All’illustrissimo presidente Mattarella – Lettera aperta sulla “libertà di espressione e di informazione” (e interventi vari sui “giornalisti puttane”)
Illustrissimo Presidente Sergio Mattarella, ha perfettamente ragione quando afferma che “la libertà di stampa ha un grande valore, perché, anche leggendo cose che non si condividono, anche se si ritengono sbagliate, consente e aiuta a riflettere”.
Mi domando, però, Presidente, verosimilmente in compagnia di non pochi connazionali: questo vale anche per la malversazione giornalistica a fini di denigrazione ad opera di prestigiose testate giornalistiche, come documenta, peraltro solo molto parzialmente, questo breve repertorio che mi permetto di sottoporle, a supporto di quanto affermo?
E ancora di più: questo, Presidente, vale anche per la libertà di propaganda, stile Istituto Luce, truffaldinamente imposta per anni da perfetti allievi delle Goebelschool del giornalismo italiano e, soprattutto, finanziariamente sostenuta, per anni, con il canone dagli utenti del servizio pubblico televisivo?
Domani una nutrita schiera di sepolcri imbiancati dell’informazione, sprezzanti del ridicolo, darà luogo ad un civettuolo flashmob per manifestare contro le affermazioni dei giovani Di Maio e Di Battista a carico dei pennivendoli a bava armata che infestano i rotocalchi nazionali.
Avrà parole di richiamo anche per loro o si limiterà a fare da spettatore alla loro ipocrita parata?
Grato della Sua attenzione e scusandomi per il tempo sottratto, mi congedo restando comunque a disposizione per produrre, ove non basti quella in post scriptum, eventuale ulteriore documentazione alla base del mio disappunto.
Voglia gradire distinti saluti
Adriano Colafrancesco – adrianocolafrancesco@gmail.com
Post Scriptum (*) :
“Hanno perso la Virginità” (Il Tempo, 19.12.2016).
“Il bivio di Raggi: ammettere la bugia col patteggiamento o rischiare il posto”, “L’ultima spinta che avvicina di un’altra spanna Virginia Raggi al suo abisso insieme giudiziario e politico è arrivata dalla testimonianza dell’assessore Meloni” (Carlo Bonini, Repubblica, 26.1.2017).
“La Raggi teme l’arresto. C’è aria di autosospensione” (il Giornale, 27.1.2017).
“Mutande verdi di Virginia” (Libero, 31.1.2017).
“La fatina e la menzogna”, “mesto déjà vu di una stagione lontana, quella della Milano di Mani Pulite”, “la Raggi è inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto, custodito dai ‘quattro amici al bar’: una polizza sulla vita”, “Romeo ha un legame privato, privatissimo con la Raggi, in pieno conflitto d’interesse”, “Quelle polizze potrebbero avere un’origine non privata, ma politica… una ‘fiche’ puntata su una delle anime del M5S romano, quella ‘nero fumo’”, “il rebus della provenienza dei fondi”, “Soldi di chi? Per garantirsi quale ritorno?”, “tesoretti segreti e ricatti” per “garantire un serbatoio di voti a destra” (Repubblica, 3.2.2017).
“Spunta la pista dei fondi elettorali”, “Fondi coperti”, “L’ombra dei voti comprati”, “I pm a caccia dei contributi privati inferiori a 5mila euro e mai registrati” (Messaggero, 3.2.2017).
“La pista che porta alla compravendita di voti”, “Romeo potrebbe aver agito per conto di altri… Il sospetto di finanziamenti occulti giunti al Movimento 5Stelle” (Corriere della sera, 3.2.2017).
“Come in House of Cards”, “L’accusa di corruzione è vicina”, anzi “potrebbe emergere” (La Stampa, 3.2.2017).
“Patata bollente. La vita agrodolce della Raggi nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali. La sua storia riguarda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo” (Libero, prima pagina, 10.2.2017).
“Dopo via Almirante, via Raggi” (Il Foglio, 16.6.2018).
“Sindaca sempre più sola. Quei consiglieri tentati di toglierle la fiducia. L’idea dell’addio prima del giudizio per falso” (Repubblica, 19.6.2018).
“La Raggi fa perdere voti. M5S vuole cacciarla” (Libero, 20.6.2018).
“Al Campidoglio il piacere dell’omertà” (Repubblica, 15.7.2018).
“Virginia, la paura della condanna e l’ipotesi dell’auto-sospensione” (Messaggero, 22.9.2018).
“L’archiviazione per il reato di abuso può fornire nuovi elementi all’accusa del pm” (Messaggero, 6.10).
“Processo Raggi, la funzionaria di polizia contraddice la linea difensiva della sindaca” (Corriere della sera, 20.10).
“‘Marra decise per il fratello’. Altro colpo alla difesa Raggi”, “L’exit strategy se arriva la condanna. Abbandonare, autosospendersi o provare a tirare avanti senza simbolo” (Repubblica, 20.10).
“Assist di Marra a Raggi, ma Meloni lo smentisce” (Messaggero, 23.10).
“L’Opa leghista su Roma” (Il Foglio, 25.10).
“Se condannata, la carta Rousseau. ‘Voto web per andare avanti’” (Messaggero, 26.10).
“Raggi-Raineri, colpo di scena al processo” (Repubblica, 26.10).
“I partiti si preparano alla caduta”, “Il gioco di Salvini in Campidoglio”, “La sindaca nel suo labirinto. Nel momento più difficile, Virginia Raggi è sola e sembra non poter contare più nemmeno su Di Maio… È come scomparsa” (Il Foglio, 1.11).
“Sindaca a rischio condanna” (il Giornale, 2.11).
“L’ultima tentazione dei 5S: crisi pilotata per non votare” (Repubblica, 8.11).
“La Lega e la corsa per il Campidoglio. Parte l’offensiva social e nei municipi” (Messaggero, 8.11).
“Passo indietro o giunta ‘no logo’, le vie per Virginia in caso di sconfitta. No al perdono web” (Corriere della sera, 10.11).
“Raggi in bilico, un guaio per il M5S”, “La crisi in Campidoglio e gli effetti sul governo” (La Stampa, 10.11).
“Raggi, chiesti 10 mesi. Il M5S la molla” (il Giornale, 10.11).
“Pure Di Maio si prepara a scaricare la Raggi inguaiata dai giudici. Anche lei non vede l’ora di levare le tende” (Libero, 10.11).
“La Capitale, il malgoverno da cancellare”, “Con Virginia Raggi la situazione è precipitata. Ora che la conosciamo possiamo dire che in realtà tutto la predisponeva a questo esito. Giovane piccolo-borghese romana dall’abbigliamento e dalle maniere che ‘fanno tanto perbene’ nel quartiere Appio Latino dove è cresciuta, è centaura provetta e con l’aria sempre annoiata e il tratto vagamente indolente che ricorda la protagonista di un racconto di Moravia” (Ernesto Galli della Loggia, Corriere della sera, 10.11).
“L’esperimento romano può dichiararsi concluso con un sostanziale fallimento. Il tramonto di Virginia Raggi può intrecciarsi con un colpo al populismo municipale. Comunque vada, la sindaca è già fuori gioco” (Stefano Folli, Repubblica, 10.11).
“La Raggi è riunita con i suoi legali per l’ultimo disperato tentativo di salvarsi” (SkyTg24, 10.11).
“Il Tribunale di Roma assolve l’imputata Raggi Virginia perché il fatto non costituisce reato” (il giudice Roberto Ranazzi, 10.11.2018, ore 15.10).
Ps. Subito dopo il verdetto, quelli di SkyTg24 informano che la Raggi “è scoppiata a piangere perché non si aspettava una sentenza del genere” e il giudice ha stabilito che “la sindaca non si rendeva conto di quel che succedeva in Campidoglio”. Vergognamoci (anche) per loro.
(*) Tratto da “La marcia funebre” (Marco Travaglio) – Il Fatto Quotidiano del 11 novembre 2018
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Intervento di Luigi Caroli:
Mercoledì 14 novembre h16,30
Caro Paolo,
SE UNA VOLTA A SUONAR ERAN CAMPANE
OGGI SCRIVON GIORNALISTI PUTTANE.
Nessuno, mi pare, vuol limitare e tantomeno
abolire la libertà di stampa.
Il riferimento credo fosse ai giornaloni
tutt’altro che vergini.
Chi potrebbe offendere un povero cristo che
scrive un pezzo per 5 euro?
Ad offendersi, dovrebbero essere le oneste
lavoratrici che rispettano sempre il contratto.
Anche se solo verbale.
Ciao. Luigi
Ps: ti consiglio di leggere, se non l’hai già fatto,
“Lo schianto”.
Come un decennio di crisi economica ha
cambiato il mondo.
Di Adam Tooze (professore americano)
Edito da Mondadori (Pagine 760)
E’ veramente interessante, ricco di analisi e di
notizie (non divulgate dai giornaloni) ed è
scritto benissimo. E’ costoso (euro 35) ma,
dopo averne lette una ventina di pagine alla
libreria Feltrinelli, l’ho acquistato.
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Dopo il “giornalisti puttane” il pensiero di Alessandro Di Battista sull’alzata di scudi corporativista:
“Come volevasi dimostrare è partita la difesa corporativista, puerile, patetica, ipocrita, conformista e oltretutto controproducente di una parte del sistema mediatico. Quando per orgoglio e malafede non sanno chiedere scusa per le menzogne scritte sulla Raggi, per la difesa a spada tratta di un sistema morente, per aver avallato il neoliberismo e tutte le sue nefandezze, partono con la solita litania: “giù le mani dall’informazione”, oppure “nessuno tocchi la libertà di stampa”. Ben vengano le manifestazioni per la libertà di stampa, solo che andrebbero fatte in Svizzera sotto casa di de Benedetti, ad Arcore sotto casa di Berlusconi o davanti alle incompiute Vele di Calatrava per le quali il gruppo Caltagirone si è beccato un bel po’ di soldi. Ma in certi luoghi questi “sepolcri imbiancati” evitano di andare. Al contrario bastonano chi ci va e chi ne parla.
I giornali di Berlusconi non mi hanno mai perdonato di essere andato sotto Villa San Martino insieme a migliaia di cittadini liberi per leggere la sentenza di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa per Dell’Utri, braccio destro di Berlusconi. E da lì è iniziato il martellamento: “è in vacanza in Sud America con i soldi di Berlusconi”, “ha un contratto con Mondadori da 400.000 euro” e via con altre menzogne ripetute così tante volte da trasformarsi, agli occhi dei meno attenti, in verità. I giornali di De Benedetti non mi hanno mai perdonato il fatto di aver ripetutamente parlato del passato inglorioso dell’Ingegnere. Un tempo era come Voldemort, non si poteva nominare, poi sono arrivati i “grillini irriverenti” e tutto è cambiato. Ma ovviamente l’oltraggio doveva essere punito. E via con diffamazione costante, con insulti di ogni tipo alla mia persona, con vivisezioni continue di ogni mio discorso ed ogni mio scritto per trovare la consecutio temporum sbagliata o un qualsiasi errore. Non parliamo poi del gruppo Caltagirone il quale non mi hai mai perdonato di aver contribuito a mandare nell’oblio le Olimpiadi di Roma tanto care ai palazzinari della capitale.
E io adesso che dovrei fare? Lasciarmi intimidire dalla loro reazione scomposta? Figuriamoci. Quando decisi di non fare il ministro lo feci per una sola ragione: per essere totalmente libero di scrivere e dire ciò che penso. Questo è un privilegio incredibile, altro che auto blu e assegni di fine mandato. E quando inizi ad assuefarti alla libertà ne vuoi sempre di più, anche se sai che dire ciò che pensi ti farà tanti nemici e a volte ti farà venire il sangue amaro. Ma, allo stesso tempo, ti fa guardare allo specchio. Lo dico ancora una volta, il mestiere del giornalista, quello con la schiena dritta, è importante come quello del chirurgo. E grazie a Dio in Italia ci sono eccome Giornalisti liberi, è libero Travaglio uno che il Movimento l’ha bastonato ripetutamente, è libero Massimo Fini, un uomo che per non essersi piegato al pensiero dominante non ha fatto la carriera che meritava. E’ libero Buttafuoco, uno degli ultimi intellettuali rimasti, sono liberi Fulvio Grimaldi e Alberto Negri, due non certo teneri con la politica estera dell’attuale governo. E’ libero Franco Bechis, uno dei giornalisti più innamorati dello studio degli atti che abbia mai conosciuto. E’ libera Luisella Costamagna, è libera Milena Gabanelli, sono liberi decine di Giornalisti e Giornaliste che hanno capito che chi davvero sta colpendo la libertà di stampa sono svariati sicari dell’informazione ormai distaccati dalla realtà e capaci di scendere in piazza per difendere esclusivamente la loro posizione di potere che ha molto più a che fare con quella servitù volontaria descritta da Étienne de La Boétie che con il desiderio di indipendenza che tanto sbandierano in queste ore.
Io sono fiero per ciò che ho fatto in Parlamento (nonostante un mucchio di errori dei quali mi scuso) e soprattutto della scelta che ho fatto dopo esserne uscito. Perché la libertà vale più di ogni cosa, anche di un ministero e soprattutto perché solo scegliendo di “uscire fuori dal palazzo” ho potuto iniziare ad insegnare a mio figlio ad essere libero. E i figli credono a ciò che vedono, non a ciò che sentono, come d’altronde ormai la gran parte dei cittadini.” (Alessandro Di Battista)
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Commento di Fulvio Grimaldi: “Onorato di essere stato citato tra i “giornalisti liberi” nello scritto di Alessandro Di Battista, speditomi da un amico 5 Stelle, in merito all’ipocrita cagnara scatenata dalla corporazione giornalistica e dai suoi strumentalissimi organi rappresentativi sulle sacrosante accuse mossegli dallo stesso D Battista e Di Maio a riguardo delle infamie, calunnie, falsità rovesciate su Virginia Raggi prima dell’ennesima assoluzione. Ho qualche perplessità a trovarmi a fianco di personaggi ambigui come la Gabanelli o Negri e di mattocchi che una volta ci prendono e dieci vanno a sbattere come Massimo Fini, comunque certamente non eterodiretto. Quanto a Travaglio, il suo essere libero si ferma alla prima notizia di politica estera.” (F.G.)