L’Europa festeggia il venticinquennale con libagioni, festini e cotillons
Non perdono occasione per far bisboccia, questi “custodi” dell’Unione Europea. Per scambiarsi brindisi e voti augurali non vanno tanto per il sottile, arrivando perfino a violentare le immutabili leggi della matematica. E, così, una Unione Europea che ha appena toccato i 25 anni (fu fondata nel febbraio del 1992) se ne è vista attribuire addirittura 60, con conseguenti tavolate, libagioni, ricchi premi e cotillon. Tanto – sia detto per inciso – paga sempre Pantalone.
Il trucco sta nell’avere considerato come data di nascita dell’UE quella della CEE, la Comunità Economica Europea, che risale appunto a sessant’anni fa (1957). Poco importa che la CEE fosse una semplice unione doganale, nulla a che spartire né con una moneta unica né con la globalizzazione economica, né con la rapina delle sovranità nazionali né con il massacro sociale imposto dai “mercati”. Non c’entra proprio niente. Sarebbe come se, invece di festeggiare il mio compleanno, decidessi di festeggiare quello del cognato della levatrice che a suo tempo m’aiutò a venire al mondo.
Ma, tant’è. Oramai non si teme più il ridicolo, come dimostrano gli spropositi distribuiti a piene mani nel corso della “memorabile giornata” di sabato scorso. Uno per tutti: la pace in Europa dopo la seconda guerra mondiale sarebbe stata assicurata proprio da questa Unione Europea, senza la quale – forse – saremmo tornati alla campagna di Russia o allo sbarco in Normandia. Chissà come abbiamo fatto a mantenere la pace fino al 1992, fino ai parametri di Maastricht ed alla Banca Centrale Europea? Naturalmente, nessuno fra cotanti brillanti pacifisti si è spinto fino a considerare le guerre che, prima e dopo Maastricht, gli esportatori di democrazia all’uranio impoverito sono andati disseminando appena al di là dei confini dell’UE, spesso anche con la partecipazione di noi bravi sudditi atlantici: penso alle sporche aggressioni contro la Serbia, la Libia, e – ancorché malamente mascherata – contro la stessa Siria. E penso, soprattutto, ai tentativi frenetici di spingere la Russia ad intervenire in Ukraina, onde avere il pretesto per scatenare una terza guerra mondiale.
Lasciamo stare dunque la pace (cosa troppo seria per essere materia di barzellette eurocratiche), e veniamo ai motivi veri di questi strani festeggiamenti. Si è voluto, palesemente, creare un palcoscenico da utilizzare a fini propagandistici: per tentare di far passare per “Europa” questa Unione che è in realtà anti-europea, per gabellare come “valori dell’Europa” quelli che sono valori anti-europei, per affermare come “interessi dell’Europa” quelli che sono interessi anti-europei; per tentare di farci il lavaggio del cervello, per convincerci che la globalizzazione finanziaria, il mondialismo economico e politico, il massacro sociale, l’immigrazionismo, il multiculturalismo siano “Europa”, quando invece sono i nemici dell’Europa; e, soprattutto, per convincerci che dobbiamo continuare così, senza scantonare dal “politicamente corretto”, senza cedere alla tentazione di difenderci votando per i “populisti”.
Ecco, è proprio il populismo il convitato di pietra di questi assai strani festeggiamenti. Anzi, non sarebbe azzardato dire che il 60° farlocco di Roma è stato concepito per esorcizzare, dopo il trionfo del populismo inglese e l’uscita della Gran Bretagna, la possibile vittoria del populismo francese alle imminenti elezioni presidenziali d’oltralpe.
Già, perché i sondaggi veri sul voto francese dicono cose ben diverse rispetto a quelli offerti al pubblico. Secondo i bollettini ufficiali – compiacentemente replicati da giornali e tv italiani – la Le Pen ed il Renzi parigino sarebbero là là, entrambi attorno al 25%, ad una incollatura l’uno dall’altra e, in ogni caso, con il candidato europeista destinato a trionfare indubitabilmente al secondo turno.
Vi faccio una “soffiata”: non è vero. Cose assai diverse dicono i sondaggi reali, quelli che affluiscono dalle prefetture e dalle antenne dei servizi, le rilevazioni “sous le manteau”, sotto il mantello. Si era già capito dalle facce da funerale che – ormai da qualche settimana – circolavano in tutti gli augusti consessi dell’Unione e dei governi associati. Ma adesso è arrivata la conferma ufficiale, dal momento che la congiura del silenzio è stata rotta da un giornalista dell’autorevolissimo “Le Figaro”, Ivan Riufol. Dunque, secondo i sondaggi riservati, la Le Pen stravincerebbe al primo turno con il 34% dei suffragi, con un risultato talmente netto che ben difficilmente potrebbe essere ribaltato al secondo turno. Inoltre – è la mia sensazione – questa volta l’elettorato gollista (tradizionalmente nazionalista e antieuropeo) non sarebbe disponibile a votare per il primo venuto in nome di supposti “valori dell’Europa” che agli europei piacciono sempre meno.
Cosa vuol dire tutto ciò? Che la Le Pen ha già vinto? Certamente no. Vuol dire, semplicemente, che la partita francese è tutta da giocare, e che la bella Marine ha in mano le carte che le consentirebbero di vincere.
Ecco perché tanti musi lunghi alle celebrazioni di questo strano sessantennale. Perché, dopo la batosta della Brexit, sono in molti a temere che in Francia si stiano preparando i funerali per questa Unione disunita, per questa Europa anti-europea.
Michele Rallo – ralmiche@gmail.com