Grazie Ferruccio De Bortoli per aver rovesciato il vaso (da notte) di Pandora (Boschi)

Treia, 11 maggio 2017 – Anche stamattina, al solito baretto di Treia, i giornali riportavano notizie (malgrado la censura di partito) sulla querelle De Bortoli – Boschi, sui fatti regressi di Banca Etruria ed abbocchi con l’Unicredit dell’allora ministra renziana.

Ricordo Ferruccio De Bortoli, nobile direttore de Il Corriere della Sera, quando il Corriere era ancora il Corriere e si poteva star certi che le notizie in esso pubblicate corrispondessero alla verità dei fatti. In quegli anni, purtroppo ormai lontani, in cui la stampa aveva la funzione di fornire “informazione” reale. Allora persino le mie note (oggi totalmente, o quasi, ignorate) spesso venivano ospitate sulle pagine romane del “Corriere” o su quelle de “Il Sole 24 ore”. Ciò che veniva pubblicato su quelle testate poteva essere preso come “testimonianza reale” di fatti e non di fantasie. Una volta, per riconoscenza, scrissi una lettera a De Bortoli per complimentarmi con la sua direzione del Corriere della Sera, non mi sarei mai aspettato una sua risposta diretta, che mi giunse per posta normale su carta intestata e busta della direzione, con firma autografa del De Bortoli stesso. Quella fu la prima ed unica volta che ricevetti una vera “risposta” da parte di un direttore di giornale, e che giornale… Come non credere dunque alle sue affermazioni sui loschi magheggi della Boschi, volto bello all’esterno, fiorellina all’occhiello del PDR, sembianza fatua di vanità ed apparenza, insomma maschera che copre il vero volto della politica renziana. Ma ecco che “la regina è nuda”. Ferruccio De Bortoli con le sue “confidenze”, buttate lì in due righe, sui tentativi della Boschi di salvare il “babbo” (Banca Etruria), ha rovesciato il vaso di Pandora delle bugie accumulate e traboccanti evacuate in tre anni da un club di parassiti. Un vaso di Pandora, pieno di piscio e feci, come ci si può aspettare da un vaso da notte di bassa corsia ospedaliera, o da un bugliolo carcerario…

Grazie Ferruccio De Bortoli per l’onestà intellettuale ancora una volta dimostrata e per il coraggio…

Paolo D’Arpini

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Se fossimo Grillo (o Di Maio o Di Battista fate voi) diremmo grazie a Ferruccio de Bortoli. Non tanto per le rivelazioni sui contatti avvenuti nel 2015 tra l’allora ministro, la renzianissima Maria Elena Boschi, e l’allora numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni onde sistemare, diciamo così, la disastrata Banca Etruria di papà Boschi (scoop che indubbiamente porta acqua alle opposizioni, 5Stelle in testa). Ma perché si deve a persone come De Bortoli se in Italia esiste un giornalismo che si mette al servizio dell’opinione pubblica: “Architrave di una democrazia” per dirla con Giovanni Sartori. E non certo per compiacere una parte o l’altra. Quella stessa opinione pubblica che molto spesso ha scelto di votare il M5S come reazione all’uso privato della cosa pubblica, pratica denunciata in questi anni o dalla magistratura o dalla libera informazione, punto e basta. Ci torneremo tra un attimo.

Dopo le clamorose anticipazioni del suo libro Poteri forti (o quasi) subito le mosche cocchiere del “chissà cosa c’è sotto” invece di interrogarsi sul gigantesco conflitto d’interessi del caso Boschi (Ghizzoni o non Ghizzoni) hanno pensato bene di investigare su De Bortoli con simpatiche domande del tipo: perché queste cose non le ha scritte sul Corriere? Oppure con le canoniche maldicenze su cosa non si farebbe per vendere qualche copia in più.

Quanto di più sbagliato. Se pure non conoscessi Ferruccio da una vita, e dunque il suo estremo rigore fonte primaria dell’autorevolezza che tutti gli riconoscono, potrei testimoniare, da giornalista che scrivendo quelle poche righe sulla Boschi egli, vi assicuro, sapeva che ne avrebbe ricavato più oneri che onori, più grane che medaglie. Eppure le ha scritte. O meglio: non poteva non scriverle nel momento stesso in cui quelle notizie aveva appreso e verificato. Magari suscitando un certo imbarazzo nel suo stesso giornale nel trattare (nelle pagine interne) l’affaire Boschi, che è il caso politico del momento.

Capita a chi fa questo mestiere rispondendo soltanto alla propria coscienza. De Bortoli non strilla, non strattona, non insulta, non ne ha bisogno e chi leggerà le sue memorie “di oltre quarant’anni di giornalismo” scoprirà che dietro lo stile cortese (che gli ha procurato qualche ironia) si nasconde un direttore, come giusto, inflessibile nel tutelare contro qualsiasi pressione esterna il lavoro dei propri colleghi e soprattutto il diritto dei lettori a conoscere.

Sono lì a dimostrarlo le inchieste del Sole 24 Ore sulla bomba dei contratti derivati, sugli scandali bancari, sulla distruzione e spoliazione di Alitalia. Come direttore del Corriere della Sera non deve essere stato il più gradito a Silvio Berlusconi soprattutto dopo aver pubblicato le serate eleganti con Patrizia D’Addario.
Troppo simpatico non sarà stato neppure a Matteo Renzi, protagonista di una scenataccia contro un giornalista del Corriere colpevole di averlo seguito in vacanza per fare semplicemente il suo lavoro da cronista. Sarà stato un caso ma De Bortoli per due volte ha dovuto lasciare la stanza più importante di via Solferino: sotto il governo Berlusconi e sotto il governo Renzi, poco dopo l’articolo sull’“odore stantio di massoneria” nel Giglio Magico.

Quanto a Grillo, De Bortoli scrive che “come tutti gli uomini di potere ama gli adulatori e gli scendiletto, detesta i disturbatori e gli articoli sgradevoli tende a rimuoverli con gli insulti”. Anche Gianroberto Casaleggio, leggiamo, “aveva un atteggiamento simile, era convinto che la stampa tradizionale fosse soltanto una propaggine dell’articolazione del potere all’interno di una società, tendeva a escludere l’indipendenza che è il portato della preparazione e della coscienza del ruolo di un buon professionista”. De Bortoli è la dimostrazione di quanto sia miope generalizzare sul ruolo della stampa. Perciò non potendolo (ancora) licenziare, i 5Stelle almeno lo ringrazino.

Antonio Padellaro

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La conferma di Ferruccio De Bortoli

In viaggio di Stato tra Argentina e Uruguay, e dunque lontano dai palazzi romani, il presidente Sergio Mattarella osserva con attenzione l’ultimo capitolo della saga Boschi-Etruria. Il Quirinale segue la complessa vicenda e Mattarella s’informa sugli sviluppi. Al rientro a Roma, previsto domani, il Colle affronterà la questione. Normale. La smentita del sottosegretario Boschi non prevale sull’episodio raccontato con precisione dall’ex direttore del Corriere e le conseguenze riguardano la stabilità del governo e la credibilità delle istituzioni.
Neanche con troppo impegno, invece, i renziani producono congetture per occultare la notizia su Maria Elena Boschi rivelata da Ferruccio de Bortoli nel libro Poteri forti (o quasi): l’allora ministro per le Riforme suggerì a Federico Ghizzoni – all’epoca amministratore delegato di Unicredit – di acquistare Etruria, la popolare affondata dai debiti di cui papà Pier Luigi era vicepresidente. Il ministro Luca Lotti si applica parecchio: “È un attacco per coprire i rifiuti a Roma”.
De Bortoli conferma la versione fornita e aggiunge in riferimento al silenzio di Ghizzoni: “Penso che i banchieri siano tenuti a una certa riservatezza, c’è un comunicato della banca che ha svelato che il dossier su Etruria l’ha aperto, e comportandosi bene, l’ha subito richiuso”. Come ricostruito dal Fatto, dopo le sollecitazioni di Boschi, l’ad di Unicredit affidò il dossier a Marina Natale, la responsabile delle strategie del gruppo. E poi De Bortoli fa notare un “dettaglio” spesso ignorato: “Quella di Etruria è una storia di massoneria. È stato dimostrato che in qualche modo la massoneria c’entrava perché sennò il padre del sottosegretario non sarebbe andato a incontrare Flavio Carboni. Era noto che Elio Faralli (a lungo presidente della banca, ndr) fosse un appartenente alla massoneria toscana”.
Boschi finge una serenità ormai smarrita, appena mercoledì è scappata da una conferenza stampa a Palazzo Chigi per evitare i cronisti. Ieri s’è rinchiusa in “cabina di regia” al Nazareno con il segretario Renzi e gli altri ministri per una riunione più mediatica che politica. Ma l’emergenza è la strategia difensiva, un po’ vacillante, perché gli avvocati dell’ex ministro sembrano abbastanza spaesati: “Querelare De Bortoli? Le cose si valutano, è inutile fare gli annunci. Guardiamo le carte”, spiega il suo legale Vincenzo Zeno Zencovich. E poi azzarda: “Ho motivo di ritenere che questa richiesta (a Unicredit su Etruria, ndr) fosse stata avanzata da mesi da Banca d’Italia e che non ci sia stato nessun intervento, così come viene raccontato in questo libro”.
Un paio di errori in una frase. Nel passaggio contestato da Zencovich, De Bortoli non ha citato l’istituto di via Nazionale e l’episodio porta la data del 2015. Le ispezioni di Banca d’Italia – già nel 2013 – s’erano concluse con un’indicazione generale: Etruria doveva cercarsi un “partner di elevato standing”, cioè una banca più grande e meglio messa per essere assorbita. Forse Boschi ha pensato che Unicredit fosse quella ideale.

Carlo Tecce | 12 maggio 2017

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