banchieri, credito e arnesi per l’uso, ma eccoti l’elefante
introdotto in stanza senza fartene accorgere: la banca.

La banca: l’istituto che autorizza ad emettere pezzi di carta con una
cifra scrittavi su; che malchiama codesta operazione “prestito”; che
vi carica interessi indebiti; che non permette di crearli mandando
così centinaia di piccoli imprenditori in bancarotta; che deruba i
clienti di ricchezza reale fatta servire da “garanzia” per i “debiti”;
che dichiara guerra al contante per far deviare l’economia verso il
credito così arricchendosi a spese di chi lavora; che nasconde nel
contratto clausole dirompenti per farle esplodere al momento giusto
così rovinando chi si lascia abbindolare dal “credito facile”; che da
secoli usurpa il potere di emissione dal Governo; che così facendo
travolse l’istituto monarchico rendendo impossibile il buon governo;
che nega credito a chi produce ricchezza ma lo irrora senza limiti a
chi la distrugge in guerre rovinose, così creando debiti
inestinguibili per generazioni;[1] che forza lo Stato a far combutta
con essa per impoverire il popolo, e dulcis in fundo (si fa per dire)
che distrugge il denaro “restituito” per emetterne del nuovo così
ripetendo il ciclo infernale ad infinitum.

E c’è riuscita così bene da convincere i più (inclusi i due amici
interlocutori) che la banca è un istituto indispensabile per l’umanità
invece di uno malevolo e parassitario come descritto nel paragrafo
precedente.

Ma ritorniamo alla barzelletta. Quello che descrive non è che il modus
operandi dellaFreigeld di Silvio Gesell, proposta da costui sin dal
1906 e messa in opera solo due volte: a Schwanenkirchen, Baviera, nel
1930 dal proprietario di una miniera di carbone in bancarotta e a
Wörgl, Tirolo austriaco, nel 1932-33 dal borgomastro.

Nel 1918 Gesell aveva predetto che a meno di cambiare il sistema
monetario sarebbe scoppiata un’altra guerra in meno di 25 anni, e così
fu. La guerra l’avrebbe sventata l’adozione di Freigeld, sola vera
moneta-sangue, da parte di Mussolini e/o Hitler, che invece tentarono
di combattere con le stesse armi usuro-democratiche, rimanendone
sconfitti.

Sorvolando sulle distruzioni belliche, analizziamo quelle delle forze
della natura: il terremoto, che è di casa in Italia da sempre.

Concentriamoci su come avrebbe funzionatoFreigeld se la si fosse messa
in opera in seguito al terremoto del Belice nel 1968.
Per sanare i danni di quel terremoto, vennero “stanziati” 12 mila
miliardi di lire (circa 6 miliardi di euro), dimostratisi incapaci di
completarne la ricostruzione in 40 anni e rotti. Lo hanno impedito i
sottoprodotti dell’usura: sprechi, peculato, malversazione,
incompetenza, prurito di novità, immobilità burosaurica, cattive
leggi, pizzi, corruzione, eccetera. È deprimente che la popolazione
della Valle del Belice sia rimasta praticamente quella che era quasi
mezzo secolo fa.

Ma non è tutto. Non fu lo Stato italiano ad emettere quei 12 mila
miliardi. Fu l’elefante in stanza: la banca, con cui lo Stato
contrasse un debito che lo costringe tutt’ora a tassare e tartassare i
cittadini per pagarne gli interessi. Cosa sarebbe successo invece con
la Freigelddella barzelletta?

I Comuni dei paesi colpiti l’avrebbero emessa a terremoto finito, in
ragione, diciamo, di 1000 lire x 100mila persone = 100 milioni.
Circolando 400 volte in un anno (più realisticamente delle 2000 volte
dei 100 euro della barzelletta), quei 100 milioni avrebbero finanziato
lavoro e materiali locali per 40 miliardi. In due anni, gli stessi 100
milioni, continuando a circolare, avrebbero finanziato 80 miliardi di
ricostruzione. Il tutto senza indebitare nessuno, e ricostruendo gli
abitati dov’erano e com’erano, invece di farli deturpare da
“furasteri” entusiasti ma su lunghezza d’onda culturale diversa. Ogni
famiglia avrebbe ricostruito la propria abitazione secondo desideri
proprî e canoni tradizionali. E non vi sarebbe stata emigrazione.

La Freigeld, libera da debito e da interesse com’è, non prevede
“fondi”, “riduzione di costi”, “analisi costi-benefici”, “risparmi di
tempo”, e altri termini usurari ai quali siamo tanto abituati da non
riflettere quanto siano assurdi. Il costo di un’opera viene misurato
in ore di lavoro, non in unità monetarie. Qualsiasi pagamento avviene
in contanti e alla consegna, senza scadenze di “fine mese”. Si
risparmia esclusivamente depositando Freigeld in banca (il turista di
passaggio, non l’usuraio), che la riimmette immediatamente nel circolo
sanguigno dell’economia reale. E non vi si può speculare su.

Cambiando i parametri, nulla osterebbe a che si applicassero le misure
suddescritte al terremoto che ha appena colpito il centro Italia.
Nulla? Non proprio. I summenzionati sottoprodotti dell’usura sono vivi
e vegeti: sprechi, peculato, malversazione, incompetenza, prurito di
novità, immobilità burosaurica, cattive leggi, pizzi, corruzione,
eccetera.

Perché allora scrivere tutto ciò? La speranza è dura a morire, così
che la possibilità di imbattersi in un sindaco con gli attributi di
Michael Unterguggenberger di Wörgl o di un Herr Hebecker di
Schwanenkirchen potrebbe, miracolosamente, tramutarsi in realtà.

Silvano Borruso

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Commento di Michele Rallo: “L’unica scelta possibile – a modesto parere del sottoscritto – è ri-nazionalizzare il nostro sistema di emissione monetaria e stampare il denaro che ci serve, in proprio, senza prenderlo in prestito dalle banche centrali (signoraggio bancario) e senza pagare poi il “pizzo” dei salatissimi interessi sul debito pubblico; con un pizzo aggiuntivo, che è quello di uno spread che gli usurai dei “mercati” utilizzano come un’arma impropria contro di noi.” 

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