Stanislav Evgrafovič Petrov – Chi ha salvato l’umanità merita di essere ricordato con rispetto e riconoscenza

Tra le numerose ricorrenze che i mass media non mancano di segnalarci, spesso frivole e insignificanti, temo che nessuno rammenterà che il 19 maggio ricade il primo anniversario della morte di Stanislav Petrov, che nel mondo occidentale è un perfetto sconosciuto, e fino a qualche tempo fa lo era anche nel suo paese d’origine, la Russia.

Il comportamento di questo personaggio è divenuto un aneddoto che viene spesso citato da coloro che si occupano di rischi nucleari: un episodio realmente avvenuto ai tempi della guerra fredda, di cui fu protagonista il tenente colonnello dell’esercito dell’URSS Stanislav Evgrafovič Petrov (eroe suo malgrado, rimasto sconosciuto per lunghissimo tempo, deceduto nel 2017), il quale la notte del 26 settembre 1983, ha in pratica salvato il mondo dall’apocalisse nucleare.

Quel giorno il tenente colonnello era in servizio in un bunker poco fuori Mosca con il compito di monitorare i siti missilistici USA tramite il sistema satellitare di sorveglianza russo OKO (che in russo antico significa “occhio”) e riferire immediatamente ai suoi superiori di eventuali attacchi nucleari degli USA. Durante la notte scattò l’allarme per ben cinque volte consecutive, pochi minuti uno dall’altro, perché il sistema di allerta aveva rilevato ogni volta il lancio di un singolo missile balistico intercontinentale con presunta traiettoria sul territorio sovietico. Un missile balistico ha una traiettoria suborbitale o parzialmente orbitale prestabilita che non può variare, potendo colpire un singolo bersaglio, ed erano quelli comunemente in dotazione all’epoca dell’incidente narrato, mentre un missile da crociera di quelli moderni, dotato di sistema di guida GPS può variare la traiettoria come fosse un aeroplano e colpire un bersaglio con una precisione prossima al metro.

Il tenente colonnello Petrov, conoscendo bene il sistema russo OKO, quanto fosse poco affidabile, ritenne altamente improbabile un attacco americano con così pochi missili e prese la coraggiosa decisione di non avvisare i suoi superiori (come prevedeva il regolamento), finché non si fosse dimostrato trattarsi di un falso allarme, cioè di un problema tecnico (fu una scelta coraggiosa che andava ben al di là delle sue prerogative e competenze gerarchiche e se ne assunse la piena responsabilità). Infatti venne successivamente accertato che si trattò di un errore dovuto alle poco affidabili apparecchiature tecnologiche sovietiche installate sui satelliti, dotati di primitivi sensori all’infrarosso, che avevano scambiato alcuni potenti riflessi di luce solare sulle nubi ad alta quota come un lancio di missili.

Il governo russo, invece di conferirgli l’onorificenza di Eroe dell’Unione Sovietica e promuoverlo al grado di colonnello, gli impose il segreto di stato e i suoi superiori lo cazziarono di brutto stroncandogli la carriera e disponendone il pensionamento anticipato. Se non l’hanno mandato di fronte alla Corte Marziale, probabilmente è stato solo per evitare lo scandalo, il rischio che si diffondesse la notizia del gravissimo errore di valutazione dei loro inaffidabili sistemi di allerta.

E non pensiate che se l’episodio fosse avvenuto in Occidente le cose sarebbero andate diversamente.
Petrov non ebbe praticamente nessun riconoscimento e la sua vicenda finì nell’oblio fino ai primi anni 2000 quando alcune istituzioni culturali estere vennero a conoscenza dell’episodio e gli conferirono dei riconoscimenti di modesta rilevanza, e dopo diversi anni, in prossimità della sua morte, alcune trasmissioni televisive si occuparono di lui, in maniera come al solito superficiale, approssimativa e banale. Morì in miseria e solitudine in un piccolo villaggio nei pressi di Mosca.

Episodio paradossale, estremamente simbolico e significativo dal punto di vista civile, culturale, antropologico, sociologico, ecc., dello stato dell’arte in cui versava e versa tuttora l’umanità, che privilegia ed eleva agli altari della cronaca figure indegne e meschine e mette in ombra personaggi che andrebbero quantomeno rispettati se non apprezzati.

di Claudio Martinotti Doria – claudio@gc-colibri.com

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