Roma, 4 e 5 febbraio 2018 – In attesa di Erdogan attenti a Erdogan
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è atteso a Roma il 4 e 5 febbraio 2018. Il Capo di Stato turco arriverà nella Capitale nella giornata di domenica 4 febbraio per poi ripartire alla volta di Istanbul la sera successiva (lunedì 5 febbraio). Una visita delicata… A destare particolare attenzione la possibilità che i movimenti “antagonisti” possano attuare manifestazioni di dissenso contro la politica del presidente Erdogan nei confronti della popolazione curda. Proprio per tale motivo è alta l’attenzione delle forze dell’ordine per evitare l’organizzazione spontanea di cortei o manifestazioni non autorizzate. Saranno circa 3500 gli uomini impegnati nelle bonifiche e nei controlli disposti nell’arco delle 24 ore di visita di Erdogan nella Città Eterna. Il dispositivo che in questi giorni si sta sviluppando a seguito di sopralluoghi e verifiche, in collaborazione con la polizia turca, mira a garantire la massima protezione del presidente turco e ad elevare ulteriormente gli standard di prevenzione antiterrorismo; prioritario è garantire eventuali forme di dissenso esclusivamente in una cornice di legalità. (notizie da Roma Today).
Insomma temono proteste. E’ tutto blindato.
Erdogan insieme a jihadisti del sedicente Esercito siriano libero (quelli che intrecciati ad Al Qaeda e a Isis hanno rovinato la Siria) bombarda in Siria (senza il permesso di questo Stato sovrano) curdi e altri abitanti di Afrin sostenendo di lottare contro il terrorismo. Il suo piano, credo, è occupare l’area e farci andare i vari terroristi e famiglie che negli anni sono stati evacuati con i famosi pullman verdi del governo, a Idlib (dove l’Esercito arabo siriano sta guadagnando terreno a spese di al Qaeda e della galassia armata) La Turchia infatti dopo aver scatenato il mostro lasciando passare in Siria jihadisti da tutto il mondo, adesso teme effetti boomerang, e cioè che questi qua, cacciati dalla Siria, arrivino sul sacro suolo dell’aspirante neo imperatore ottomano.
Marinella Correggia
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Integrazione-comunicato della Rete Kurdistan Roma:
Lunedì 5 febbraio Roma sarà una città blindata per l’arrivo del presidente turco Erdogan, che incontrerà il Papa, il capo dello stato Mattarella e il primo ministro Gentiloni. A Roma è previsto un piano speciale di militarizzazione, forte di 3500 forze di sicurezza che vigileranno per impedire qualsiasi manifestazione di dissenso: infatti, verrà messo in atto un dispositivo per vietare le manifestazioni attraverso la chiusura della città, delimitata da un’estesa ” green zone”.
Leggiamo che il motivo di questa visita è “lo spostamento in Israele dell’ambasciata Usa a Gerusalemme”, che ha visto la condanna dell’ONU con il voto anche di Italia e Turchia, ma possiamo immaginare che ben altri interessi e rapporti economici in corso tra Italia e Turchia muovono questi incontri.
Sarà proprio l’importanza strategica di questi interessi a creare tanto clamore nel mondo dell’informazione, lo stesso che riserva molta meno attenzione alla guerra scatenata da Erdogan contro il popolo curdo con i crudeli bombardamenti in Rojava, che già hanno fatto centinaia di morti e migliaia di feriti, tra cui molti bambini.
Dalla notte del 19 gennaio l’esercito turco, con strumentazione militare dei paesi europei tra cui l’Italia, che fornisce i famigerati elicotteri Augusta Westland, fa strage di civili nei villaggi del cantone di Afrin, una regione nel nord delle Siria dove curdi, cristiani, arabi, turkmeni, yazidi e profughi, convivono pacificamente praticando la cooperazione sociale e l’autogoverno, ispirati dal confederalismo democratico ideato dal leader Öcalan, segregato da 19 anni in galera, senza che da 2 anni si sappia della sua sorte.
Afrin è stata in questi anni uno dei luoghi più sicuri, dove i profughi in fuga dagli orrori siriani hanno trovato accoglienza e pace. I crimini di Erdogan sono tali che proprio i campi profughi e i villaggi curdi sono il bersaglio preferito dei bombardamenti.
Ad Afrin è in corso un nuovo crimine contro l’umanità pari a quelli compiuti dalle milizie di ISIS in questi anni tra Siria e Iraq, quell’ISIS a cui Erdogan non ha mai mancato sostegno logistico ed economico.
Erdogan si è macchiato di delitti anche in Turchia radendo al suolo molte città del Kurdistan, uccidendo i suoi abitanti. Mentre decine di migliaia sono gli imprigionati: parlamentari, attivisti politici, giornalisti, accademici, magistrati, scrittori, sportivi, operai, studenti, sospettati di non condividere il regime dispotico di Erdogan.
Basterebbe inoltre ricordare le torture e la brutale condizione a cui sono sottoposti le persone in fuga dai territori di guerra, che la Turchia rinchiude nei suoi lager violando anche i più basilari diritti umani, grazie ai miliardi del putrido accordo con l’UE.
Sembra incredibile che nessuno abbia messo in discussione questo incontro. Nemmeno papa Francesco cosi spesso preoccupato, a parole, della pace e della giustizia nel mondo. Che non ci sia una critica sui media sull’opportunità di questa visita, e nei confronti del capo di stato Mattarella più volte dichiaratosi antifascista, che contro il governo dimissionario volto a legittimare di fatto una visita di stato a un criminale di guerra, addirittura perdurante un genocidio, Che non ci sia una ferma presa di posizione di nessun partito politico, troppo impegnati con la campagna elettorale.
SEMBRA CHE L’UNICA PREOCCUPAZIONE SIA DI BLINDARE ROMA E VIETARE LE PIU’ CHE GIUSTE E SACROSANTE PROTESTE.
Da oggi inizia la campagna #ErdoganNotWelcome che ci vedrà attivi fino al momento della ripartenza di Erdogan da Roma. Invitiamo la Roma democratica a partecipare alla manifestazione del 5 febbraio e ricordare con scritte e striscioni, dovunque vi sembri opportuno, che #ErdoganNotWelcome.
Rivolgiamo lo stesso appello alle altre città, anche europee, consapevoli che quel giorno sarà importante essere presenti in ogni piazza possibile.
Rete Kurdistan Roma
Roma: Giardini Castel Sant Angelo, lato Via Triboniano dalle 11 alle 14
https://www.facebook.com/events/145478642806173/
(Comunicato ricevuto via email da Marco Palombo – palombo.marco57@gmail.com)
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Commento di Marco Palombo: “3 febbraio 2018. Scrivo di corsa e forse da i eri sera qualche parola da Potere al Popolo è arrivata,
su Avvenire di ieri invece non c’era una parola sulla visita di Erdogan dal papa,
La visita di Erdogan pone molti temi che si possono vedere da angolazioni molto diverse, anche opposte,
potrebbe dimostrare però una cosa fondamentale per noi No War e per chi si oppone alle guerre NATO,
CHE QUELLO CHE ACCADE NEL MONDO CI RIGUARDA
Purtroppo, almeno fino a ieri, ambienti che sanno bene questo non hanno detto niente sulla visita di Erdogan a Roma,
per fortuna oggi il manifesto parla delle armi italiane che vendiamo ai turchi
e in un editoriale di una cittadina turca si legge che in Turchia sono proibite in queste settimane manifestazioni contro la guerra,
ma non una parola sulla manifestazioni di lunedi mattina nei giardini di Castel Sant’ Angelo
La vendita di armi italiane e la proibizione in Turchia di manifestare contro la guerra
sarebbero due ottimi motivi per manifestare a Roma, noi contro le guerre di Erdogan al posto dei turchi che non possono,
e noi contro i nostri commerci di armi.
spero che nelle prossime 24 ore cambi qualcosa e che qualcosa sia cambiato in queste ore che non mi sono collegato a internet,
da Radio e Tv però nessun accenno a interesse dei pacifisti italiani per Erdogan…”
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Commento di Fulvio Grimaldi: “Giusto. Ma che questo non si risolva, come succede nelle “sinistre imperialiste” coll’esaltazione del “martire” Kilic, direttore di Amnesty International in Turchia con raggio d’azione su Siria e Iraq, il sangue sulle cui mani non si vede ma è quello di tutte le guerre promosse e sostenute dalle menzogne di questa organizzazione/dependance di Langley e del Dipartimento di Stato. Saremmo meno ipocriti e più giusti se simili striscioni li dedicheremo anche a tutti gli sciacalli ONG detti dei diritti umani.
Va benissimo protestare contro il doppiogiochista Erdogan che non ha mai smesso di volersi annettere pezzi di Siria, abitati da curdi o arabi, direttamente o attraverso i suoi ciurmatori jihadisti e di voler abbattere Assad.
Tutto questo non deve far dimenticare, come artatamente dimentica il manifesto e anche, ingenuamente, Marco, che dall’altra parte, in Afrin, non ci stanno i buoni, gli angioletti. Ma militanti curdi al servizio degli Usa che occupano una regione in cui non sono affatto maggioranza (30%). Il manifesto, organo del vivandierismo subimperialista in tutte le campagne lanciate dall’imperialismo sorosiano pseudo-liberal, nasconde il dato cruciale, etico e geopolitico, dell’alleanza dichiarata e vantata dei curdi con Israele e con l’Arabia Saudita, la complicità subalterna dei curdi con gli Usa nello squartamento della Siria, la criminale pulizia etnica degli arabi siriani operata dai curdi in tutto il nord-est, illegalmente invaso grazie all’aiuto determinante degli Usa e la collaborazione con i terroristi dell’Isis, evacuati dagli Usa da Raqqa e Deir Ez Zor, e ora incorporati con i curdi nel FDS e quindi nelle nuova forze Usa di “Sicurezza dei Confini” a cui Erdogan si oppone. Nessuno di questi dati può essere messo in discussione poichè risulta documenti e dichiarazioni di tutte le parti in causa, compresi i ringraziamenti a sauditi e Israele espressi da dirigenti delle PYG. Oggi difender i curdi, seppure dall’aggressione di un altro bastardo, è come difendere i tagliateste Isis e Al Nusra quando Obama e Trump incenerivano Mosul e Raqqa, peraltro puntando ai civili più che ai loro mercenari.
Qui tra curdi, jihadisti e Erdogan è il caso di ribadire che il migliore ha la rogna. Tutti uniti nella strategia di fare a pezzi uno Stato sovrano, laico, emancipato (quando i curdi ancora chiudevano in casa le loro donne), pluriconfessionale, plurietnico, progressista, il tutto nell’ambito del disegno strategico di ridurre in tribù disperse, nemiche, disfunzionali, ogni statualità nazionale del mondo da ricolonizzare. Un progetto mondialista affidato a USraele e UE che tiene sotto tiro anche noi. E ora andiamo a manifestare contro il despota turco, guardandoci bene dallo schierarci con coloro che
oggi ne fanno le spese dopo aver operato nella stessa direzione del sultano contro gli unici innocenti e giusti del quadro regionale. E’ un combattimento tra rottweiler, entrambi addestrati dal canaro USraeliano. Entrambi puntano allo stesso premio: la fine della Siria e avanti così.” (Fulvio)
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Commento di Paolo Sensini: “E’ arrivato il «sultano» e Roma si è bloccata. Aree off limits, bonifiche a tappeto, reparti speciali in campo per garantire la sicurezza di Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco che è tra i maggiori responsabili del caos che sta dilaniando il Medio Oriente. E così l’Occidente a guida statunitense che fa guerre ovunque per «esportare la democrazia», si mette ora 90° per accogliere con tutti gli onori di Stato l’uomo che ha sbattuto in galera decine di migliaia di cittadini turchi e sponsorizzato i peggiori tagliagole jihadisti in circolazione. «Vedo questa visita come un’opportunità significativa di attirare l’attenzione sui valori umani comuni, l’amicizia e i messaggi di pace» ha detto soddisfatto domenica pomeriggio a Istanbul prima di imbarcarsi sull’aereo che l’ha portato a Fiumicino insieme alla moglie e ad alcuni ministri. Poi, dopo una sontuosa colazione con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un incontro con il premier Paolo Gentiloni e l’immancabile «abbraccio fraterno» con Ciccio l’argentino, il massacratore di curdi e cristiani nel Vicino Oriente incontra, in un hotel di Via Veneto, gli amministratori delegati di grandi gruppi italiani come Impregilo, Leonardo, Pirelli, Snam, Ferrero, Astaldi. Il tutto, non c’è neanche bisogno di ricordarlo, in nome dei «valori umani comuni, l’amicizia e i messaggi di pace». (Paolo Sensini)