Marco Minniti, uomo di paglia di un governo debole

« Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l’un l’altro
La testa piena di paglia. Ahimè! »
(Thomas S. Eliot)

Dove eravamo rimasti? Ah, si… Ai migranti che erano una risorsa e che stavano lavorando per noi: per fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare e per pagare le nostre pensioni. Poi, fra luglio ed agosto, è arrivato il contrordine: basta con le barzellette, la situazione sta precipitando e occorre tranquillizzare gli italiani, prima che Salvini prenda il 90% dei voti.

E così, dal cilindro del prestigiatore che muove i fili dell’invasione programmata dell’Italia è stato tirato fuori un coniglio, anzi un’intera famiglia di conigli: il rigore (rido!), una benevola tiratina d’orecchi alle ONG (non il sequestro delle navi che svolgono il servizio taxi dalla Libia), gli accordi con il cosiddetto governo libico per ridurre (non per fermare) gli sbarchi, i chiacchiericci di Bruxelles per avere i complimenti dell’Unione Europea per la “linea ferma” tenuta dall’Italia. Come a dire, che le barzellette sono state sostituite da una sceneggiata.
Il risultato, però, è sempre lo stesso: l’invasione continua, e il governo italiano non vuole fermarla, vuole soltanto usare un po’ di vasellina.

Per la bisogna, c’era già l’uomo giusto al posto giusto: Marco Minniti, già comunista, poi dalemiano di ferro, lesto a montare sul carro di Renzi prima d’essere rottamato e – ci scommetto – pronto a cercarsi un angolino in qualche altra confraternita per l’imminente stagione post-renziana.

Minniti è comunque una persona intelligente: fiuta l’aria che tira (come la fiuta Grillo), capisce che la complicità col disegno immigrazionista di Soros non incanta più nessuno, comprende che alle prossime elezioni gli italiani massacreranno i partiti dello Ius Soli e dell’accoglienza. E, così, veste i panni di Dracone e fa il duro. Il primo segnale lo dà con un regolamento cui le ONG devono sottostare: vietato fare carinerie agli scafisti andando a prendersi i migranti a poche bracciate dal bagnasciuga, ma obbligo di aspettare al limite delle acque territoriali ed accettare la presenza di poliziotti a bordo.

Poi c’è la lunga teoria dei suoi viaggi all’estero, da Bruxelles a Tripoli, fino al grande deserto che separa l’Africa araba dall’Africa nera. La parola d’ordine – mutata dalle genialate del Vispo Tereso – è “aiutiamoli a casa loro”.

Un altro bluff di pura marca renziana, un altro sfoggio di parole in libertà. Perché gli aiuti “a casa loro” possano incidere realmente sul tessuto economico-sociale dell’Africa Centrale occorrerebbe non meno di mezzo secolo. Un tempo più che sufficiente perché gli africani passino dal miliardo di oggi ai due miliardi previsti dalle statistiche demografiche per l’immediato futuro; e perché la loro migrazione – pilotata dai “filantropi” che vogliono distruggere l’identità dei popoli europei – ci sommerga completamente.

Ma lasciamo stare le previsioni demografiche globali, e torniamo allo scenario casereccio di questa (torrida) estate italiana dell’anno 2017. Dunque, nel costruire pezzo per pezzo la sua immagine di “uomo forte”, ecco che a un certo punto il duro calabrese si trova indirettamente a gestire lo spinoso caso di un grande caseggiato di proprietà privata (appartiene a un fondo pensioni) che da molti anni è stato illegalmente sottratto ai legittimi proprietari ed “occupato” da una nutrita colonia di “rifugiati”. Si tratta di un edificio noto come palazzo Curtatone, vicino a Piazza Indipendenza, in pieno centro storico di Roma.

Quintali di denunce non erano stati sufficienti ai legittimi proprietari – siamo nella patria del diritto! – per ottenere il ripristino dei loro diritti oltre che della normale legalità. L’immobile era stato, di fatto, lasciato nella disponibilità di certi “movimenti per la casa” che agivano con grande disinvoltura, disponendo del caseggiato come se fosse di loro proprietà; fino al punto di “affittare” a terzi interi appartamenti, o anche singoli posti letto per una o più notti. Una parte dell’immobile, poi, era destinata a “uffici” di organizzazioni malavitose che gestivano attività criminali: spaccio, ricettazione, prostituzione e, soprattutto, tratta di esseri umani.
In sostanza, era un “santuario” dell’illegalità. Lo sapevano tutti, ma le denunce dei derubati e le rimostranze degli abitanti del quartiere erano state regolarmente ignorate. Come anche una dettagliata interrogazione parlamentare dell’onorevole Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), che invitava il Ministro degli Interni del tempo – il mitico Angelino dalla proverbiale coerenza – a battere un colpo. In verità, a seguito dell’intercettazione di alcune telefonate fra gli scafisti libici e i loro complici a Roma, nel 2016 la Guardia di Finanza aveva arrestato 12 eritrei proprio in quello stabile, ma la cosa non aveva avuto un seguito. C’era stata anche una circospetta e circoscritta visita delle forze dell’ordine, ma – a quanto pare – qualcuno aveva provveduto a preavvertire gli occupanti, onde consentire di mettere in ordine qualche stanza da fare ispezionare. Di ciò l’onorevole Rampelli ha esplicitamente accusato l’impareggiabile Angelino.

Sia stato come sia stato, comunque, il furbo Minniti avrà probabilmente pensato che questo poteva essere il caso clamoroso che mostrasse a tutti la differenza tra il suo polso di ferro e il polso di ricotta del predecessore. Ed avrà dato anche per questo il suo assenso ad una salutare azione di sgombro, che evidentemente prevedeva che la polizia intervenisse come si interviene in casi del genere, cioè con la forza.
Naturalmente, il fior fiore degli occupanti si è asserragliato nel caseggiato ed ha “opposto resistenza” bombardando i poliziotti con ogni oggetto a disposizione, a cominciare da una folta dotazione di bombole di gas. Ora, lascio all’intelligenza di chi legge valutare l’effetto devastante di una bombola di gas lanciata dai balconi sui corpi di chi sta sotto.

Ebbene, di fronte a questa situazione, un funzionario di polizia ha gridato ai suoi uomini che, se qualcuno avesse lanciato bombole, i poliziotti avrebbero dovuto “spaccargli un braccio”. La qual cosa – sia detto per inciso – è il “minimo sindacale”, atteso che il lancio di bombole dall’alto è a tutti gli effetti un tentato omicidio.
Apriti cielo… Bergogliani e boldriniani sono insorti come un sol uomo, accusando la polizia di aver agito con “inaudita violenza”. E non solo, ma anche contestando – siamo all’incredibile – la tutela giuridica del diritto di proprietà a fronte di un incodificato “diritto umanitario”.

E, a questo punto, che cosa ha fatto l’uomo tutto d’un pezzo? Ha convocato una bella conferenza stampa, ed ha diffidato i prefetti dal procedere ad altri sgombri, a meno che i sindaci non offrano “soluzioni alternative” per ospitare i profughi. Di rimandarli a casa loro – naturalmente – neanche parlarne.

Questo è l’uomo forte del governo. Figuriamoci gli altri.

Michele Rallo – ralmiche@gmail.com

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