Sisma e macerie – Il territorio va difeso da chi lo abita
Da ormai un anno i media ci raccontano, con dovizia di particolari, le conseguenze del terremoto che ha devastato il centro Italia. Ma dopo l’ondata emotiva che ha contribuito a montare una gara di solidarietà tra gli italiani che sono accorsi numerosi a prestare il proprio aiuto alle popolazioni colpite da una così immane tragedia. La situazione è finita in uno stallo. Le istituzioni traccheggiano e molti paesi sono ancora invasi dalle macerie e molti sfollati sono ancora senza casa.
Forse i Comuni dovrebbero consorziarsi e pretendere a gran voce di gestire direttamente l’emergenza, senza attendere che i rappresentanti di governo e della burocrazia elefantiaca, sia a livello nazionale che regionale, continuino semplicemente a far promesse, a nominare “commissari” ed a visitare le zone colpite al seguito di televisioni e addetti stampa.
L’Italia è un paese in continua emergenza, un paese estremamente fragile oltre che morfologicamente variegato, che avrebbe bisogno di mettere in piedi una squadra di volontari permanenti, a partire dalle istituzioni territoriali, con l’obiettivo di ricostruire pezzo per pezzo il territorio, che è stato a seconda delle circostanze abbandonato, violentato, sfigurato, sottovalutato, negato.
Non è pensabile e non è immaginabile credere che la ricostruzione e la messa in sicurezza, ma anche l’organizzazione e la gestione dei cataclismi, possano essere gestite dal governo nazionale o regionale, per due motivi:
1) non è sufficiente stanziare dei soldi per ricostruire un territorio, l’italiano medio ammanicato con il sistema (che sia un imprenditore o un politico) è abituato a considerare i soldi provenienti dalle istituzioni come un’occasione per arricchirsi a discapito degli altri e del territorio, per cui stanziare soldi (calandoli dall’alto) equivale a perpetrare comportamenti già visti in passato e a mantenere inalterati i problemi (se non ad ingigantirli). L’Aquila, l’Irpinia e tanti altri disastri docent.
2) Spetta ai comuni ed alle assemblee dei cittadini che vivono il territorio acquisire la consapevolezza di dove si trovano e di quali pericoli possono incombere sulla propria comunità e pianificare le azioni volte a mettere in sicurezza, ma anche a valorizzare, le risorse presenti nella propria comunità. Partendo dalla propria casa.
Occorre ricominciare a governare le nostre vite e il nostro habitat e farlo partendo da singole iniziative, considerando il territorio come geograficamente omogeneo, in cui dovrebbero essere predominanti le regole dettate dalla natura e non le leggi che l’uomo ha definito artificialmente, determinando confini amministrativi, astrusi e insignificanti, come tutto ciò di cui si circonda. Questo è il pensiero bioregionale, applicato sia alla comunità che all’ambiente.
Le macerie di fronte alle quali siamo costretti a soffermarci ci comunicano che spetta a tutti noi, cittadini e abitanti bioregionali, cominciare da domani mattina a ristabilire un rapporto con l’ambiente che ci circonda, ricostruire le nostre comunità, pezzo per pezzo, senza bisogno di attendere il prossimo terremoto o alluvione o lo stanziamento di soldi da parte di qualche ente preposto. L’Italia è un paese in macerie culturali prima che strutturali.
Paolo D’Arpini e Massimiliano Capalbo