Ehi tu che indossi una maglietta rossa… – Lettera aperta di Alessandro Di Battista
Ehi tu che indossi una maglietta rossa sei lo stesso lacchè di Napolitano, colui che convinse il governo a dare via libera ai bombardamenti in Libia, preludio di una delle crisi migratorie più gravi della storia?
Sei tu, ti riconosco, sei stato il supporter di Hillary Clinton, ti ci sei fatto anche i selfie insieme, ma è lei che convinse Obama ad uccidere Gheddafi e non lo fece per le violazioni dei diritti umani ma per fare un favore all’amico francese, quel Sarkozy che aveva ricevuto milioni di euro dallo stesso Gheddafi e che aveva paura che un giorno costui avrebbe parlato.
Tu che indossi la maglietta rossa quando eri al governo del Paese non hai fatto nulla per contrastare l’ignobile business sulla pelle dei migranti. Non hai mai fatto controlli su quelle cooperative che si intascavano milioni lasciando alla povera gente soltanto briciole. E perchè non l’hai fatto? Perché erano bacini di voti!
Tu con la maglietta rossa ti indigni, ti ergi a paladino dei più deboli, ti scandalizzi per il muro di Trump (che tra l’altro è il muro di Bush padre e figlio, di Clinton marito e moglie e del premio Nobel per la pace Obama) ma taci di fronte a quello in Cisgiordania.
Tu oggi indossi una maglietta ma ne avresti dovute indossare almeno 100 negli ultimi 20 anni, una per ciascuna delle cause che fanno fuggire gli africani o i messicani dalle loro case. E senza rendertene neppure conto sei tu stesso una di quelle cause.
Lo sei quando sposi il politicamente corretto quando l’unica soluzione sarebbe urlare; lo sei quando ti affidi, ancora una volta, ai carnefici. Anche se vestiti elegantemente e con il “mignolino” alzato sempre carnefici sono. Lo sei quando, annoiato da un’esistenza troppo comoda, organizzi un festino tra lussuose mura domestiche alimentando quel mercato della droga che, dalle parti dove sono adesso, è una delle ragioni della fuga della povera gente.
Ci sono tante bravissime persone che oggi indossano una maglietta rossa ma c’è un mucchio di gente ipocrita che ha deciso di sposare quella solidarietà pelosa ottima alleata del sistema e della reiterazione delle ingiustizie.
Quanto conformismo e quanta viltà si nasconde nella facile solidarietà. Ed è quel conformismo che ti fa credere che tu stia facendo qualcosa di buono anche se non stai facendo assolutamente niente.
Alessandro Di Battista
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Commento di Paolo Sensini: “Indossano a beneficio televisivo, con un’ipocrisia senza limiti, le magliette rosse per forzare il governo giallo-verde ad accogliere l’intera Africa in Italia. Otto anni fa, quando Francia e Inghilterra, sollecitate dal presidente e Premio Nobel per la pace Obama, iniziarono l’assalto armato per distruggere la Libia e aprire così la tratta di carne umana, i sepolcri imbiancati che oggi si fanno fotografare con un drappo rosso erano tutti a favore di quell’intervento criminale contro la Libia. Come poi lo sarebbero stati anche per la Siria, in appoggio ai tagliagole jihadisti. Sentite cosa scriveva Gad Lerner, uno tra i tanti di questa sconcia masnada, il 19 marzo 2011, giorno in cui cominciavano i bombardamenti a tappeto dei francesi per portare la democrazia in Libia: “Speriamo davvero – si augurava un eccitato Gad – che le difese militari di Gheddafi siano deboli e che la sofferenza del popolo libico sia prossima a terminare”. Sappiamo poi com’è andata e cosa accade tuttora nel Mediterraneo in virtù di quell’infame intervento armato. Ma i magliari rossi sono ancora lì, senza vergogna e senza alcun ritegno, a darci lezioni di democrazia.”
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Scrive F.G. A commento dell’articolo -: “…le magliette rosse non meritano il minimo apprezzamento e rispetto, è una torma clerical-liberista-colonialista che rappresenta il parossismo dell’ipocrisia. Nessuno di questi presunti umanitari s’è mai visto manifestare, marciare, digiunare per il massacro sociale dei regimi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, nè contro le guerre di sterminio a cui partecipiamo in Libia, Siria, Iraq, Afghanistan, Somalia, Yemen, né alle devastazioni delle multinazionali in Africa che determinano l’esodo forzato dei migranti…”