L’Italia ride, canta e danza sul Titanic, un minuto prima della fine – Conte ha dato buone garanzie al Trump su TAP, F-35 e MUOS
Governo M5S – Lega: totale subordinazione alla NATO: dagli F-35 al MUOS, dall’HUB Napoli al PESCO, dalle ‘fake news russe’ al 2% di bilancio ‘per la Difesa’, dalle sanzioni alla Russia ‘per la Crimea’ ai ‘percorsi condivisi (con la NATO) di pacificazione’, cioè guerra come politica estera. Anche alla Cina.
Luca Frusone (M5S) dice che: senza dubbio aumenteremo le spese militari fino al 2% – La base USA di Napoli è un hub importantissimo”. E conferma l’allineamento con Trump sul caso dei cellulari Huawei: “La questione cinese esiste ed ha a che vedere con la salvaguardia delle nostre informazioni sensibili”. Non è da escludere che vengano vietati ai militari italiani.
Intervista a Luca Frusone (M5S), capo della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato:
Dalle tensioni con la Russia alla situazione in Nordafrica che si ripercuote nello spazio euromediterraneo, passando per dossier tecnologici ma anche di sicurezza come quelli cyber che vedono protagonista il colosso cinese Huawei. Sono questi alcuni dei temi che Luca Frusone (M5S), a capo della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato, ha toccato in una recente visita a Washington per un summit dell’assemblea tenutosi presso la National Defense University. Un appuntamento – spiega in una conversazione con Formiche.net – che rappresenta un momento prezioso per confrontarsi con i partner e, in primo luogo, con gli Stati Uniti, sui principali dossier di sicurezza che vedono oggi coinvolta l’Alleanza Atlantica.
Presidente Frusone, quali sono le priorità odierne e future al centro dell’agenda Nato dal punto di vista parlamentare?
A Washington se ne sono dibattuti diversi. Dalle tensioni con la Russia alla situazione in Nordafrica che si ripercuote nello spazio euromediterraneo, passando per dossier tecnologici ma anche di sicurezza come quelli cyber. Un argomento legato anche al rapporto con la Cina.
Partiamo da quest’ultimo tema. Washington è ai ferri corti con Pechino e chiede a tutti i suoi alleati un impegno forte per ridurre i rischi di sicurezza che deriverebbero dall’utilizzo di apparecchiature di fabbricazione cinese, come quelle dei colossi Huawei e Zte.
Per gli Stati Uniti è un problema cruciale, ma lo è anche per l’Italia. La questione cinese esiste ed ha a che vedere con la salvaguardia delle nostre informazioni sensibili – sia quelle governative sia quelle aziendali e degli utenti – ma anche col fatto che siamo in un sistema di alleanze euroatlantico e non possiamo pensare di procedere da soli senza pensare ai timori del nostro principale partner. Al tempo stesso vanno potenziate le nostre capacità nazionali e di controllo sulle infrastrutture non italiane, per essere da un lato autonomi e dall’altro protetti anche da altri tipi di interferenze che provengono da Paesi più vicini ma rispetto ai quali siamo anche competitor in alcuni specifici casi.
Qual è la linea del governo su questo tema? Anche l’Italia, come altri Paesi, dirà no alla tecnologia cinese in alcuni ambiti?
L’esecutivo non si è ancora pronunciato su questo argomento, ma una decisione sarà presa a stretto giro, se ne discute proprio in queste ore.
Restiamo sulla cyber security. Quali sono gli altri problemi da fronteggiare per l’Italia nel prossimo futuro?
Ce ne sono molti e tutti importanti. Dobbiamo assolutamente innalzare il livello di attenzione in tutti quegli ambiti della Pubblica Amministrazione che sono ancora troppo poco consapevoli della minaccia e della sfida che la cyber security pone al Sistema-Paese nella sua interezza. Si tratta di una questione non solo di sicurezza, ma anche competitiva. Dobbiamo capire che in un mondo connesso non è sostenibile avere anelli deboli nel senso informatico del termine. Negli ambiti, invece, che già sono avanzati da questo punto di vista e che, anzi, costituiscono il nostro livello di protezione – parlo in particolare dell’intelligence, del Comando Interforze per le Operazioni Cibernetiche e della Polizia Postale – sono necessari diverse modalità di arruolamento per attrarre i talenti informatici e naturalmente maggiori investimenti. Anche per questo, in ambito Nato abbiamo portato con il ministro alla Difesa Elisabetta Trenta e il sottosegretario del dicastero Angelo Tofalo l’idea che gli investimenti in cyber security debbano essere parte integrante dell’ormai famoso 2% di spese sul Pil da destinare alla difesa.
Gli Stati Uniti, soprattutto l’amministrazione Trump ma non solo, ricordano da tempo ai Paesi alleati di rispettare l’impegno del 2%. L’Italia intende onorarlo?
Sì, senza dubbio. Siamo decisi a raggiungere quell’obiettivo in modo progressivo, ma crediamo si debba fare. Stiamo però conducendo una battaglia per valutare le nostre spese non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. L’Italia conduce uno sforzo gigantesco, riconosciuto e apprezzato, per quanto riguarda le missioni all’estero e la formazione militare. Oggi tutto ciò non rientra nel computo. Pensiamo invece che queste voci debbano essere parte integrante del bilancio, perché a comporlo non possono essere solo i sistemi d’arma, pure importanti. Inoltre, aggiungo che in questo Paese va fatto un grande lavoro, in parte iniziato, per creare una vera cultura della difesa tra i cittadini. Questa cultura può svilupparsi solo con maggiore dialogo e trasparenza sia da parte delle imprese del settore, sia da parte dello stesso governo che deve spiegare in modo chiaro a cosa servono gli investimenti fatti in difesa e sicurezza.
A proposito di sistemi d’arma e tecnologie militari e dual use, l’Italia è uno dei protagonisti della Cooperazione strutturata permanente dell’Ue, la Pesco. Come valuta questo progetto? E come viene visto in un ambito Nato allargato agli Usa?
Lo valuto positivamente, perché se ben fatto consentirà alla difesa dei Paesi europei di ridurre le spese e ottimizzare gli investimenti e alle nostre imprese del settore di avere un mercato più competitivo ma anche più ampio. Pensare invece di rinunciare all’apporto degli Stati Uniti o di costituire un esercito europeo in competizione o peggio in contrapposizione con quello americano lo considero invece sbagliato, oltre che utopistico.
Torniamo alla geopolitica. Uno dei fronti aperti nel cuore dell’Europa e sul quale l’attenzione della Nato è altissima è quello ucraino e delle tensioni con la Russia. L’Italia non ha sempre una posizione netta su questo dossier. La avrà?
Tentativi di influenzare il dibattito e il consenso con fake news e bot si sono registrati anche da noi. Detto ciò penso che il nostro Paese, come del resto è sua tradizione, pur non sconfessando la linea comune sulle sanzioni si stia ritagliando un ruolo fondamentale di “ponte” nel dialogo tra Washington e Mosca, che malgrado i toni alti che spesso si registrano continua fortunatamente a restare aperto. Non può esserci deterrenza senza dialogo, questo è bene ricordarlo. I rapporti positivi che l’Italia intrattiene sia con gli Usa grazie al feeling tra il presidente Donald Trump e il presidente Giuseppe Conte, sia con la Russia credo possano ancora una volta rappresentare per noi un fattore rilevante da prendere in considerazione.
Un ultimo punto che riguarda Italia e Nato è l’Hub di Napoli, divenuto centrale per la sicurezza del cosiddetto fronte Sud. Qual è il suo valore e la sua vocazione?
L’Hub di Napoli è importantissimo non solo perché aggiunge peso italiano e mediterraneo in seno all’Alleanza, che negli ultimi anni ha avuto il suo focus soprattutto a Est, ma anche perché può aiutare quella prevenzione dei conflitti e quell’anima pacifista che sono nel nostro dna e nella nostra Costituzione. Questo è importantissimo anche per la Libia e persino per le guerre in Medio Oriente. Non perché la Nato debba intervenire, anzi. Però il polo partenopeo può diventare uno strumento per fare politica e policy che non si traduca in interferenze interne nei Paesi della regione, ma che possa fornire un ruolo di supporto a chi ne ha bisogno e lo chiederà, nonché per accompagnare in modo ordinato percorsi condivisi di pacificazione. Anche questo contribuisce a creare quella cultura della difesa di cui c’è grande bisogno.
Fonte: https://formiche.net/2018/12/huawei-russia-luca-frusone/
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Mio commentino: “La Russia di Putin avvisa l’Italia e gli altri paesi europei di non mettersi a “squittire” se poi vi saranno conseguenze negative in seguito alla politica aggressiva della NATO, qualcuno si è offeso dicendo che noi non siamo topi, infatti siamo solo scarafaggi, gli unici con speranze di sopravvivenza all’olocausto nucleare. Grazie al governo del cambiamento per gli arditi sforzi della sua politica…” (P.D’A.)
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Articolo collegato:
Quattro ore di conferenza stampa, “se i missili arrivano in Europa,
l’Occidente non strilli se noi reagiremo. Ma confido nel buon senso
dell’umanità”
“Il mondo sta sottovalutando il pericolo di una guerra nucleare”. Sono
preoccupazioni già espresse da Vladimir Putin, ma oggi ulteriormente
sottolineate nel corso della tradizionale lunghissima conferenza stampa
di fine anno, circa quattro ora. Lo “sfacelo” del sistema di deterrenza
internazionale, acuito dalla decisione degli Usa di uscire dal trattato
Inf, “aumenta l’incertezza” ha aggiunto il presidente russo, secondo cui
“le armi della Russia servono a mantenere la parità strategica e se
arriveranno i missili in Europa poi l’Occidente non strilli se noi
reagiremo. Ma io confido che l’umanità avrà abbastanza buon senso per
evitare il peggio”.
Putin ha puntato il dito contro le ipotesi di “abbassare” la soglia di
tolleranza riguardo alle armi nucleari, cioè introdurre armi atomiche
“per uso tattico”, sostenendo che questo potrebbe portare a una
“catastrofe globale”. Inoltre esistono i missili balistici senza testate
nucleari e noi dunque “non possiamo sapere”, se viene lanciato un
missile balistico, se è armato con testata nucleare o meno, e questo ha
un impatto sui “nostri sistemi di difesa” programmati per rispondere “ad
un attacco fatale”. Putin, parlando dei rapporti col Giappone, ha infine
stigmatizzato una volta di più lo scudo missilistico Usa. “Per noi
questi sistemi non sono solo difensivi perché sono in realtà
sincronizzati con l’apparato offensivo, e lo capiamo benissimo”.
L’accusa che la Russia cerca il dominio del mondo “è un cliché”
propinato all’opinione pubblica occidentale e in particolare ai paesi
che fanno parte dell’Alleanza Atlantica così che facciano “quadrato”. La
Nato “ha bisogno di un nemico esterno e questo nemico è la Russia”, ha
aggiunto Putin. “Noi sappiamo bene che il quartier generale di chi
davvero vuole dominare il mondo non sta a Mosca, ma a Washington, e
basta vedere la differenza nella spesa militare fra Russia e Stati
Uniti”. In realtà, ha detto ancora il presidente, “il nostro obiettivo
principale, l’obiettivo principale della nostra politica estera, è
creare condizioni favorevoli per lo sviluppo della Russia, la sua
economia e la sua sfera sociale, mantenere il potenziale del nostro
paese e avere un posto degno sulla scena internazionale come partner
alla pari”.
Secondo Putin l’Occidente “usa la russofobia e le sanzioni per contenere
la potenza della Russia. Non c’è nulla di nuovo, la Russia ha vissuto
per tutta la sua storia, nell’800 e nel ‘900, con qualche forma di
restrizioni, basta leggere il carteggio dei diplomatici”, ha aggiunto
Putin. “Il caso Skripal è servito solo come mezzo per introdurre altre
sanzioni ma l’economia russa ormai si è adattata alle sanzioni, che per
certi versi hanno portato anche dei vantaggi”.
Lo zar Vladimir ha ribadito di essere “pronto” a incontrare Donald
Trump. “Non lo so”, aggiunge però il presidente russo rispondendo a chi
chiede se il meeting possa effettivamente andare in scena. Trump, come è
noto, alla vigilia del G20 che si è svolto in Argentina ha cancellato
l’incontro con Putin dopo l’azione con cui Mosca, a novembre, ha
sequestrato 3 unità navali ucraine e ha catturato i marinai di
Kiev.
Fonte Articolo: https://www.huffingtonpost.it/2018/12/20/vladimir-putin-allarma-il-mondo-si-sottovaluta-il-pericolo-di-guerra-nucleare_a_23623624/
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Commento di Luigi Caroli:
“Esecrabile il comportamento di Frusone, “addetto militare” dei CINQUESTELLE. Questi, purtroppo, continuano a toppare rovinando le cose buone che pure hanno fatto. Se Conte – per ovvi problemi – non può attaccare Trump, gli “altri” farebbero meglio a non leccargli troppo il …. Se i greci – pur alla fame – rimangono dopo gli USA i maggiori finanziatori della NATO, in Afghanistan gli italiani seguono gli americani come portatori di pace (?). Lanciando le bombe a mano? Che ci facciamo noi in quel Paese? Mandiamoci solo i generali a quattro stelle…”
Mottetto aggiunto:
Dopo il Toninell appar Frusone!
Possibile che in ogni formazione
salga al proscenio il più sconsiderato
e al peggior potere venga dato?
Luigi Caroli