“Manifesto per l’economia umanistica” di Valerio Malvezzi – Il problema politico e quello economico…

Intervento di Valerio Malvezzi al convegno “Spread, banche e sicurezza nazionale”, presso il Senato della Repubblica: “Lettera aperta per una Economia Umanistica, indirizzata ai potenti della Terra che, comandando sui capitali e sulla finanza, tutto controllano”.

“Spero che esista al mondo una autorità inquirente, un magistrato che abbia titolo, ma ancora prima il coraggio di verificare ciò che sto per dire. Se cioè corrisponde a verità ciò che ho letto su organi di stampa, in articoli presto derubricati in notizie di secondo piano per addetti ai lavori, perché saremmo di fronte al più grande inganno finanziario della seconda decade del ventunesimo secolo.

La Banca Centrale Europea, il massimo organo di regolazione e credibilità del sistema monetario e la sua vigilanza, che avrebbe il compito di vigilare sulla stabilità del sistema bancario, da anni sta guidando, con norme e regolamenti, le aggregazioni e fusioni bancarie, mediante stress test volti a decidere chi debba essere fuso e sparire dal mercato.

Se fosse vero che, dal 2014, tali analisi non siano state fatte dalla Banca Centrale o dai suoi uffici ma appaltate, peraltro con modalità non trasparenti, a soggetti privati, investitori esteri, sarebbe un fatto di gravità inaudita e senza precedenti.

Affidare ad un operatore privato speculativo, black rock, un compito di vigilanza, appare un atto in palese conflitto di interessi. Fuori dai tecnicismi giuridici, questo significa che tutto quanto avvenuto negli ultimi anni nel mio paese, l’Italia, in ordine ai riassetti del sistema bancario, si baserebbe su atti dettati da ragioni di necessità e urgenza, basati su fondamenti tecnici non solo inesistenti, ma potenzialmente distorsivi del mercato.

Milioni di risparmiatori e imprese hanno versato lacrime e sangue, letteralmente, per le conseguenze sia della restrizione del credito, sia per la distruzione del risparmio garantito dalla Costituzione italiana

Signori ignoti, che da paesi lontani movimentate la finanza mondiale, voi fate scrivere di agire per la stabilità del sistema bancario ma, nei fatti, voi rubate la vita e il futuro della povera gente, costringendo le imprese a chiudere, imprenditori a impiccarsi, darsi fuoco, anziani a vedere bruciare i risparmi di una vita, fregati da tecnicismi giuridici incomprensibili, giovani a emigrare perché avete gettato la liquidità sui tavoli delle borse, nei derivati e nei fondi speculativi, togliendola a chi sostiene posti di lavoro.

Voi fate sproloquiare astutamente di andare avanti, di fare riforme, di progresso e raccontate che questo sarebbe l’unione bancaria europea. In realtà non fate sapere al popolo le cose come stanno e cioè che l’unico modo di procedere sarebbe quello di arrestare tutto, fermare l’ingiustizia e tornare ad un mondo giusto, ad un’economia umanistica nella quale sia l’uomo e non il mercato il cuore del nostro agire.

Questa sarebbe la cosa giusta da fare, perché ciò che voi chiamate mercato, altro non è che un sistema prevaricatorio di pochi che, mediante informazioni assunte in un sistema di relazioni sleali, si arricchiscono a dismisura ai danni di molti: i poveri, i semplici, le persone comuni, gli ultimi.

Signori politici, senatori, sembra che vi stiate occupando di questioni tecniche, tralasciando l’attacco al problema strategico: scopo di una banca centrale è creare e gestire i sodi di un popolo. Per questo la Banca Centrale deve essere detenuta dal popolo.

Se invece, come accade ora, lo stato, che quel popolo rappresenta, prende a prestito il denaro da un sistema di banche private, che a loro volta lo moltiplicano come i pani e i pesci, allora il governo sarà costretto a vessare il popolo di tasse e balzelli per ripagare il profitto indebito privato.

Il cuore del problema politico è che non siamo più in un’economia a regia pubblica, ma privata.

Così stando le cose, siamo anche in una democrazia apparente, ma non di fatto, al punto che diventa perfettamente inutile e financo illusorio il diritto e l’esercizio del voto, poiché nessun governo, servo del potere bancario privato, sarà mai in grado di esercitare il mandato del popolo sovrano

Signori politici, senatori, se non decidiamo di fare finalmente ciò che è giusto, costi quello che costi, invece di fare ciò che è ragionevole politicamente, allora non ci sarà mai speranza per la povera gente. Dobbiamo concentrarci su soluzioni alle ingiustizie e se il nostro sistema regolatorio non consente di trovare soluzioni, allora, se ne deve convenire che si deve radere a zero questo sistema di regole ingiuste e crearne altre più eque. Lo dobbiamo fare perché non è più tollerabile, sull’altare della presunta efficienza il sacrificio di tanti per il privilegio ingiusto di pochi.

So bene a quali rischi mi stia esponendo, anche per la credibilità della mia professione nella quale quasi tutti recitano una diversa litania per convenienza o interesse. Non mi interessa essere deriso: mi interessa essere vero. Ed è vero che, se la sofferenza di tanti è tollerata per il privilegio di pochi, allora questo sistema economico è semplicemente sbagliato.

Signori privati, voi oscuri demiurghi di sventura, voi dioscuri della povertà, voi saccenti profeti di tristezza, voi avete ignorato per il vostro tornaconto il pianto di un popolo per anni e lo ignorerete ancora. Ma io sono qui ad annunciarvi, come ultimo dei cittadini che il popolo sta cominciando a capire e che, quando il popolo si muove, le cose cambiano. E che per questo semplice fatto cambieranno, che a voi piaccia o no.

Succederà perché, al di là di ciò che pensano i neoliberisti che ci raccontano da decenni che il pianeta sia guidato dai mercati, al contrario il mondo è guidato dalla libera mente dell’uomo. Quella mente, per secoli, ha sempre condotto l’umanità su binari da cui siamo usciti, binari diritti che non consentono una deroga di viaggio. Si chiama morale.

Signori politici, cari senatori, siete degli illusi a pensare di poter risolvere i problemi del nostro paese con gli accordi, le deroghe, le riforme con l’Europa. E’ finito il tempo del politico, è giunto il tempo dello statista. Qui serve qualcuno che si alzi in piedi e dica, semplicemente che l’Italia, erede di un pensiero millenario che parte dalla Grecia, è portatrice di una rivoluzione culturale. Quell’uomo dovrà dire al mondo che il sistema di pensiero che è alla base del modello economico degli ultimi quarant’anni, non va riformato o migliorato con una mediazione o una negoziazione. Esso va semplicemente raso a zero.

Ci sono momenti della storia nei quali, per procedere, bisogna distruggere fino alle fondamenta, per poi ricostruire su basi diverse. Io penso che fino a che il mondo politico non affronterà questa che è la principale delle questioni, saremo sempre qui a vivacchiare, da una elezione fintamente democratica a quella successiva. Solo che, nei lustri, le generazioni italiane invecchiano. Le donne incinte con gravidanze a rischio, sono rimandate a casa perché gli ospedali devono risparmiare, gli anziani devono rivolgersi alla sanità privata per non fare code insopportabili, milioni di poveri rovistano nei cassonetti, centinaia di giovani per di più acculturati fuggono per cercare lavoro all’estero, mentre i nostri telegiornali ci parlano solo di barconi.

Il sistema economico comporta una lotta tra poveri di diversi colori che si ripete da decenni, mentre noi siamo qui a dibattere di sciocchezze, di percentuali di PIL, tra poltrone di velluto. Ma non capite che occorre semplicemente alzarsi e dire “basta”?!

Abbiamo un mondo in cui la gente crede non ci siano i soldi per fare le cose. Quando la verità è che i soldi si fanno premendo un bottone. Il problema è chi ha in mano quel bottone. E non è più tollerabile che il bottone sia in mani private! Noi vogliamo che la mano che preme quel bottone sia pubblica.

Abbiamo un mondo in cui la gente pensa che il problema sia il debito pubblico e nessuno ha compreso che il debito pubblico è l’altro lato della medaglia che si chiama ricchezza privata. Il problema è chi detiene quel debito! Noi vogliamo tornare ad avere quel debito nelle case italiane, come cittadini italiani. Perché quel debito è contratto per la nostra casa, per la nostra patria e non siamo disposti a vendere il Colosseo o gli Uffizi a banche estere private. Perché i sonetti di Dante e le opere di Cicerone non sono in vendita, perché non è in vendita la nostra memoria.

Non entrerò quindi nel tecnicismo delle scelte necessarie per liberarsi dalla schiavitù dello spread, ma dico chiaramente a voi politici che per risollevare il paese occorrerebbe un piano di espansione della spesa pubblica che le attuali regole europee non consentono.

Ergo, siete degli illusi, o dei pusillanimi, a pensare di trattare con una tigre. La tigre si doma con la forza. La nostra è quella della ragione e della giustizia

Voi dovete fare una ed una sola cosa: chiedere a gran voce che l’economia torni sotto la morale perché per millenni, da Aristotele ad Adam Smith, tutti i grandi economisti erano filosofi morali. Questo è il tema cruciale della rivoluzione intellettuale del XXI secolo. Oggi ciò che domina il mondo è la finanza, che condiziona l’economia, che ricatta la politica al di fuori della morale. In questo schema le vostre tattiche sulle pensioni a quota 100, o sul reddito di cittadinanza, sono solo visioni di breve termine, collocate in un battito di ciglia tra un sondaggio e il successivo.

So bene cosa state pensando: parlare di morale come struttura sovra economica non porta voti, perché la gente non capisce. Fregatevene dei sondaggi, se avete a cuore il vostro paese. E sappiate che la gente se voi parlate il linguaggio delle persone e non della burocrazia, capisce benissimo.

La rivoluzione culturale, alla base di qualsiasi speranza di salvezza, non può che passare da un manifesto per l’economia umanistica. L’economia umanistica è la sfida di questo secolo. E seppellirà, come un incidente storico, quella capitalistica.

L’economia umanistica è un’ancella della filosofia morale, ma la comanda e comanda la finanza, perché la moneta è solo il prezzo delle cose, ma l’anima dell’uomo non è in vendita.

Io sogno un manifesto per l’economia umanistica che partendo da qui, da poche persone, dall’Italia, venga sottoscritto da tanti cittadini italiani e poi, magari, europei e forse un giorno del mondo.

Il cuore del marcio negli ultimi quarant’anni almeno, è il fatto che abbiamo costruito un’economia a favore di “alcune persone” e non “delle persone”. Il cuore del documento di questo manifesto per l’economia umanistica deve essere l’uomo al posto del mercato, il lavoro al posto del capitale, la produzione reale in logo dei pezzi di carta.

Se avremo il coraggio di mettere nell’agenda politica, al primo posto, un manifesto per l’economia umanistica, saremo allora sicuri di non far più scrivere che il Botswana ha un raiting superiore all’Italia perché ha le miniere di diamanti.

Dobbiamo spiegare al mondo che l’Italia vuole tornare ad investire, bruciando le attuali regole del gioco sull’altare della giustizia, nelle proprie campagne, nei propri campi, perché i nostri poeti rispondono all’ignoranza dei diamanti del Botswana. “Dai diamanti non nasce niente” – cantava un italiano – “dal letame nascono i fiori”.

Io sogno che un numero sufficiente di persone sottoscriva questo manifesto, affinché il mondo politico italiano sappia che non è più il tempo di vivacchiare, ma è tempo di tornare a vivere. Tante persone stanno cominciando nel mondo a intuire la verità sotto il velo dell’inganno

Io sogno che questo manifesto nasca qui, in un piccolo paese che tanto ha dato nel millenario pensiero dell’umanità. Io non so se vedrò da vivo quel giorno. So, però, che quello sarà un giorno radioso – e non soltanto per gli italiani che hanno insegnato al mondo ad alzarsi in piedi – indelebile nella storia dell’umanità.

Valerio Malvezzi

Video collegato: https://www.youtube.com/watch?v=UiL8Aq0P32M

(Documento inviato da Adriano Colafrancesco)

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