Guerre stellari – Il nuovo campo di battaglia degli USA è lo spazio…

Nell’immaginario collettivo le armi spaziali sono quelle dei film di fantascienza della serie «Star Wars». Non ci si accorge, perché sui media quasi nessuno ne parla, che sono divenute reali. La corsa agli armamenti, compresi quelli nucleari, si è da tempo estesa dalla Terra allo spazio. In testa sono gli Stati uniti, che puntano sempre più al controllo militare dello spazio.

La neosegretaria della U.S. Air Force, Heather Wilson, subito dopo aver assunto l’incarico, annuncia il 16 giugno la riorganizzazione del quartier generale per potenziare le operazioni spaziali integrandole ancor più in quelle dell’Aeronautica. Scopo dichiarato: «Organizzare e addestrare forze in grado di prevalere in qualsiasi futuro conflitto che possa estendersi allo spazio».

Responsabile dei sistemi spaziali militari è il Comando strategico (StratCom), che allo stesso tempo è responsabile delle armi nucleari e delle cyber-armi. «Abbiamo superiori forze spaziali e cyber-spaziali che sono fondamentali per lo stile di guerra americano in ogni teatro in tutto il globo», scrive lo scorso febbraio il generale John Hyten, comandante dello StratCom, sottolineando che «le nostre forze nucleari sono sicure e pronte in qualsiasi momento» e che «se la deterrenza dovesse fallire, siamo pronti a usarle».

Per gli strateghi del Pentagono, detenere la superiorità nello spazio significa avere la capacità di attaccare un avversario militarmente forte, paralizzare le sue difese, colpirlo anche con armi nucleari e, nel caso sia anch’esso dotato di tali armi, neutralizzare la sua risposta. A tal fine armi nucleari, sistemi spaziali e cyber-armi vengono integrate dal Pentagono nella «intera gamma delle capacità globali di attacco», sia sulla terra che nello spazio.

Il 7 maggio, dopo essere stato 718 giorni in orbita attorno alla Terra, è atterrato a Cape Canaveral lo shuttle robotico X-37B della U.S. Air Force, in grado di manovrare nello spazio e rientrare alla base autonomamente. Lo X-37B, alla sua quarta missione «top secret» nello spazio, serve probabilmente (secondo il parere dei maggiori esperti) a sperimentare armi per distruggere i satelliti avversari e «accecare» in tal modo il nemico al momento in cui esso viene attaccato.

Sono allo stesso tempo in fase di sviluppo armi laser, già testate dalla nave USS Ponce nel Golfo Persico. La Lockheed Martin ha comunicato il 16 marzo di aver messo a punto un potente laser, che tra qualche mese sarà installato su uno speciale autoveicolo dello U.S. Army per una serie di test. Sempre in marzo, il generale Brad Webb ha dichiarato che, entro l’anno, un aereo AC-130 sarà armato di laser per attacchi a obiettivi terrestri.

Il 3 aprile, scienziati della Macquarie University hanno annunciato di aver creato in laboratorio un superlaser, simile a quello della «Morte Nera» di Star Wars, per future applicazioni spaziali.

In questo settore gli Stati uniti sono in vantaggio, ma, come avviene per ogni altro sistema d’arma, altri paesi, soprattutto Russia e Cina, stanno sviluppando analoghe tecnologie militari.

Nel 2008 Mosca e Pechino hanno proposto un accordo internazionale per impedire lo spiegamento di armi nello spazio, ma prima l’amministrazione Bush, poi quella Obama si sono rifiutate di aprire una trattativa in tal senso.

Così, mentre alle Nazioni Unite si svolge il negoziato per la proibizione giuridica delle armi nucleari (al quale non partecipano le potenze nucleari né i paesi Nato, tra cui l’Italia), si accelera sotto spinta Usa la corsa alla militarizzazione dello spazio funzionale alla preparazione della guerra nucleare.

Manlio Dinucci

(il manifesto, 20 giugno 2017)

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