Argentina. Il G20 ed il silenzio tra Putin e Trump
Anche Sergey Lavrov formatosi alla vecchia scuola diplomatica sovietica avrà avuto un pensiero per George Bush sr., dopo la terza capriola in 24 ore di Donald Trump sui rapporti con la Russia. Ieri il presidente Usa in un’intervista alla Bbc ha mutato ancora posizione: «Penso di avere ottimi rapporti con Putin e con la Cina. Credo sia importante, quindi mi vedrò con Putin al momento opportuno». Alla “notizia” i funzionari russi a Buenos Aires hanno alzato le spalle: da tempo non pensano più che il capo della Casa Bianca possa rinsavire.
La giornata di Putin del resto era assai impegnativa. Il premier giapponese Shinzo Abe ha continuato a spingere sul capo del Cremlino per sottoscrivere l’accordo di pace (Giappone e Russia non hanno mai firmato l’armistizio alla fine della seconda guerra mondiale) e la sistemazione delle isole Kurili entro fine anno.
Per questo sta facendo ponti d’oro per la Russia: apertura dei rapporti turistici, acquisto di petrolio e anche pressione su Trump perché riconsideri la sua politica sull’Iran. Ma il nodo da sciogliere resta l’eventualità di basi americane sulle isole. Abe ha promesso che non le permetterà ma Putin ha ricordato che «la Russia aveva ricevuto le stesse rassicurazioni ai tempi della caduta del Muro».
A pranzo, come previsto, ha incontrato una provata Angela Merkel arrivata in Argentina dopo un viaggio di 24 ore per un guasto all’aeromobile. Il pranzo è stato riservato ma qualcosa è trapelato. Sugli ultimi prevedibili assalti per impedire il completamento di North Stream 2, Merkel ha assicurato allo «zar» del Cremlino che terrà duro.
Ha chiesto a Putin un gesto di buona volontà che conduca alla liberazione dei marinai ucraini ma ha anche garantito di essere contraria a nuove sanzioni contro la Russia. Si è parlato anche di Siria: il capo del Cremlino ha offerto alla Germania la possibilità di inserirsi nella regione se investirà nella ricostruzione del paese.
Il presidente russo nella seconda riunione di lavoro dei leader del G20 ha poi dichiarato la necessità di riformare l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), come ha riferito Maxim Oreshkin, capo del ministero dello sviluppo economico e del commercio. Secondo Oreshkin, Putin si sarebbe dichiarato per una riforma del Wto «sulla base della piattaforma del G20 come già sostenuto dai paesi europei».
A Kiev è tornato a farsi sentire il presidente ucraino Petr Poroshenko. Secondo l’industriale dolciario, la Russia sta testando la stabilità dell’ordine mondiale, ma il mondo non accetterà di trasformare il mar d’Azov in un «lago russo». Si tratterebbe, secondo Poroshenko, di «una minaccia colossale alla quale noi, insieme ai nostri alleati, stiamo cercando di dare una risposta politica e diplomatica adeguata».
E per dare consistenza alle sue affermazioni ha sostenuto che la Russia avrebbe schierato lungo i confini ucraini uomini e mezzi in vista di un assalto. Ai confini dell’Ucraina l’esercito russo avrebbe mobilitato «oltre 80mila soldati di fanteria, circa 1.400 pezzi d’artiglieria, 900 carri armati, 2.300 veicoli corazzati da combattimento, oltre 500 aerei e 300 elicotteri».
Inoltre nelle acque del mar Nero, d’Azov ed Egeo, ci sarebbero più di 80 navi e otto sottomarini, tra cui 23 navi e sei sottomarini che starebbero «svolgendo missioni». Insomma il paese sarebbe ormai circondato, peccato che neppure i satelliti della Nato siano stati in grado di confermare una tale massiccia mobilitazione.
Da parte sua l’intelligence della proclamata Repubblica popolare di Donetsk ha denunciato l’arrivo nella regione di Kramatorsk di sei istruttori dell’esercito degli Stati uniti a cui avrebbe fatto seguito venerdì il trasferimento alla stazione ferroviaria di Konstantinovka (che si trova a 40 km a nord di Donetsk) di tre treni che avrebbero portato al fronte la 25a brigata paracadutistica dell’esercito di Kiev in vista di un’eventuale offensiva su larga scala a dicembre. Una situazione critica confermata anche dal gruppo di contatto del Osce che monitora la situazione nel Donbass.
Negli ultimi giorni durante gli scontri tra i due eserciti avrebbero perso la vita 15 soldati delle opposte fazioni.
Yurii Colombo
(Fonte: Il Manifesto – 02.12.2018)