Corea. Kim ha perfettamente capito la politica degli USA, ed agisce di conseguenza

Kim Jong-un non è pazzo, al contrario, ha compiuto un’azione totalmente razionale. Producendo armi nucleari e missili balistici in grado di portarle nel territorio degli Stati Uniti, Pyongyang ha ottenuto la certezza che gli Stati Uniti non l’attaccheranno, con l’ennesimo tentativo di cambio di regime. Aspetta, diranno. Aveva già un’assicurazione.

Ogni giornalista in TV dice che un attacco statunitense porterebbe inevitabilmente a un attacco su Seul che ucciderebbe decine di migliaia di persone immediatamente. I sudcoreani dovrebbero biasimare l’invasione degli Stati Uniti. Quindi non è semplicemente possibile. Anche se limitata alle forze convenzionali, la minaccia d’invasione era già un’appropriata deterrenza. Non c’è modo che gli USA inneschino l’attacco a una città di 10 milioni di abitanti che considererebbero gli Stati Uniti un loro protettore. Quindi i coreani non avevano bisogno di sconvolgere il mondo acquisendo il nucleare.

Ma si pensi dal punto di vista di Jong-un. Nato nel 1984, Jong-un aveva 7 anni quando gli Stati Uniti bombardarono l’Iraq, presumibilmente per scacciarne le truppe dal Quwayt (anche se Sadam Husayn aveva già accettato di ritirarsi). Poi gli Stati Uniti imposero sanzioni che uccisero mezzo milione di bambini. Aveva 11 anni quando gli Stati Uniti intervennero in Jugoslavia, bombardando i serbi per creare lo Stato fallito cliente della Bosnia-Erzegovina. Aveva 15 anni (probabilmente in una scuola in Svizzera) quando gli Stati Uniti bombardarono la Serbia creando lo Stato fallito cliente del Kosovo. Aveva 17 anni quando gli Stati Uniti bombardarono e cambiarono regime dell’Afghanistan. Diciassette anni dopo, l’Afghanistan rimane preda della guerra civile, ospitando ancora truppe statunitensi per abbattere l’opposizione. Aveva 19 anni quando gli Stati Uniti abbatterono Sadam e distrussero l’Iraq, producendo di conseguenza miseria e caos. Aveva 27 anni quando gli Stati Uniti rovesciarono Gheddafi, distrussero la Libia e cacciarono il presidente dello Yemen causando caos e iniziarono a sostenere l’opposizione armata in Siria. Aveva 30 anni quando il dipartimento di Stato degli USA spese 5 miliardi di dollari per rovesciare il governo ucraino attraverso un colpo di Stato violento.

Conosce la storia del proprio Paese e di come l’invasione statunitense, dal settembre 1950, lo rase al suolo uccidendo un terzo del suo popolo, mentre Douglas MacArthur pensava ad usare le armi nucleari sulla penisola. Sa come il fantoccio degli statunitensi Synghman Rhi, presidente della “Repubblica di Corea” proclamata dagli Stati Uniti, aveva ripetutamente minacciato d’invadere il Nord e giustiziato 100000 sudcoreani dopo lo scoppio della guerra perché simpatizzanti comunisti che avrebbero aiutato il nemico. Ama i film di Elizabeth Taylor ma odia l’imperialismo statunitense. Non c’è niente di pazzo in questo.

Jong-un aveva 10 anni quando Stati Uniti e Corea democratica firmarono un accordo con cui Pyongyang accettava di congelare le proprie centrali nucleari sostituendole con reattori ad acqua leggera (inidonei alla proliferazione nucleare) finanziati da Stati Uniti e Corea del Sud e la graduale normalizzazione delle relazioni Washington-Pyongyang. Ne aveva 16 quando la segretaria di Stato Madeleine Albright visitò Pyongyang e incontrò il padre Kim Jong-il. (In quello stesso anno, il presidente sudcoreano Kim Dae-jung incontrò con Kim Jong-il a Pyongyang durante il periodo della “Diplomazia del sole”, sabotato dall’amministrazione Bush/Cheney). Aveva 20 anni quando l’accordo fu rotto (per mano di Dick Cheney e dei suoi neocon nel 2004). Aveva 17 anni quando il fratellastro Jong-nam fuggì nell’aeroporto di Narita, perché cercava stupidamente di entrare in Giappone con la famiglia con falsi passaporti dominicani, per visitare la Disneyland di Tokyo. Questa idiozia escluse dalla successione Jong-nam (assassinato come sapete in Malaysia nel febbraio 2017), mentre il fratello Jong-chul era considerato “effeminato” (a un concerto di Clapton a Singapore nel 2006 fu visto con i buchi alle orecchie). Jong-un probabilmente non si aspettava di essere il prossimo monarca fin quando non ebbe 25 anni. Aveva 24 anni quando l’Orchestra filarmonica di New York visitò Pyongyang con un caloroso benvenuto. (Washington rifiutò l’offerta nordcoreana per una visita di ricambio).

Scelto come successore, è diventato il nuovo leader assoluto della Corea democratica a 27 anni; giovane, vigoroso e ben istruito (laurea in fisica della Kim Il-sung University) e dal forte senso di responsabilità dinastica. Ciò significa riportare la RPDC alla relativa prosperità economica degli anni ’70 e ’80, quando il consumo medio di energia procapite nel nord superava quella del sud.

Gli analisti suggeriscono che Kim abbia realizzato per primo lno sviluppo economico e che la politica del “Prima i militari” (Songun) da tempo lascia il posto al rafforzamento politico dei leader civili del Partito dei Lavoratori coreani. L’economia della RPDC, secondo The Economist, “probabilmente cresce tra l’1% e il 5% annuo“, facendo emergere una nuova classe di commercianti e imprenditori (donju). Il complesso sistema sociale (Songbun) che divide la società in 51 sottocategorie tra “leali”, “oscillanti” e “ostili” (e privilegi nella distribuzione di conseguenza) viene spezzato dall’ascesa delle forze del mercato. A quattordici mesi dalla sua nomina, Jong-un invitò Dennis Rodman, membro della Hall of Fame di Basket degli Stati Uniti, a Pyongyang per la prima di cinque visite. È un grande fan del basket, un appassionato di cultura popolare statunitense, figlio del rock’n roll. È anche razionalmente consapevole della minaccia che gli Stati Uniti pongono al suo Paese (tra molti Paesi).

Quindi la sua strategia è arrivare al nucleare finché può. Forse pensava che, poiché l’amministrazione Trump fosse (ed è) nel caos, alcuna risposta violenta (come un attacco al complesso nucleare di Yongbyon) sia probabile. Ma rischiava; il presidente degli Stati Uniti è, dopo tutto, instabile ed ignorante. Ha chiesto ripetutamente ai suoi consiglieri, perché non possiamo usare le atomiche dato che le abbiamo? Il fatto è che Mattis, Tillerson e McMaster hanno davanti un fatto compiuto nucleare a cui devono rispondere, mentre cala l’influenza statunitense col relativo declino economico. Non possono sganciare una bomba MOAB (come in Afghanistan in aprile) o lanciare un attacco missilistico su una base (come in Siria nello stesso mese, per mostrare virilità). Jong-un si è assicurato.

Se gioca bene le sue carte, avrà il riconoscimento internazionale della RPDC quale potenza nucleare: lo stesso riconoscimento dato agli altri non firmatari del NPT come India, Pakistan e Israele. Gli Stati Uniti dovranno rivolgersi alla sobrietà cinese e russa e abbandonare la rude reticenza minacciosa. Dovranno ripiegare, come nella guerra di Corea, quando capirono che non potevano conquistare il Nord e riunire la Corea sotto Washington, accettando l’esistenza della RPDC.

In cambio delle misure di riduzione della tensione da parte di Stati Uniti e Sud e dei rapporti diplomatici e commerciali, Pyongyang sospenderà il suo programma per armi nucleari, soddisfatta e orgogliosa di ciò che ha realizzato. È l’unico modo. L’altro è suggerito da John McCain, pazzo guerrafondaio fino alla fine. Il presidente del comitato dei servizi armati del Senato dichiarava alla CNN che se il leader nordcoreano “agisce in modo aggressivo”, qualunque cosa significhi per McCain che non ha mai capito che il suo bombardamento del Vietnam era un’aggressione, “il prezzo sarà l’estinzione”; sul tono del generale Curtis LeMay nelle sue osservazioni sull’assassinio di ogni uomo, donna e bambino a Tokyo durante il bombardamento terroristico della città nel 1945. Lindsey Graham, amico di McCain, ha detto che Trump gli disse: “Se ci sarà una guerra per fermare (Kim Jong-un), sarà laggiù.

Se migliaia muoiono, moriranno là, non qui… E questo può essere provocatorio, ma non proprio. Quando sei presidente degli Stati Uniti, dove credi vada la tua fedeltà? Al popolo degli Stati Uniti“. Sapere che il nemico è capace di contemplare l’estinzione del tuo popolo, sicuramente motiva alcuni leader a cercare l’arma finale. Il caro giovane Marsciallo l’ha ottenuta. Ha replicato ciò che Mao fece in Cina tra il 1964 e il 1967, ottenere la bomba, usata per la prima volta su Hiroshima il 6 agosto 1945, e tre giorni dopo su Nagasaki. E non fu mai utilizzata da nessuno da quando gli Stati Uniti furono raggiunti da URSS, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India e Pakistan. Non c’è alcuna ragione per usarla, a meno che gli Stati Uniti non lo vogliano. I negoziati basati sul rispetto reciproco e la coscienza storica sono l’unica soluzione.

Gary Leupp, Dissident Voice 11 settembre 2017

Traduzione di Alessandro Lattanzio

I commenti sono disabilitati.