Quanto ci costano veramente gli immigrati? Quale incidenza hanno sulle nostre prospettive sociali …

Quanto riferisce l’economista Paolo Savona (vedi dabbasso) è più che condivisibile. Lo integrerei semplicemente con dei dati che non sono mai considerati e rivelati da nessun politico ed economista e che forniscono maggiori dettagli tecnici per acquisire consapevolezza di quanto la situazione sia grave e sperequativa. La Corte dei Conti ha recentemente accertato che ogni singolo individuo che sbarca nel nostro paese costa come minimo allo stato oltre 200 euro al giorno, e non solo i tanto sbandierati e ripetuti 35 euro.

Questo perché occorre sommare tutti i costi inerenti l’istruttoria della pratica per ognuno di loro per valutare se ha diritto allo status di “rifugiato”, che di solito alla fine del processo di accertamento e valutazione viene attribuito solo al 10% di coloro che lo pretenderebbero. Quindi significa che il 90% degli immigrati sono venuti nel nostro paese per motivi ben diversi da quelli propagandistici dei media mainstream “politicamente corretti”: non fuggono affatto dalle guerre, non sono perseguitati politici, non erano in pericolo di vita nei loro luoghi di provenienza, spesso è il contrario, appartenevano alla classe media nei loro paesi d’origine, e questo spiegherebbe come abbiano potuto permettersi di pagare le onerose spese di viaggio imposte dalle organizzazioni criminali che li gestiscono, oppure si sono indebitati e i debiti peseranno su di loro e le loro famiglie per decenni inducendoli ad uno status simile alla schiavitù (spesso le loro famiglie versano in condizioni di ricatto e ostaggio).

Sono tutte condizioni talmente negative e penalizzanti per tutte le persone coinvolte, compreso lo stato che li accoglie, che sarebbe meglio per tutti che non partissero affatto, perché la loro scelta è estremamente deleteria e non può che provocare danni. E spesso a concorrere ad aggravare questi danni sono ONG e Fondazioni che apparentemente avrebbero scopi umanitari, ma che nella realtà contribuiscono ad arricchire e consolidare questo circolo vizioso perverso e malavitoso. Inoltre per comprendere quanto possano essere affidabili i paesi africani di provenienza o di transito di moltissimi immigrati, basti pensare che si è scoperto (accertato) che alcuni di questi paesi hanno deliberatamente svuotato le carceri dei loro detenuti per indurli ad emigrare in Italia, ottenendo così un notevole risparmio sui costi di mantenimento detentivo, liberandosi da individui che costituivano un rischio e un peso per la loro comunità, scaricandoli su di noi.

I miliardi che costa ogni anno accogliere queste ondate d’immigrati, non sono solo i pochi miliardi che vengono spesso citati mediaticamente e politicamente, ma molti di più per i motivi che ho sopra esposto, anche perché occorrerebbe aggiungere i costi provocati dalle attività criminali che una parte consistente di loro esercitano una volta stabilitisi sul suolo italico e i costi della loro detenzione o della loro espulsione dal paese. Senza contare che molti di loro forniscono false generalità e poi ritornano clandestinamente continuando a commettere crimini. Quindi non si tratta né di razzismo né di discriminazioni ma constatazioni oggettive e comprovate cui occorrerebbe porre rimedio non solo arginando il fenomeno ma intervenendo su tutta la “filiera”, sia all’origine per impedire le partenze non giustificate, e sia a monte per rendere più efficienti le procedure di accoglienza e selezione risparmiando tempo e denaro. Nel fare queste considerazioni dobbiamo essere consapevoli che mediamente ogni immigrato legale che accogliamo (che sono appunto meno del 10% della massa che arriva) ora della fine, dopo la selezione e il rilascio del permesso di soggiorno, ci viene a costare per tutto il tempo della loro permanenza fino a che non troveranno lavoro (se lo troveranno), quanto mantenere “al minimo” oltre un centinaio di pensionati italiani. Ma nessuna fa questi calcoli perché la matematica in Italia è solo un’opinione e pertanto è continuamente abusata e manipolata, a piacimento secondo i propri scopi.

Per cui continuiamo pure a narrare l’alibi pretestuoso che non ci sono le risorse per il reddito di cittadinanza o per aumentare le pensioni minime o per abbassare l’età pensionabile.

Claudio Martinotti Doria

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Caro Boeri,
avevo letto le tue dichiarazioni sul ruolo degli immigrati nel sistema pensionistico italiano e le avevo cercate inutilmente nella Relazione annuale dell’INPS, ma le ho trovate solo negli estratti stampa di un tuo intervento in uno dei tanti inutili e confusionari incontri che si tengono in Italia.

Conclusi che la lettura delle tue dichiarazioni poteva essere oggetto di interpretazioni positive e ho lasciato perdere. Sei tornato sul tema e ho sentito ripetere nuovamente i concetti nel corso di una trasmissione radio nella quale sostieni che il tuo ruolo all’INPS è di fornire informazioni statistiche sullo stato del sistema pensionistico; sarebbe cosa meritevole, perché quelle che fornisci non sono sufficienti e sono devianti perché le accompagni con interpretazioni che inducono a una valutazione distorta della realtà.

Tu dici che gli immigrati che hanno trovato un lavoro hanno versato oneri sociali di rilevante entità che servono per pagare le pensioni degli italiani e concludi che sono perciò indispensabili. Così presentata l’informazione induce a ritenere che ogni opposizione all’accoglienza di immigrati che non tiene conto di questo vantaggio è errata, accreditando la politica fallimentare finora seguita in materia.

La prima obiezione, che conferma la natura di interpretazione delle statistiche che rendi pubbliche, è che, se al posto degli immigrati ci fossero stati italiani, il gettito contributivo sarebbe stato lo stesso perché il sistema pensionistico italiano è basato sul metodo distributivo: i giovani lavoratori pagano per gli anziani andati in pensione e se tra essi vi sono immigrati non è la loro nazionalità a dare un carattere particolare al contributo che essi danno al sistema.

Potresti tutt’al più obiettare che le nuove assunzioni avvengono sovente in deroga al versamento degli oneri sociali e, quindi, in prospettiva il sistema pensionistico peggiora. Questo sarebbe assolvere al proprio dovere.

Non so se i giornali abbiano riferito una tua frase dove sostieni che non tutti gli immigrati finiranno con beneficiare di una pensione, ma questa è stata l’interpretazione. Se l’andazzo del bilancio e del debito pubblico continua, probabilmente tutti gli immigrati, non solo gli italiani, non beneficeranno della pensione attesa.

Mi indigna il solo pensare alla possibilità di un’espoliazione o decurtazione di valore della pensione che gli immigrati attendono. Se l’affermazione fosse tua, ha tutti i tratti del colonialismo d’antan. Sono favorevole all’inclusione di immigrati regolari nel mondo del lavoro, ma sono contrario che essi provengano dall’immigrazione irregolare, la cui numerosità è enormemente sproporzionata rispetto a quella del suo assorbimento da parte dell’attività produttiva, creando ben altri problemi sociali.

Trovo inoltre giuridicamente devastante che, se l’immigrato trova lavoro regolare, il suo illecito diventi lecito, perché induce scontento nel migliore dei casi e scarso rispetto della legge da parte di chi quotidianamente lotta per adempiere alle incombenze di cittadino; esse sono piene di scadenze che, se solo vengono saltate di un giorno, generano ammende. Anche all’INPS. Si introduce nel corpo delle leggi il concetto di violazioni sanabili e non sanabili.

Ritengo inoltre socialmente ingiusto che un immigrante illecito venga preferito a un giovane italiano perché disposto a lavorare a un salario inferiore; ancor più considero economicamente errato che si assista l’immigrante illecito a condizione che non lavori. I giovani italiani costretti a emigrare pur essendo preparati, di cui parli nelle tue dichiarazioni, sono il risultato di questo stesso modo di intendere la cittadinanza ed essendo tu equiparato a un funzionario dello Stato devi rispettare il dettato costituzionale e le leggi ordinarie, non “interpretarle” come fanno in troppi.

Se vuoi combattere per un’idea che ritieni giusta, devi lasciare l’INPS ed entrare nella tenzone politica o metterti a predicare come faccio io, rifiutandomi di conformarmi alla volontà dei gruppi dirigenti.
Credo che il risanamento del sistema pensionistico passi attraverso la trasformazione del metodo per ripartizione in metodo per accumulazione. Il primo passo è il ricalcolo del valore della pensione sulla base dei contributi versati, per poter comunicare a ciascun cittadino quale sia la quota di cui ha diritto e quale l’assistenza pubblica che riceve. Non per tagliare l’assistenza, ma per chiarire i rapporti tra cittadino e Stato.

Il secondo passo è una buona legge di tutela del risparmio pensionistico, che oggi manca. Spero che lo farai, risparmiandoci in futuro altri giudizi equivoci.
Grato per l’attenzione.

Paolo Savona – 06/07/2018

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