Poste Italiane: “L’epopea del pacco postale nel paese del libero mercato (finto)”
Il nostro paese non si smentisce mai. A rischio di essere tacciato di essere esterofilo e troppo critico verso l’Italia, andazzo che sta sempre più montando in questa recentissima ed effimera fase post-elettorale di recupero della fierezza patriottica, io proseguo nella mia abituale analisi critica dei fatti, fatti, non teorie. Lo so anch’io che l’Italia ha enormi potenzialità e meriterebbe maggior fiducia, ma nel fare queste affermazioni occorre altresì essere consapevoli che a detenere queste potenzialità, che sono di riscatto e di effettive capacità possedute, è una esigua minoranza di italiani, non la maggioranza, e meno che mai la pessima classe politica di parassiti, maggiordomi, ciarlatani, servi e ladri, al servizio dell’élite finanziaria e burocratica occidentale ed europea in particolare. Tali sono, anche se assumono parvenze di agnelli e di rinnovatori, l’unico rinnovamento che realizzeranno sarà estetico non sostanziale, cioè elaboreranno nuove mistificazioni per continuare a servire i detentori del vero potere ed impoverire sempre più gli italiani, spogliandoli gradualmente e progressivamente dei loro diritti e possedimenti. Ma veniamo ai fatti e alla mia consueta critica di essi.
Come forse saprete l’alta finanza internazionale per soggiogare i paesi sottraendo loro la sovranità e l’autonomia deve indebitarli sempre di più. Per farlo nei confronti dell’Italia, un paese all’epoca ricco e prospero e con ottime prospettive, l’ha inizialmente indotto, una quarantina di anni fa, a separare la Banca d’Italia dal controllo del Ministero del Tesoro, privatizzandola e sottoponendo il paese al cosiddetto libero mercato (che libero non è mai stato), quindi l’acquisizione del debito pubblico tramite i titoli di stato, che prima veniva assorbito dalla Banca d’Italia (la parte invenduta, cioè non acquistata dal risparmio degli italiani), dopo venne acquistato dalle banche straniere, in questo modo il paese poteva venire manipolato più facilmente dalla speculazione finanziaria, come infatti avvenne. In pochi anni “casualmente” il debito pubblico raddoppiò, pagando sempre più interessi su di esso, intrappolando il paese, impedendogli di investire, per poi portarlo nella trappola della moneta unica, l’euro.
Alcuni anni dopo pianificarono anche come depredarlo di tutti i suoi gioielli industriali e patrimoniali, con la magica strategia delle “privatizzazioni”, con l’alibi che avrebbero portato maggiore concorrenza, competizione quindi riduzione dei costi e benefici economici per la popolazione. Gli alibi sono sempre forniti in versione appetibile, peccato che rimangano tali e non si traducono mai, almeno nel nostro paese, in fatti concreti e positivi. Quindi una cospicua parte dei beni strategici del paese venne “svenduto” agli avvoltoi finanziari che erano in attesa di comprare e prezzi da fallimento, mentre i cosiddetti benefici, non solo tardarono a vedersi ma in alcuni casi non giunsero affatto, semmai il contrario, ci furono evidenti peggioramenti nei servizi ed un aumento spropositato dei costi della loro erogazione, con l’aggravante paradossale in alcuni casi di una loro maggiore burocratizzazione, esattamente il contrario di quanto promesso in precedenza, cioè semplificazione, velocizzazione e snellimento delle procedure.
Sono passati ormai 25 anni dai primi passi compiuti in tale direzione e facciamo un esempio concreto: le Poste Italiane.
Un quarto di secolo fa abitavo in una sperduta cascina collinare del Monferrato, la strada per arrivarci era sterrata, dopo una pioggia ci voleva un fuoristrada per arrivarci, eppure la posta (compresi i pacchi) mi veniva consegnata ogni giorno, mattina e pomeriggio. Oggi abito in un borgo che è quattro volte più grande del comune precedente, comodissimo da raggiungere perché lungo una strada ad alta percorrenza, in pratica davanti a casa mia ci passi per forza, non devi fare deviazione alcuna, devi solo fermarti un attimo suonare e consegnare. Ebbene oggi la posta viene consegnata un paio di volte alla settimana e solo al mattino. Per cui quando capita che i pacchi che attendo di ricevere, anziché col corriere, che fortunatamente consegna a tutte le ore, viaggiano con le Poste Italiane, riceverli diventa un’impresa ardua. Sapendo di questa difficoltà ho messo un cartello molto ben visibile sul cancello invitando a consegnare nel solo pomeriggio oppure in alternativa ho fornito un vicinissimo indirizzo di una famiglia cui consegnare al mattino.
Ci fosse stata una sola volta che abbiano letto e seguito le istruzioni del cartello. I motivi li ho poi capiti in seguito. Non è dovuto alla demenza di chi lavora, ma di chi organizza il loro lavoro.
Dovendo fare profitti come tutte le SpA, la cosiddetta privatizzazione delle poste non ha migliorato il servizio pur aumentando le tariffe, ma ha ridotto il personale e i servizi a scarso valore aggiunto, come conseguenza era inevitabile una riduzione degli orari di servizio, eliminazione di molti sportelli, ecc.. In più, in “leggera” controtendenza con il settore privato dei corrieri, i quali ti consegnano la merce senza neanche più farti firmare la ricevuta, le Poste Italiane se non ti trovano in casa agli orari da loro stabiliti, ti lasciano un avviso con il quale devi recarti tu a ritirarlo presso l’ufficio più vicino, ovviamente al mattino, perché al pomeriggio è chiuso.
Quindi non solo il pacco non ti viene consegnato a casa, come fanno i corrieri senza alcuna burocrazia, ma ti costringono ad attendere qualche giorno (non puoi recarti il giorno dopo, devi attendere almeno tre o quattro giorni) per poi recarti allo sportello più vicino a casa a ritirarlo. Nel farlo devi portarti appresso: 1- la delega firmata da parte del destinatario; 2- un tuo documento d’identità; 3- un documento d’identità del destinatario. Poi dopo aver firmato un paio di ricevute (una sola per loro non basta) finalmente il pacco ti viene consegnato. Il massimo della facilitazione e della modernità in un’epoca altamente tecnologica come la nostra.
Se fosse veramente un “libero mercato” le Poste Italiane sarebbero già fallite da tempo, peccato che non vi sia concorrenza, in pratica è rimasto il vecchio monopolio camuffato da nuove definizioni linguistiche e giuridiche, decisamente peggiorato come burocrazia, disservizi e vessazioni verso l’utenza. Perché se si ritarda a ritirare il pacco che loro non hanno consegnato a casa, paghi pure delle penali.
Riprendendo l’incipit del mio articoletto, capite perché nonostante il nuovo andazzo modaiolo di recupero della fierezza italica, io rimango esterofilo, perché una cosa del genere se la raccontassi a qualche amico svizzero si metterebbe a ridere, incredulo che io possa vivere in un paese così troglodita e irrispettoso verso l’utenza. Ma veramente c’è ancora qualcuno che s’illude che questo paese possa migliorare? Certamente non finché non sarà completamente cambiata la classe politica prostituitasi, di servi e maggiordomi, che sono solo esecutori di ordini superiori, che ricevono dall’estero, che penalizzano la popolazione italiana per favorire l’élite finanziaria mondiale. Ma dove la troveremo una classe politica disposta a resistere ai ricatti e alle lusinghe di questi detentori del vero potere? Forse clonandola?
Claudio Martinotti Doria – claudio@gc-colibri.com