Avrà il governo M5S-Lega l’ardire di non versare il tributo annuale che i governi delle Larghe Intese da anni versano all’Unione Europea?
Il 23 agosto il governo M5S-Lega per bocca di Di Maio, Salvini e Conte ha minacciato di non versare per il 2019 il tributo che da anni ognuno dei governi delle Larghe Intese (non importa se capeggiato da esponenti PD o da Berlusconi) ha versato alle istituzioni dei gruppi imperialisti europei. Il versamento del tributo (per il 1919 si tratta di circa 20 miliardi di euro) è espressione sostanziale della soggezione del governo della Repubblica Italiana alle istituzioni europee. Non versarlo è un atto di ribellione. Il governo che lo compie dovrà far fronte alle conseguenze: alle ritorsioni finanziarie, commerciali e politiche dei gruppi imperialisti europei e ad altri tentativi di destabilizzazione che essi metteranno in opera. Qui M5S e Lega daranno ognuno la prova del ruolo che è capace di svolgere.
A partire dagli anni ’90 del secolo scorso i gruppi imperialisti dei paesi dell’UE si sono accordati tra loro per costituire loro proprie istituzioni sovrastanti le istituzioni politiche formate nei singoli paesi dopo la II Guerra Mondiale. Queste ultime dovevano cedere alle nuove istituzioni dei gruppi imperialisti la sovranità che in ognuno dei singoli paesi la costituzione (“sovietica” a detta di Silvio Berlusconi e della Loggia P2 di Licio Gelli, “troppo democratica” a detta dei soci del club Bilderberg) assegnava e ufficialmente ancora assegna al popolo. Ovviamente in queste nuove istituzioni ogni gruppo imperialista conta per il capitale di cui dispone e per le combinazioni che riesce a creare, analogamente a come avviene in ogni associazione e aggregazione “privata” di capitalisti.
In ogni paese i gruppi imperialisti hanno promosso questa cessione di sovranità di loro iniziativa, ma con il tacito consenso delle principali forze politiche del paese, a conferma che i partiti che organizzavano la massa dei lavoratori erano o traditori o inetti. In Italia i gruppi imperialisti avevano avviato il processo già nel 1981 con la manovra ordita privatamente e silenziosamente da Carlo Azeglio Ciampi (governatore della Banca d’Italia) e da Beniamino Andreatta (ministro del Tesoro del governo DC-PSI del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) presieduto da Arnaldo Forlani), la manovra che viene ricordata nella storia come “divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia”. Con un accordo tra queste due istituzioni, mai discusso e tanto meno approvato in sede pubblica, il governo italiano cedeva la gestione della moneta alla Banca d’Italia, in sostanza ai gruppi imperialisti. Con esso i gruppi imperialisti non avevano più neanche bisogno di mettere insieme una maggioranza politica che approvasse le loro decisioni. De Gasperi a suo tempo, dopo la resa dei Partigiani al regime DC, aveva ricordato a Togliatti che in Italia oltre ai tre partiti che avevano seguito popolare (DC, PCI, PSI) esisteva “il partito di quelli che hanno i soldi” e che nessun governo poteva prescindere dal consenso di questo quarto partito. Con il “divorzio” del 1981 “il partito di quelli che hanno i soldi” si esimeva dal consenso dei partiti che hanno seguito popolare, con il loro tacito consenso.
Con la creazione delle varie istituzioni dell’UE e in particolare della Banca Centrale Europea i gruppi imperialisti europei sanzionarono il loro potere a scapito della sovranità popolare dei singoli paesi. Ogni volta che in uno dei paesi (esemplare il caso della Francia nel 2005) la decisione è stata sottoposta a referendum, l’esito è stato contrario alla decisione dei gruppi imperialisti, ma essi hanno proceduto imperterriti a conferma che la democrazia borghese nasconde i rapporti di potere reali: sono i capitalisti a comandare. I governi dei singoli paesi sono diventati organi locali esecutori delle decisioni delle istituzioni dell’UE. Il culmine del processo è stata la creazione della Banca Centrale Europea e delle moneta unica (Trattato di Maastricht). Infatti in ognuno dei paesi europei l’attività economica è oramai talmente collettiva (nel senso che ogni attore, individuo o azienda che sia, dipende così strettamente dal resto degli attori e dallo Stato) che la gestione della moneta (creazione e regolazione della quantità in circolazione) è l’espressione sostanziale della sovranità nazionale. Cederla a un ente gestito privatamente dai gruppi imperialisti ha voluto dire la cessione della sovranità nazionale.
Poco importa il pretesto su cui il 23 agosto il governo M5S-Lega ha fatto leva per lanciare la sua minaccia. La condotta apertamente criminale del governo M5S-Lega contro gli immigrati ha il pregio di mostrare apertamente la condotta criminale che ognuno dei governi delle Larghe Intese (da Berlusconi a Prodi a Renzi) nascondeva sotto un manto di ipocrisia, di prediche pretesche e di buone maniere. Marco Minniti (navigato gerarca del PD e membro da 20 anni a questa parte di vari governi delle Larghe Intese a incominciare dai governi D’Alema fino agli ultimi tre: Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni) ha servito a lungo le istituzioni dell’oligarchia finanziaria europea finanziando in Libia milizie di mercenari abbrutiti perché frenassero l’emigrazione in Europa delle popolazioni che i gruppi imperialisti europei, americani e sionisti costringono a lasciare le loro terre in Africa e in Asia. Matteo Salvini (capo della Lega Nord e poi della Lega e da giugno esponente di punta del governo M5S-Lega) cerca di raccogliere i voti delle masse popolari italiane indignate per il corso delle cose imposto dall’oligarchia finanziaria europea, usando ostentatamente gli emigranti come ostaggi contro le malefatte dell’oligarchia finanziaria europea. Aspetto comune di Minniti e Salvini è che entrambi cercano di convincere le masse popolari italiane che gli immigrati sono responsabili del crescente degrado in cui sono costrette a vivere. Il crollo del viadotto di Genova (14 agosto) e la strage del Parco del Pollino – Cosenza (20 agosto) sono due manifestazioni molto differenti ma entrambe esemplari del crescente degrado, assurte agli onori delle cronache negli ultimi giorni. Entrambe mostrano la gravità del degrado a cui è giunto il nostro paese e gli immigrati non c’entrano in nessuna delle due.
La base del corso catastrofico delle cose è costituita dalle aziende capitaliste e pubbliche che chiudono, riducono il personale, delocalizzano, mettono in mezzo alla strada migliaia di operai e di dipendenti dei servizi pubblici, dalla precarietà e disoccupazione a cui sono condannati milioni di proletari. A questo finora il governo M5S-Lega non ha opposto che il progetto (visita del 10 agosto di Di Maio alla Bekaert di Figline Valdarno) di ristabilire un istituto che il Jobs Act di Matteo Renzi ha soppresso: la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (cioè non solo per aziende che riducono temporaneamente l’attività ma anche per aziende che cessano l’attività, fino a due anni dalla cessazione). La cosa varrebbe non solo per la Bekaert, ma anche per centinaia di altre aziende (dall’Embraco di Chieri (Torino), alla Tecno di Gualtieri (Reggio Emilia), alla Condotte di Roma, alla Whirpool, alla Electrolux, alla Piaggio, alla FCA e molte altre) dove i capitalisti manovrano per chiudere (al Ministero dello Sviluppo Economico sono aperti 144 “tavoli di crisi” che riguardano 189 mila lavoratori). Ma anche ammesso che il governo M5S-Lega mantenga la promessa fatta agli operai della Bekaert, è come promettere di prosciugare il mare con un cucchiaio.
Il corso delle cose mette in gioco non solo il reddito dei lavoratori licenziati (cosa ovviamente importantissima), ma il ruolo di tutti i proletari (quindi della massa della popolazione) nella vita del paese. La forza-lavoro è la principale delle forze produttive dell’umanità ed è quella che più è colpita dalla borghesia imperialista: non solo la massa dei proletari resta esclusa dalle attività specificamente umane che da sempre le classi dominanti hanno interdetto alle classi oppresse, ma, proprio perché non sussistono più le ragioni che storicamente hanno reso necessaria questa esclusione, proprio perché la produttività del lavoro è enormemente aumentata, la borghesia imperialista ha messo in opera un apparato specificamente dedicato a distogliere anche la parte delle masse popolari meno assillata dai problemi immediati della sopravvivenza quotidiana dall’imparare a ragionare (“Perché insegnare filosofia a uno destinato a fare lo spazzino?”, sdottorava apertamente Letizia Moratti, ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del II governo Berlusconi (2001-2006)) e deviarne l’attenzione verso il mondo virtuale, le droghe, il sesso ed altre attività di distrazione, di evasione dalla lotta di classe e di abbrutimento.
Molte sono le descrizioni del corso catastrofico delle cose, diversi gli aspetti messi in luce, le analisi delle cause di ognuno e i rimedi proposti. Ma la realtà è che il carattere collettivo dell’attività economica ha creato le condizioni materiali perché, rompendo con una storia di millenni di privazioni e di abbrutimento, la massa dei lavoratori partecipi con scienza e coscienza alla gestione delle vita sociale e a tutte le attività specificamente umane: detto in sintesi, ha creato le condizioni materiali del comunismo. Il carattere collettivo dell’attività economica ha però anche reso questa partecipazione indispensabile perché le conquiste raggiunte in termini di produttività del lavoro e di dominio dell’uomo sul resto della natura non si ritorcano in una maggiore e crescente miseria materiale e spirituale della massa della popolazione e in distruzione dell’umanità e del resto della natura. Tutti quelli che persistono a ignorare che la società borghese è gravida di comunismo e che si contorce nelle doglie di un parto che ritarda da tempo, danno spiegazioni fantasiose di ogni suo malessere e propongono rimedi campati in aria. Sta a chi per una circostanza o l’altra, in particolare per la memoria e i persistenti effetti della prima ondata della rivoluzione proletaria, è consapevole di questo stato delle cose accuratamente nascosto dalla borghesia imperialista e dal suo clero, prendere in mano le cose: è il ruolo che noi comunisti dobbiamo e possiamo svolgere.
Il voto popolare del 4 marzo a M5S e alla Lega è l’espressione elettorale dell’indignazione delle masse popolari per gli effetti della gestione del paese fatta dai governi delle Larghe Intese asserviti all’UE e alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, statunitensi e sionisti. Ma né il M5S né la Lega si sono finora impegnati a mobilitare e organizzare le masse sulla base di questa indignazione per farne una forza politica capace di porre fine al catastrofico corso delle cose. L’impostazione su cui M5S e Lega si sono formati rende a entrambi difficile assolvere a simile impegno. La Lega in particolare ha partecipato fino a ieri alla combinazione delle Larghe Intese (al seguito di Berlusconi) e ancora vi partecipa in regioni e comuni e ha mille relazioni di connivenza con i promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari (Forza Nuova, CasaPound, ecc.) che scimmiottano il fascismo del secolo scorso. Con la minaccia di sospendere il pagamento del tributo annuale all’UE il governo M5S-Lega, che continua a partecipare (con forze armate italiane, con basi militari NATO e sioniste e con la fornitura di armi) alla devastazione dei paesi da cui gli immigrati provengono, prende spunto dalla mancata collaborazione degli altri governi europei nella collocazione degli immigrati per minacciare la ribellione all’UE.
Noi comunisti siamo favorevoli alla ribellione all’UE perché siamo sicuri che se il governo M5S-Lega tradurrà le minacce in atti, se avrà il coraggio di farlo, esso per stare in piedi dovrà ricorrere alla mobilitazione delle larghe masse dei lavoratori e questa avverrà sulla base della lotta dei lavoratori organizzati contro i gruppi imperialisti che devastano il nostro paese, cacciano i lavoratori dalle aziende e spremono quelli che mantengono al lavoro. Solo la riorganizzazione generale della vita economica e dell’intero sistema delle relazioni sociali consentirà di far fronte alle ritorsioni di ogni genere con cui i gruppi imperialisti europei cercheranno di soffocare la ribellione alle loro istituzioni.
Certamente per resistere a queste ritorsioni il governo italiano potrà giovarsi anche di un qualche appoggio da parte della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa e più sicuramente ancora delle contraddizioni tra i gruppi imperialisti dell’UE e della BCE e i gruppi imperialisti statunitensi. Ma la resistenza sarà efficace e vittoriosa solo se la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori italiani avranno in essa il ruolo principale. Ed è tramite la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori che avanza la rivoluzione socialista che noi comunisti promuoviamo.
Alcuni ci rimproverano di essere nazionalisti perché chiamiamo i lavoratori italiani a lottare contro i gruppi imperialisti in nome della lotta contro il degrado materiale, intellettuale e morale e contro la distruzione dell’apparato produttivo che essi impongono in Italia. In realtà noi siamo decisamente internazionalisti, nel senso in cui lo è sempre stato il movimento comunista: appoggiamo con tutte le nostre forze le lotte dei lavoratori di tutti gli altri paesi per la propria emancipazione e miriamo a stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione con le masse popolari di tutti i paesi. Siamo certi che rompendo le catene dell’UE e della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, statunitensi e sionisti l’Italia darà un aiuto a tutte le classi sfruttate e a tutti i paesi oppressi. La sottomissione comune ai gruppi imperialisti non porta all’unità ma alla guerra tra masse popolari dei vari paesi e in ogni paese. Solo masse popolari sovrane nel proprio paese sono in grado di stabilire un rapporto di collaborazione e di solidarietà con le masse popolari di altri paesi.
Nuovo Partito Comunista Italiano –
nuovopci@riseup.net