Svezia fantasyland – Chi crede in Greta è un “gretino”…?
Immaginiamo che in Italia (o in qualunque altro paese del mondo) una fanciullina di 15 anni decida di scioperare ogni lunedí – poniamo – per protestare a pro di una causa nobilissima (contro i femminicidi, per esempio) e si posizioni davanti a Montecitorio, meglio se accompagnata da papá e mammá. Domanda: chi se la filerebbe? Chi le presterebbe attenzione? Chi la inviterebbe ad una conferenza dell’ONU per tenere lei – la quindicenne – un dotto discorso sul valore – chessó – della vita umana? Risposta: nessuno.
Adesso, veniamo a quel che é realmente accaduto: in Svezia una fanciullina di 15 anni ha deciso di scioperare ogni venerdí a pro di una nobilissima causa (contro l’inquinamento ambientale) e si é posizionata davanti al Riksdag, amorevolmente assistita da papá e mammá. Ebbene: le hanno dato credito tutti quanti, a cominciare da quei grandi organi d’informazione che appartengono ai potentati che inquinano il pianeta, l’hanno vezzeggiata, l’hanno coccolata, le hanno fatto fare un discorso davanti ad una conferenza dell’ONU sul clima, la hanno portato in processione come una sacra icona per mezza Europa, ricevuta con tutti gli onori da Junker, da Macron e da tutti gli alti papaveri della politica, citata anche dal Presidente italiano Mattarella come un fulgido esempio di acerbo impegno civile, ed in suo nome hanno anche organizzato puntigliosamente centinaia di manifestazioni studentesche in tutta Europa.
Altra domanda: chi crede che tutto ció sia avvenuto spontaneamente, senza alcuna preparazione e, soprattutto, senza alcun secondo fine?
Non so quanti in Italia abbiano creduto alla genuinitá del movimento che qualcuno chiama “gretino” (dal nome della piccola Greta). So che in Svezia la vicenda ha suscitato piú di qualche perplessitá. A cominciare dallo “Svenska Dagbladet”, uno dei piú autorevoli quotidiani svedesi, che riconduce l’operazione Greta all’azione di un maestro delle grandi campagne pubblicitarie, tale Ingmar Rentzhog. Qualcun altro, piú banalmente, ha ricollegato il tutto al lancio di un libro dei genitori della pulzella, uscito provvidenzialmente pochi giorni dopo i primi clamori che hanno riguardato la figliola.
Io do piú credito alla prima ipotesi, quella del pubblicitario. Perché? Perché non credo che tutto questo bailamme possa derivare dal semplice lancio di un libro. Credo, piuttosto, ad interessi piú vasti, di natura politica e non commerciale.
Il signor Rentzhog – lo apprendo dal sito di Maurizio Blondet – é il presidente-direttore di una sorta di pensatoio (un think-tank, come si dice oggi) che si occupa di ambiente, ma che fa capo ad una miliardaria svedese – tale Kristina Persson – che in vista delle prossime elezioni europee propugna una santa alleanza di tutti i partiti svedesi – dalla destra alla sinistra – contro le forze nazionaliste e sovraniste.
Ecco che tante tessere del mosaico vanno improvvisamente a posto. L’operazione Greta non sarebbe rivolta tanto alla Svezia (uno dei paesi europei piú all’avanguardia nella legislazione ambientale) quanto al resto d’Europa. Con molta probabilitá – é il mio personalissimo punto di vista – dietro l’operazione Greta c’é il solito circuito di miliardari (tutti “di sinistra” naturalmente) che vorrebbe creare artificialmente una “moda” ambientalista che possa affascinare i giovani e sottrarli al richiamo dei movimenti nazionalisti. Il progetto potrebbe condurre a qualcosa che si avvicini ad altri modelli giá sperimentati altrove: un contenitore “né di destra né di sinistra”, capace di grattare voti a dritta e a manca, in modo da evitare che la protesta si indirizzi verso chi è in grado di darle uno sbocco concreto, cioé verso le formazioni nazionaliste e sovraniste.
É solamente un’opinione, naturalmente, ma credo di essere abbastanza vicino alla veritá. Se dovesse essere cosí, comunque, l’operazione sarebbe in forte ritardo: fra due mesi si vota, e ci vorrá qualcosa di piú consistente per bloccare l’ondata populista. Mi dispiace per i miliardari – svedesi e non – ma credo che i loro progetti siano giunti al capolinea.
Michele Rallo