Un africano risponde a fratel Zanotelli, il missionario…
“Quando io pensare ad Africa lontana…”
Risposta di un africano alla lettera di fratel Alex Zanotelli sull’Africa
Padre Alex Zanotelli elenca una serie di “è inaccettabile” per descrivere la drammatica situazione in cui versano tanti Stati africani e lo fa, ovviamente, puntando il suo dito accusatorio sugli africani stessi. Praticamente è come se si accusassero i Sioux o gli Apache della drammatica situazione che si è creata nel Nord America.
“Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa.” Inizia così la LETTERA del profondo conoscitore dell’Africa padre Alex Zanotelli, nella quale, senza ritegno alcuno, chiede di “rompere questo silenzio- stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne.” Ma i mainstream media parlano fin troppo dell’Africa anche a sproposito. Come hanno sempre fatto continuano a diffamare ancor di più l’Africa e gli africani. Tutte le narrazioni che una grossa fetta del giornalismo ha prodotto negli ultimi decenni sull’Africa e sugli africani straripano di stereotipi al limite della xenofobia e del ridicolo.
L’attempato canuto elenca una serie di “è inaccettabile” per descrivere la drammatica situazione in cui versano tanti Stati africani e lo fa, ovviamente, puntando il suo dito accusatorio sugli africani stessi. Praticamente è come se si accusassero i Sioux o gli Apache della drammatica situazione che si è creata nel Nord America.
La sua elencazione inizia con: “È inaccettabile il silenzio sul Sudan retto da un regime dittatoriale…” dando l’idea di non essere ancora soddisfatto della sua suddivisione in due Stati. Forse vorrebbe farlo ancora a pezzi, oltre al Sud Sudan facciamo anche quello Est e quello Ovest? In fondo, Dividi et impera è sempre stata una strategia usata dai colonialisti che hanno stravolto i confini nazionali africani per innescare guerre interetniche.
Non risparmia nemmeno il paese che crede nell’autosostentamento o self reliance, il paese che rifiuta di offrire un solo ettaro della sua terra al fenomeno del Land grabbing praticato in Africa dalle multinazionali, il paese che ha rispedito a casa tutte le ONG e rifiuta gli aiuti umanitari considerati l’oppio della popolazione africana. “È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo…” Questa dichiarazione è la menzogna più evidente di tutta la sua lettera, una frottola che poteva anche risparmiarsi. Ai giornalisti italiani si può dir di tutto tranne che siano mai rimasti in silenzio sull’Eritrea. Lui mente sapendo di mentire perché da tanti anni esiste una sistematica demonizzazione mediatica dell’occidente nei confronti del Paese descritto come “l’inferno sulla terra”, “la Corea del Nord africana”, “una prigione a cielo aperto”, ecc. L’unica cosa che gli rimane da dire ancora sarebbe che gli eritrei mangiano i bambini!
Padre Alex è convinto che i leader africani che osano negare l’accesso al loro paese ai neocolonialisti, evitando così di farsi derubare, siano da annoverare come i peggiori dittatori di questo mondo.
Quello eritreo è un regime oppressivo forse perché l’unico in Africa a non volere più gli aiuti umanitari occidentali? In effetti questa cosa rende automaticamente tutti quelli come Alex delle persone inutili. Lo so che è difficile digerirlo per quelli come lui che vanno in giro con l’aureola in testa ma, volenti o nolenti, l’Eritrea diventerà un esempio per l’Africa perché insegnerà agli altri Stati africani che si può vivere senza mendicare aiuti umanitari. Solo quando questa filosofia, germogliata in Eritrea, attecchirà e radicherà in tutto il continente africano tutta l’Africa si salverà e allora lui e tutti i suoi compari dovranno tornarsene a casa loro.
“Trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad”. Guarda caso l’Eritrea è assente dalla sua lista. Si è chiesto il perché? Eppure è la stessa area geografica del Corno d’Africa colpita dal fenomeno climatico El Nino. Se si fosse documentato con più serietà saprebbe che l’Eritrea sta lottando da sola contro il cambiamento climatico piantumando alberi e costruendo dighe per fermare l’acqua piovana con l’idea di raggiungere l’obbiettivo del Millennio sulla sicurezza alimentare. Obiettivo quasi raggiunto, in Eritrea più nessun bambino muore di fame. Se anche gli altri paesi africani adottassero questo progetto politico smentirebbero quella stima ONU da lui citata che dice che a fine secolo l’Africa avrà tre quarti del suo territorio non abitabile e circa cinquanta milioni di profughi climatici entro il 2050. La mia speranza è che questa rivoluzione alla maniera eritrea si compia molto presto in tutto il continente africano alla faccia di tutti gli uccelli del malaugurio!
Ma forse il buon padre Alex intendeva dire che in Eritrea c’è un regime oppressivo perché si nega l’accesso all’AFRICOM, l’invasione militare statunitense in atto in tutta l’Africa? Allora, piuttosto che puntare il suo dito contro gli africani e colpevolizzare le vittime, perché non trova il coraggio di raccontare la presenza di AFRICOM in 52 paesi africani tranne che in Eritrea e nello Zimbabwe? Perché non spende due parole o anche un solo “è inaccettabile” sulla presenza massiccia di basi militari, armamenti ed aeroporti di droni motivati sempre dall’assurda idea di proteggere la sicurezza nazionale o gli interessi nazionali statunitensi? Perché Alex non accusa mai gli Stati Uniti della devastazione e della destabilizzazione africana? È forse per il suo passato a Cincinnati dove era stato mandato dai Padri Comboniani a completare gli studi di Teologia? Perché, colto da amnesia, si rifiuta di raccontare che dietro al caos e al disastro del continente africano c’è sempre la loro longa mano?
Per esempio nella Repubblica Centrafricana, per poter fermare l’avanzata dei cinesi, gli Stati Uniti hanno scatenato un’improvvisa guerra di religione così drammatica da dividere la pacifica popolazione in due distinti gruppi, per non parlare della zona saheliana del Ciad e del Mali dove sono stati finanziati alcuni gruppi jihadisti creati ed armati assieme ai francesi. Perché Alex non ha il coraggio di puntare il dito contro chi sta creando i terroristi in Africa, a cominciare dai BokoHaram in Nigeria e Al Shabaab in Somalia? Crede davvero che in Somalia si divertano a fare una guerra civile da trent’anni? A chi giovano questi terroristi se non al neocolonialismo? La War on terror non è forse la nuova evangelizzazione del continente africano? Se vogliamo rompere il silenzio sull’Africa diciamo di chi è veramente la colpa. Quale altra potenza conosciamo impegnata a destabilizzare l’Africa ed il mondo intero con il terrorismo? Padre abbia il coraggio di puntare quel suo santo dito sull’America! Pure se per questo dovesse sacrificare la sua vita non tema, mi batterò anch’io perché la facciano santo subito!
Ma torniamo all’Eritrea dove lei non è mai stato e che conosce solo per sentito dire. L’Eritrea è spesso stata la fonte di tante bufale per quegli stessi giornali che oggi lei rimprovera di non scrivere abbastanza menzogne. Trovo che non sia affatto onesto da parte sua, eppure il suo abito talare le imporrebbe di perseguire la verità cristiana, blaterare dei giovani eritrei in fuga verso l’Europa senza approfondirne il vero motivo, la sua vera causa, la sua radice. Non diventerà certo un santo per aver volutamente ignorato, o peggio omesso, che i ragazzi eritrei vengono in Europa perché gli viene promesso il paradiso con il welfare nord europeo, del resto il loro Paese sotto sanzioni USA non offre occupazione a volontà e la sua economia è ancora da post guerra quarantennale. Il loro è un paese che non gli offre sicurezza in quanto la minaccia di invasione etiopica è annuale come la stagione delle piogge, i raid militari etiopici sono frequenti, ancora ci sono territori eritrei sotto occupazione nonostante il verdetto dell’EEBC. Perché la fuga dei giovani eritrei è un progetto USA come ammesso anche dallo stesso presidente Obama per facilitare il suo alleato numero uno in Africa, l’Etiopia, che mira allo sbocco sul Mar Rosso. E per convincere i ragazzi eritrei a lasciare il loro paese li hanno attirati con le allettanti promesse di distribuzione di visti per l’America, promesse fatte nei campi rifugiati etiopici, campi dell’UNHCR gestiti da ARRA, un’agenzia di intelligence del regime etiopico. Come sappiamo l’UNHCR è finanziato dallo State Department americano per costruire in Etiopia vicino al confine con l’Eritrea altri campi rifugiati con l’intenzione di svuotare il Paese dei suoi giovani.
Perciò Santissimo Alex, se lei vuole davvero fermare questa “invasione degli eritrei” sulle sue coste provi a convincere l’Europa, paese garante degli accordi di Algeri, ad intimare all’Etiopia il rispetto del diritto internazionale ed abbandonare i territori sovrani eritrei. Questi problemi sono alla radice della sua imbarazzante e superficiale analisi: “con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa”. Stia pur certo che il fenomeno migratorio eritreo diminuirà drasticamente una volta risolte le sue cause e vedrà anche il ritorno a casa di una miriade di persone perché in tanti si sono già stufati dell’accoglienza italiana stile mafia capitale che ha arricchito persino le strutture religiose.
Ma è sintomatico il suo punto di vista sull’Africa perché esaminando il resto della sua lettera ho notato un uso eccessivo di termini negativi per descrivere il continente africano,sentenze definitive e previsioni quasi apocalittiche senza speranza alcuna: “la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati”, “ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga”, “un regime dittatoriale in guerra contro il popolo”, “il popolo martire dell’Africa”, “in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni”, “uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa”, “dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai, potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera”, “situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti”.
Eppure, io sono convinto che l’Africa sia diversa da come la racconta il bianco Alex. L’Africa è un continente di gente ospitale che si indebita per offrirti cibo, di persone umili che vivono alla giornata, di bambini che sorridono con sguardi innocenti, di popoli con valori autentici e bellissime tradizioni millenarie. L’Africa è ricca, così ricca che potrebbe sfamare tutti gli africani anche se il numero dei suoi abitanti dovesse quintuplicare. L’Africa non è stupida e ha imparato che non può continuare a mendicare un chilo di farina in cambio di un chilo d’oro.
Ma forse lo scopo di questa sua lettera è quello di tornare protagonista della scena mediatica per sentirsi ancora il salvatore di un intero continente e per avere più visibilità agli occhi dei suoi ignari concittadini e raccogliere da loro l’ennesima beneficenza e, siccome viviamo in un’epoca in cui per mettersi la coscienza a posto basta donare 2 euro con un sms, il santissimo Alex si incaricherà lui stesso di distribuire i soldi degli italiani agli africani più bisognosi e quindi restare sul trono africano vita natural durante. In passato si è visto come venivano distribuiti quegli aiuti umanitari in terra africana, creavano un bacino clientelare, un piccolo gruppo di fedeli all’interno del quale si praticavano il ricatto ed il baratto, in cambio di un chilo di latte in polvere si pretendeva l’anima o la verginità. Quando nell’Eritrea liberata il governo laico eritreo ha deciso di controllare gli “aiuti umanitari” gestiti dai soliti missionari è stato subito chiaro che questi si sarebbero quantomeno irritati. A quanto sembra, anche padre Alex non ha mai digerito questa fastidiosa ingerenza governativa perciò quando egli scrive di Africa la bile gli si contrae e lo stomaco gli provoca degli spasmi che gli offuscano la mente e gli impediscono di esprimere giudizi sereni ed obiettivi.
Per me, la sua lettera non è altro che il delirio di onnipotenza di un missionario colonialista convinto di essere l’unico africanista con l’aureola in testa rimasto in vita su questo pianeta. Uno che ha vissuto l’intera sua vita nel continente africano con il pretesto di fare del bene. E mi chiedo, cosa ha prodotto la sua presenza cinquantennale in Africa? A cosa è servito il suo lavoro, cosa ha migliorato? Che cosa ha risolto? Nulla ha risolto, anzi ha creato dipendenza! Può forse uno spacciatore aiutare le sue vittime ad uscire dalla droga? No, credo proprio di no.
A quanto pare il destino dell’Africa continua con lo stesso trend anche ai nostri tempi, il colonialismo del passato si è trasformato in neo colonialismo. Nulla è cambiato, i predatori del passato sono ritornati indossando altre vesti e i missionari come Alex Zanotelli forniscono informazioni, dati, statistiche, numeri, coordinate geografiche e quant’altro alle potenze colonizzatrici. In breve sono finiti per diventare gli informatori del neo colonialismo. In passato erano proprio i missionari, con fucile a tracolla ed una bibbia in mano, a guidare le carovane dei predatori e mentre questi compivano le razzie loro evangelizzavano i “barbari” distraendoli con qualche nuova preghiera da recitare a memoria. In Eritrea, per esempio, fu il lazzarista Giuseppe Sapeto a favorire la penetrazione italiana nel Mar Rosso dando così il via alla sua colonizzazione.
“Facciamo qualcosa per l’Africa” scrive padre Alex e come africano vorrei replicargli e suggerirgli che la scelta migliore per il continente africano sarebbe quella di essere lasciato in pace e da solo, ossia di essere completamente abbandonato al suo destino. Lo so che sembra un azzardo ma l’Africa deve farcela da sola. Deve poter iniziare a camminare con le proprie gambe. E se lui avesse veramente a cuore le sorti di quel continente che l’ha nutrito di fama e di gloria per un intero mezzo secolo, non fosse altro che per una sorta di gratitudine, se ne dovrebbe tornare nella sua terra natia a chiudersi in un convento a coltivare l’orto e al tramonto praticare l’autoflagellazione col cilicio come penitenza per i suoi peccati di tipo narcisistico.
Per citare la sua conclusione in “Rompiamo il silenzio sull’Africa” da africano le vorrei svelare caro Alex che domani saranno i nostri nipoti a dirvi quello che voi oggi dite dei nazisti! Personalmente, lei per me resterà sempre uno di quelli che Jomo Kenyatta ai suoi tempi aveva ben inquadrato:
“Quando i missionari vennero in Africa loro avevano la Bibbia e noi avevamo la terra. Dissero: Preghiamo e noi chiudemmo gli occhi. Quando li riaprimmo, noi avevamo la Bibbia e loro avevano la terra.”
Daniel Wedikorbaria
Fonte: www.mediacomunitaeritrea.it
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Commento di F.G.:
“A proposito della “Risposta di un africano a Zanotelli” mi preme una rettifica a questo periodo:
“Perché Alex non ha il coraggio di puntare il dito contro chi sta creando i terroristi in Africa, a cominciare dai BokoHaram in Nigeria e Al Shabaab in Somalia? Crede davvero che in Somalia si divertano a fare una guerra civile da trent’anni? A chi giovano questi terroristi se non al neocolonialismo? La War on terror non è forse la nuova evangelizzazione del continente africano? Se vogliamo rompere il silenzio sull’Africa diciamo di chi è veramente la colpa. Quale altra potenza conosciamo impegnata a destabilizzare l’Africa ed il mondo intero con il terrorismo?”
Qui l’autore, che come me conosce l’Eritrea, mostra di non conoscere la Somalia e di cadere anche lui nella trappola delle mistificazioni/diffamazioni della propaganda imperialista e neocolonialista. Sebbene qualche tempo fa un piccolo gruppo del grande movimento islamico di liberazione nazionale Al Shabaab, si sia dichiarato seguace di Isis, o, se si vuole, dello Stato Islamico, immediata ne è stata l’espulsione da parte della direzione del movimento. Non so di ulteriori affiliazioni, se non quello che, con automatismo sospetto, ad Al Shabaab vengono attribuite dai soliti media mercenari. Si tratta di giustificare un’occupazione coloniale attuata mediante l’utilizzo di una feroce forza “interafricana”, UNOSOM, promossa dall’ONU con l’impiego di soldataglie dei paesi vicini ostili alla Somalia, colpevole di innumerevole atrocità ai danni dei civili, assistita da sempre più massicce incursioni di forze speciali, bombardieri e droni Usa, e affidata al governo di una successione di fantocci mai eletti da nessuno, ma creati a tavolino a Gibuti o a Nairobi dai colonialisti e loro clienti africani.
L’equiparazione a Boko Haram e altre forze terroristiche legate all’Isis è impropria, come è abusivo, improprio e funzionale agli interessi neocoloniali l’uso del termine “terroristi” per Al Shabaab. Mentre tutte le formazioni terroristiche legate a Isis o Al Qaida si sanno e sono dimostrate create, istigate e foraggiate dalle potenze occidentali e da Israele, non v’è nessuna indicazione che questo sia il caso per i ribelli somali. Tutte le manifestazioni di Isis e affini sono finalizzate a destabilizzare i paesi in cui avvengono, nell’evidente interesse del neocolonialismo e dell’imperialismo: dai paesi arabi alla Nigeria, all’Afghanistan, al Pakistan, alle Filippine, agli Uiguri dello Xinjiang, all’Europa. La lotta degli Al Shabaab invece è direttamente contro i regimetti filo-occidentali installati dall’imperialismo, ai suoi protettori Usa e Nato, ai loro complici africani (Kenya). Mi pare una differenza decisiva. E se tutte le formazioni terroristiche scaturite dai progetti e dalle strategia occidentali fanno sistematicamente strame di civili, ovunque, agli scopi noti della frantumazione sociale, dello spopolamento, dell’emigrazione, della militarizzazione repressiva, questo non è mai avvenuto in Somalia, dove le operazioni militari di Al Shabaab sono sempre dirette contro il regime imposto e i suoi sponsor.
Ma facciamo un po’ di storia. MI è capitato di essere inviato in Somalia nel 1991, pochi mesi dopo il rovesciamento di un autocrate di lunga lena, Siad Barre, prima leader patriottico anticolonialista e alleato degli URSS ai tempi delle grandi decolonizzazioni, infine, a vento cambiato, fattorino degli Usa e feroce repressore del suo popolo. Dopo di me, per il TG3 venne Ilaria Alpi. Il defenestramento di Barre era dovuto a una rivolta dell’esercito sostenuto da un’insurrezione di massa, guidata dal generale Mohamed Farah Aidid. Trattandosi di persona indipendente, patriottica, anticolonialista, espressione della popolazione somala, che ho avuto l’onore di conoscere e il piacere di intervistare, in Occidente gli si contrappose il solito burattino, tale Ali Mahdi, caporione tribale, del tutto incapace di contrastare la rivoluzione nazionale guidata da Aidid. Occorreva intervenire con più pesantezza per garantire al meglio il recupero della Somalia, collocata in posizione strategica sulla soglia dell’Oceano indiano e all’imbocco del Mar Rosso e Golfo Persico (quanto l’Eritrea!), o, al peggio, la solita condizione di caos e di Stato fallito, incapace di svolgere un qualsiasi ruolo di disturbo agli interessi occidentali. E parte la Missione Nato Restore Hope, in cui americani e italiani si distinguono per efferatezze ai danni dei civili e delle donne, sconfitta nel 1995 dalla resistenza popolare guidata da Aidid. L’Etiopia, caposaldo imperialista nel Corno d’Africa, che già aveva divorato un buon terzo della Somalia (l’Ogaden), dà una mano con ripetute invasioni, regolarmente respinte. Ali Mahdi scompare, ma Aidid, ora presidente della Somalia, viene ucciso in un epigonale scontro con miliziani residui di Ali Mahdi. Da allora è il caos, accanitamente perseguito dai soliti interessi.
La resistenza somala si riorganizza contro l’ennesimo “governo provvisorio” installato dai colonialisti, con l’Unione delle Corti Islamiche, organizzazione sociale storica, di segno moderato (esclude la Sharìa) e dotata di grande appoggio popolare, che passa alla lotta armata e contemporaneamente dià a Mogadiscio e al paese un assetto di pace e di riorganizzazione istituzionale. Sono, dopo 17 anni, i primi momenti di tranquillità e normalità per una popolazione saccheggiata e decimata dal recupero neocolonialista. Un massiccio intervento Usa, accompagnato dall’ennesima irruzione militare etiopica pone fine a questa prospettiva di riscatto della nostra ex-colonia. Una ex-colonia depredata e il debito nei cui confronti l’Italia ha voluto pagare inondandola di massacri bellici e di rifiuti tossici con gli sporchi traffici tra servizi e mafie e signori della guerra locali. Rifiuti tossici, anche nucleari, sepolti sotto nuove strade e terreni agricoli che hanno causato devastanti morie di abitanti e bestiame. Ilaria Alpi e Miran Hovratin, miei colleghi, che scoprirono questi crimini, dai loro autori e complici furono poi eliminati. E la vergogna dell’impunità di questi bonzi delle nostre istituzioni persiste.
Ci fu poi la fase della demonizzazione dei somali con la campagna contro i “pirati”, tesa a liberare le acque territoriali somale da pescatori che ne traevano sostentamento per una popolazione in preda a carestie e denutrizione, per lasciare mano libera ai predatori delle flotte pescherecce delle compagnie del Nord del mondo.
Dalla sconfitta delle Corti Islamiche nacquero gli Al Shabaab. E siamo ai giorni nostri.
Ci siamo coperti di delitti e vergogne come potenza coloniale, come partecipi di aggressioni e sterminii, come avvelenatori che rasentano il genocidio, come istigatori di migrazioni di massa che sterilizzassero la Somalia e abbattessero salari e diritti dei nostri lavoratori, come assassini di due nostri bravi giornalisti che avrebbero inchiodato i delinquenti di regime italiani alle loro responsabilità. Non aggiungiamo ulteriore supporto ai barbari schierandoci dalla parte sbagliata. Oggi come oggi, gli Al Shabaab sono una forza di resistenza popolare a colonialismo, imperialismo, sguatteri africani corrotti e asserviti.. Oggi è così. Cosa faranno questi combattenti somali in futuro sta in grembo a Giove e noi ci regoleremo di conseguenza.
Qui l’autore, che come me conosce l’Eritrea, mostra di non conoscere la Somalia e di cadere anche lui nella trappola delle mistificazioni/diffamazioni della propaganda imperialista e neocolonialista. Sebbene qualche tempo fa un piccolo gruppo del grande movimento islamico di liberazione nazionale Al Shabaab, si sia dichiarato seguace di Isis, o, se si vuole, dello Stato Islamico, immediata ne è stata l’espulsione da parte della direzione del movimento. Non so di ulteriori affiliazioni, se non quello che, con automatismo sospetto, ad Al Shabaab vengono attribuite dai soliti media mercenari. Si tratta di giustificare un’occupazione coloniale attuata mediante l’utilizzo di una feroce forza “interafricana”, UNOSOM, promossa dall’ONU con l’impiego di soldataglie dei paesi vicini ostili alla Somalia, colpevole di innumerevole atrocità ai danni dei civili, assistita da sempre più massicce incursioni di forze speciali, bombardieri e droni Usa, e affidata al governo di una successione di fantocci mai eletti da nessuno, ma creati a tavolino a Gibuti o a Nairobi dai colonialisti e loro clienti africani.”
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Commento di Piotr: “Quella di Zanotelli è una parabola (a picco) comune a tutta la sinistra dei buoni, e a volte – e dico sul serio – buonissimi sentimenti. Evidentemente i buoni sentimenti non bastano affatto e se non li sosteniamo con una analisi precisa del binomio capitalismo-imperialismo degenerano in men che non di dica in pessimi sentimenti. Mi dispiace per Zanotelli, sinceramente, ma il suo pensiero odierno è raccapricciante. Evidentemente c’era un tarlo, una malformazione genetica, che agiva da tempo. (Piotr)”
Replica di F.G.: “…si tratta di genoma cattolico e quello missionario è il peggiore, con i comboniani in prima e pessima fila in Africa. L’uomo, che ha frequentato il continente non può non sapere. E’ dunque in piena malafede. Anche se lo sono tutti coloro che si astengono rigorosamente a parlare di Usa e imperialismo.”