LE BIG TECH SONO PERICOLOSE

Fino al nov. 2016, la Silicon Valley era posta su un piedistallo e il mondo americano della cultura elogiava i CEO (Chief executive officer) di queste aziende ritenendoli i simboli dell’ingegno nazionale.
Mai si era posto domande sui sistemi da loro creati e gestiti.
Cominciò a farlo dopo la vittoria di Trump. Qualcuno si è chiesto se non fosse stata agevolata dal comportamento – non dichiarato – di Facebook. Zuckerberg ha immediatamente declinato qualsiasi responsabilità:”La mia azienda non ha diffuso false notizie”.
L’elezione di Trump e lo scandaloso rapporto tra la sua campagna elettorale e la Cambridge Analytica hanno evidenziato i punti deboli di una interconnessione ormai epocale.
Facebook ha gestito in maniera irresponsabile i dati degli americani mettendoli a disposizione di società poco raccomandabili ed è stata negligente nel controllo dei malintenzionati che ne hanno sfruttato gli algoritmi.
Nessuno – prima – si era mai preoccupato di come venissero sfruttati i dati personali. Tutti erano felici di far parte di un gruppo – sempre più numeroso – che si scambiava messaggi, abbracci e ripetuti “mi piace”.
Finalmente, sono in aumento coloro che pensano che le BIG TECH abbiano troppo potere ma la cosa diventa inevitabile se si abolisce – come hanno fatto i repubblicani negli Usa – il controllo dei monopoli. A cominciare da Ronald, l’ex attore a cavallo.
Siamo ancora in tempo per riprendere il controllo sul futuro della nostra economia e della nostra sfera pubblica? Io penso di no (e non solo per colpa di Facebook o delle compagne). Vediamole.
AMAZON: il nome rievoca il fiume più grande del mondo e – nel logo – la freccia collega A e Z. La sua ambizione è di essere “the everything store”. Bezos ha iniziato con i libri. Il mio commercialista mi ha appena riferito che sta cercando di conquistare il mercato delle dichiarazioni dei redditi degli italiani.
GOOGLE: viene da “googol” un numero (1 seguito da 100 zeri) che i matematici usano per indicare una quantità di grandezza inimmaginabile. L’obbiettivo iniziale dei fondatori, Larry Page e Sergey Brin, oltre che realizzare automobili senza guidatore e costruire dai telefoni ai robot, vuole approntare un perfetto (quello imperfetto c’è già) cervello artificiale. Ma il loro traguardo più ambizioso è “sconfiggere la morte”.
Con Facebook e Apple le due società si contendono il ruolo di “nostro assistente personale”. Vogliono affiancarci da quando ci svegliamo a quando ci addormentiamo e, affinchè non commettiamo errori, aiutarci durante la giornata con la loro intelligenza artificiale. Vogliono essere (ma già lo sono) i depositari della nostra agenda, dei contatti, delle foto, dei documenti. E’ a loro che dobbiamo chiedere informazioni e intrattenimento.
Per le nostre gommate sexy-bambole gli italiani possono andare a Torino, almeno finchè Bezos non le invierà a domicilio.
Senza avvertirci, compilano elenchi completi delle nostre preferenze e delle nostre repulsioni. Per indicarle, è stato creato un acronimo: GAFA.
Google, Apple, Facebook, Amazon.
Hanno dimenticato Microsoft. L’acronimo perfetto è GAFAM.
Mi pare che – in milanese – voglia dire che ha fame. Fame di libertà e di democrazia!! Le stanno divorando.
Studiandole attentamente infatti, si scoprono cose ben diverse da quelle che hanno raccontato fino a ieri.
Stanno facendo a pezzi i principi che proteggono l’individuo. Offrono siti e dispositivi che annientano la privacy. Sono ostili alla proprietà intellettuale. Sono favorevoli ai monopoli.
Per loro la concorrenza ostacola la ricerca del bene comune e il tentativo di raggiungere traguardi ambiziosi per l’umanità.
Per ora, i fondatori di GAFAM hanno patrimoni non comuni compresi tra i 20 e i 165 miliardi di dollari e per 6 miliardi di persone lo striscione del traguardo è (e rimarrà) invisibile per sempre.
Sono contrari all’individualismo al libero arbitrio.
Vogliono automatizzare le nostre scelte prima che la parola scompaia dal nostro vocabolario.
Mi servo solo di Yahoo Mail per inviarvi i miei messaggi.
Non ho idea di chi legga. So che ci sono programmi che permettono di conoscere – secondo per secondo – come muti il numero di quanti stanno metaforicamente pendendo dalla labbra di SANTA CHIARA (vedi ACQUA MIRACOLOSA del 14 ottobre).
Sappiate (non voglio sembrarvi offensivo) che sono gli algoritmi di GAFAM a suggerire le notizie che leggete (ma sarebbe peggio per voi se vi ostinaste a leggere l’albo* giornalista del Corriere), gli articoli da acquistare, il tragitto da seguire e da convenire con la vostra cerchia di amici (che non avete mai visto e mai vedrete per una pizza inviata da Bezos – la mozzarella è in carrozza).
Una curiosità: avete mai pensato alle conseguenze di questi monopoli?
O vi interessa maggiormente la conoscenza del congiuntivo dei nostri attuali governanti?
Il passato è remoto o si potrà tornare indietro? Alle élites italiane attualmente in cassa integrazione (ufficialmente)? In pratica stanno facendo il “lavoro nero”!!
Facebook si è vantata (ufficialmente) di avere – in qualche occasione – modificato il comportamento elettorale di un piccolo numero di persone. Non ha specificato se vi fossero compresi gli italiani.
Con un sistema elettorale come quello americano che ha consentito a Trump di diventare Presidente pur avendo ricevuto tre milioni di voti meno di Hillary Clinton, una percentuale – che ammettiamo piccola – non potrebbe essere stata decisiva per condizionare le sorti del mondo e della nostra Italietta? Dove i grandi intellettuali sono scomparsi e quelli, ultraottantenni, rimasti non fanno che scrivere cazzate, ansiosi di accumulare ancora quattrini che qui lasceranno per la gioia delle rapaci amanti e dei voraci eredi. Un lettore – che ho da poco cancellato dalla lista – mi aveva scritto:”Ma dove vivi? La colpa non è dei Benetton. E’ dello Stato”. Si riferiva probabilmente a una convenzione contenente clausole illegali (e quindi annullabile)
preparata nel 2007 da un ministro che, per lunga pezza, si è spacciato come difensore dello Stato. Un verme che si è dimostrato schifoso.
Una mia cara amica – una lettrice – mi ha detto che ciò lei l’aveva sempre saputo.
Quel lettore mi avrebbe scritto:”FACEBOOK NON HA MAI SCRITTO DI VOTARE TRUMP”. Mica è diretto da sciocchi! Poiché conosce – uno per uno – i suoi utenti (e ancora meglio di quanto loro conoscano se stessi) sapeva quanti e quali utenti fossero favorevoli a Trump. E’ bastato ricordare a loro – e non a coloro che sapevano favorevoli alla Clinton – che era cosa “utile e buona” che un “vero cittadino statunitense” andasse a votare. Negli USA non sono poche le astensioni. Così – anche così – Facebook ha cambiato il risultato. Al secondo invito, quale trumpiano non si sarebbe sentito orgoglioso di essere stato contattato personalmente da una DIVINITA’ come Facebook?
Di geni distratti in Usa ce ne sono pochi. A loro Facebook non ha scritto.

Luigi Caroli – 21 ottobre 2018

*albo=bianco

PS: dopo Steve Jobs – fondatore di Apple – è scomparso quattro giorni fa Paul Allen – fondatore con Bill Gates di Microsoft. Di beneficienza i tre ne hanno fatta.

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