Il meraviglioso inciucio: “Sette pianeti, come le sette sorelle, confondono il cielo di Madre Russia”
Il meraviglioso inciucio Cia-neocon-Pentagono-radicalchic-dirittoumanisti-sionisti-armieri che Donald Trump ha avuto il merito – tra i tanti suoi andirivieni – di portare alla ribalta, peraltro esclusivamente in virtù della sua non partecipazione allo tsunami russofobo su cui si basano almeno trent’anni di imbandigioni e festini della classe dirigente euro-atlantica, pare aver di fronte una Russia che, come la mia Fiorentina, insiste col possesso palla, ma poi resta frastornata davanti alle ripartenze dell’avversario.
Cari amici e interlocutori, affezionati come me al ruolo di contenimento, se non di contrasto, che la Russia di Putin svolge nei confronti del bellicismo delirante dello Stato Profondo attivo negli Usa, sembrano non voler vedere le difficoltà che Mosca sta avvertendo e soffrendo. Difficoltà che si accentueranno una volta che la variabile impazzita Trump sarà stata spazzata via e che l’apparato atlantico-liberal-pseudosinistroavrà ripreso il controllo di una situazione da mantenere costantemente sul filo altamente remunerativo della tensione con la Russia – provocazioni Nato dirette e da far condurre ai subalterni europei – se non sia quel campione degli scacchi che sa prevenire o neutralizzare ogni mossa avversaria ha un che di apodittico, quasi religioso.
Temo invece che l’assalto frontale diretto contro la Russia e contro chi osa mettere in discussione il carattere malvagio di Putin e di tutto un popolo che lo supporta all’80% stia provocando esitazioni ed incertezze sul piano tattico, con possibili esiti controproducenti su quello strategico.Temo che sia poco avveduto diluire la propria azione di rivendicazione e in difesa delle giuste ragioni che in questi anni si sono sostenute, di fronte al radicalismo estremista con cui la coalizione sinistro-destra occidentale attacca (si pensi che, opponendosi a Trump, per la “sinistra” e il manifesto, perfino John McCain, il padrino di Al Baghdadi e dei nazi di Kiev, è diventato un “compagno di strada” che nemmeno sbaglia).
A chi arriva la testa mozza di un maiale, a chi quattro cadaveri di ambasciatori
Questi non si fermano davanti a niente. Hanno sacrificato 3000 dei loro il’11 settembre e fatto sparire almeno 3 milioni di umani dal 1991. Questi sono quelli di Abu Ghraib. Questi pubblicano rapporti del Senato sulle loro stesse torture, tanto nessuno, tantomeno Amnesty e consorelle, ci fa caso. Sono un branco di belve che, assaporato sangue in Afghanistan, Libia, Siria, Iraq, Yemen, non si sognano di rinunciare al banchetto grosso. In tre mesi sono morti 4 alti rappresentanti dell’establishment russo all’estero. Novembre 2015: Mikhail Lesin, fondatore dell’odiatissima, perché anti-fake news, tv russa in inglese RT e consigliere di Putin, muore in un albergo di Washington. L’autopsia rivela un forte trauma cranico, le indagini si fermano lì. Gennaio 2017: diplomatico russo in Grecia viene trovato morto nel suo bagno. Nessuno apre un’indagine. Sempre a gennaio Alexander Kadakin, ambasciatore russo in India (paese che gli Usa vogliono strappare al Patto di Shanghai e perciò attivano ondate di terrorismo nel nemico Pakistan, che solo un Emanuele Giordana del manifesto riesce ad attribuire ai Taliban) muore di infarto. Non aveva mai sofferto di cuore. A dicembre 2016 viene ucciso Andrej Karlov, ambasciatore russo ad Ankar. e principale artefice del riavvicinamento turco-russo. Totale, scandalosa assenza di misure di sicurezza. I servizi segreti turchi sono tuttora integrati alla Cia. Giorni fa muore, di nuovo d’infarto, senza aver mai segnalato problemi cardiaci, un assoluto protagonista della diplomazia mondiale: Vitaly Chirkin, autorevolissimo e rispettato ambasciatore russo all’ONU, che era riuscito a far passare al Consiglio di Sicurezza la mozione per la tregua in Siria.
Ambasciatori che portano pena
Tutti questi decessi, così ravvicinati, sono avvenuti fuori dalla Russia.Tutte le vittime erano protagoniste di iniziative diplomatiche favorevoli alla riduzione delle tensioni e a buoni rapporti della Russia con gli Usa e il resto dellì’Occidente, con Grecia e Turchia in particolare. Intollerabile nella visione delle cose dei neocon cum Cia et sinistera sinistra. Come corredo ai sacrosanti dubbi che una storica macchina assassina come gli Usa e USraele deve suscitare, c’è il contributo alla morte di Churkin offerto dalla talmudista Sarah Kenzior, una dai neocon acclamata “esperta di Stati autoritari”, nota per le mediocri storie horror sui nazi razzisti di Trum nascosti sotto il letto: Churkin sarebbe stato ammazzato da Putin, o dal suo fantoccio americano Flynn, perché sapeva troppe cose circa l’agente KGB in sonno Donald Trump e avrebbe potuto rivelarle. Non ridete: negli Usa le fake news sono quelle che scriviamo noi. Peccato che Churkin aveva documentato di aver incontrato Trump solo due volte, trent’anni, fa in occasione di incontro tra uomini d’affari.
Alla paranoica aggressività del fronte di guerra, la Russia risponde con avvedutezza diplomatica, ma anche con reticenze e ambiguità che richiederebbero chiarimenti e che vorrei proprio poter attribuire ad accortezza e lungimiranza. L’unica reazione decisa alle provocazioni di Nato e Poroshenko mi è sembrata quella del riconoscimento da parte delle autorità russe dei passaporti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk e degli altri documenti la cui assenza aveva privato quei cittadini di ogni status giuridico: certificati di nascita, patenti, targhe, eccetera. E un piccolo passo verso il riconoscimento delle repubbliche, contro gli accordi di Minsk e contro la finora avallata integrità territoriale dell’Ucraina.
Le situazioni contraddittorie si evidenziano soprattutto in Medioriente. Intanto il vertice Astana 2 Russia-Iran-Turchia-Opposizioni,,in Kazakistan è stato fatto fallire fallito con lo schiaffo dato a russi e iraniani da turchi e opposizioni siriane a con il loro arrivo in ritardo tale da non potersi più approvare la dichiarazione prevista per l’incontro di Ginevra. Il che ci dice qualcosa sul’intesa Putin-Erdogan. Altri schiaffi arrivano, brucianti, da Israele che continua a bombardare impunemente la Siria, e specificamente Damasco, ogni qualvolta i suoi ascari jihadisti si trovano in difficoltà. Ieri sono state colpite le installazioni militari sul monte Qalamoun che sovrasta Damasco, mentre l’Esercito Arabo Siriano stava ripulendo alcune sacche di terroristi nei sobborghi della capitale. Giorni fa l’esercito siriano è stato colpito da Israele sul Golan, nel governatorato di Quneitra. La Russia ha ritenuto opportuno avviare un dialogo con l’asse israelosaudita, gli israeliani fanno le loro nefandezze, Mosca tace. Cautela. Ok.
Erdogan si pappa pezzi di Siria e tu che fai?
Ma poi c’è la questione davvero surreale di una Russia partecipe della lotta di liberazione siriana, con Damasco che insiste correttamente sulla riconquista di ogni centimetro quadrato della patria, e di una Russia che affianca, insieme agli Usa, la penetrazione dei turchi del despota pazzo Erdogan in territorio siriano. Con il rischio che intorno alla strategica città di Al Bab, sotto controllo Isis, le due composite parti si trovino faccia a faccia, chi proveniente da Nord, chi da Sud. Intanto gli Usa che affermano di bombardare l’Isis unitamente a russi e turchi, sostengono i curdi che continuano a mangiarsi fetta dopo fetta della torta arabo-siriana, e i russi ancora brigano per riallacciare rapporti con quegli stessi lanzichenecchi degli Usa. Erdogan occupa oltre 2000 km quadrati di Siria, dichiara ogni due per tre che non intende lasciare i territori occupati, viola spudoratamente la sovranità siriana, per la quale la Russia è da tre anni impegnata alla morte, militarmente, finanziariamente, politicamente. Con la sua faccia. Come è possibile condividere una simile situazione con i turchi, che evidentemente giocano una partita tutta loro e contro il popolo e governo protetti della Russia? Inesorabilmente qui casca l’asino.
Non ci si illuda che Erdogan sia sincero nella vantata guerra all’Isis, milizie da lui co-create, foraggiate, armate, addestrate, in combutta con Golfo e Nato. Il dissidio è strumentale, contingente, esibito. Domani e sotto sotto succedono altre cose. Se Usa e Turchia volessero far fuori questi loro apprendisti, li bombarderebbero, insieme ai russi, a Palmira e Raqqa, obiettivi per i quali si ha la sensazione che i siriani siano stati lasciati soli. Finora la coalizione a guida Usa ha essenzialmente distrutto infrastrutture e depositi cruciali della Siria e ha ovunque agevolato l’avanzata o, al peggio, la salvaguardia dell’Isis. Non ci si illuda neanche su Trump e variopinta combriccola. S’è visto al tempo dell’attacco alla Libia, quando all’ONU gli aggressori giuravano che si trattava di proteggere la popolazione con una no-fly-zone e basta, a cosa è servito illudersi.
Io voglio fare ogni sforzo per capire pesi e contrappesi, utile e dilettevole, pizza e fichi, geopolitica e il cortile di casa mia, locale e globale, morale e realistico, pragmatico e ideale. Ma su uno che per sei anni ha scatenato l’inferno sulla Siria e ora vorrebbe mangiarsene un pezzo, su uno che in faccia all’alleato russo, che pensa il contrario, spara “io entro in Siria per porre fine al ruolo di Assad”, non ci sto. Transigere qui significa aprire una falla nel rapporto di forze – oltreché nella giustizia – che quella apertasi nella diga della California è un rigagnolo. Poi cos’è questo silenzio davanti alle reiterate invocazioni trumpiane di “save zones” in Siria, dove ammassare profughi e sfollati. Non suona come la “fascia di sicurezza” in Siria proclamata da Erdogan? E poi questi tira e molla: quante volte Mosca ha annunciato ed effettuato il ritiro delle sue forze, la fine del suo intervento e quante volte è tornata in forze e ha ripreso l’intervento. Come se a Mosca ci fosse un tira e molla tra fazioni opposte. Spesso certe tregue sono servite a gettare un boccone di buona volontà nelle fauci di presunti amici, impazienti avversari, disinformatori e disinformati, mentre intanto i turchi rifornivano, riarmavano e i terroristi, bastonati, si rinfoltivano e riorganizzavano.
Infine la già vexata questio della Costituzione, che Damasco vuole unitaria e i russi propongono federale, come se spettasse a loro (ha commentato l’inviato siriano all’ONU), con dentro il seme di una spartizione che era nei lunghi piani imperialsionisti e che fa gorgogliare di saliva le bande curde, Ankara, Tel Avivi e petrosceicchi. E se il neo-capo Cia Pompeo è corso a Riad a dare la massima onorificenza della Cia “per la lotta al terrorismo” al principe ereditario saudita che, nell’armadio, ha centinaia di migliaia di cadaveri siriani, Mosca ha subito risposto con la prestigiosa Accademia delle Scienze russa che ha eletto Henry Kissinger suo membro “per meriti conseguiti con i suoi studi globali” (con i quali, tra le altre cose, dopo aver inserito l’America Latina, a forza di garrota, nel contesto Usa, ha fatto a Mosca il regalo di Maidan. Tra le motivazioni per il riconoscimento scientifico ci deve essere la scoperta di Kissinger, frugando tra gli effetti del terrore e delle guerre scatenati in tutto il mondo, che “il potere è l’afrodisiaco estremo” .
Più va bene per Mosul, più va male per Amnesty
Alla faccia di questi arcipelaghi di sconcerto e di dubbi, c’è la consolatoria certezza della vittoria irachena a Mosul. Si parlava, con cinico scetticismo delle misere capacità dell’esercito iracheno e delle sue Forze di Mobilitazione Popolare (interetniche, a dispetto di chi si ostina definirle scite) di fronte al troppo grosso oggetto del contendere (tra Isis, turchi, curdi e iracheni). Che ci sarebbero voluti mesi, anni. Mentre Mosul Est è già libera e ora si sta rapidamente avanzando su Mosul Ovest, al di là del Tigri, su cui tutti i ponti sono stati fatti saltare, dove già è stato preso il cruciale aeroporto. Dopo che le milizie popolari erano riuscite a bloccare il deflusso di mercenari da Mosul verso Raqa, sotto protezione aerea e delle Forze Speciali Usa, dopo che i peshmerga, pretoriani dei boss feudalmafiosi Barzani e Talabani, cari a Occidente e manifesto, erano scomparsi dalla scena, i 2000 jihadisti non potranno che vendere cara la pelle e farla saltare a quei civili che osassero tentare la fuga verso i liberatori.
E qui, pedissequamente ripetitivo, non poteva non entrare in campo l’intendenza delle armate bellico-mediatiche di Usa e Israele, composta dalle tre Moire, figlie della Notte per Esiodo, figlie dell’Impero per noi, figlie di zoccola per molti, con in mano il filo della vita degli umani, da tessere o da recidere. Da tessere, al momento, quella dei mercenari nelle guerre surrogate, scatenate dal signore delle Moire. Da recidere, possibilmente quella di tutti gli altri. Si parla di Amnesty International, Human Right’s Watch e Save the Children, con associate Ong varie. Tutte benemerite vivandiere delle armate, già fattesi conoscere per le strampalate affermazioni sui 13mila strangolati da Assad, sui mercenari stupratori di Gheddafi, sulla pulizia etnica di Milosevic. In perfetto sincronismo, ricevuto l’ordine del giorno dall’alto, hanno ripetuto le geremiadi sull’Aleppo votata al genocidio, zeppa più di bambini (evidentemente nati anche per partenogenesi) che di abitanti, con gli ospedali fracassati, la fame, la sete, le bombe-barile di Assad e il resto delle note puttanate. Stereotipamente, ma a voce resa altissima dall’eco offerta dai media unificati e dai soci di minoranza. Da noi, quelli scoperti, come Un Ponte per… e quelli travestiti, come “il manifesto”.
E non mancate di notare la coincidenza di questi rapporti su quanto di orribile gli iracheni faranno a Mosul Ovest, come iracheni, come sciti e come longa manus dell’Iran, con l’ammissione fatta dal Pentagono, dopo lunghi dinieghi, che, sì, è vero: sono state impiegate armi all’uranio contro l’Isis. Però in due occasioni soltanto. Contro le loro colonne di autocisterne. Due particolari a corredo: le colonne di cisterne col petrolio rubato ai siriani e iracheni e destinato al sultano Erdogan, le aveva bombardato solo la Russia, gli Usa se n’erano ben guardati; scienziati e medici in Siria documentano che, invece, l’uranio è stato impiegato in lungo e in largo su tutto il paese che ora è irrimediabilmente contaminato, con in sorte quanto di raccapricciante io avevo visto nei bambini nati deformi e nell’incremento dei cancri del 100%, durante le mie visite in Iraq tra il 1991 e il 2003, e in mezzo anche in Serbia, dopo il passaggio di Bush, Clinton e Obama.
In fondo quei jihadisti che bruciano, annegano, crocifiggono sono esseri umani…
E’ tutto uno stracciarsi le vesti su cosa incombe sulla povera Mosul Ovest, sui civili, sui bambini, stretti nei loro vicoletti dove si può avanzare soltanto radendo al suolo ogni cosa animata e inanimata. Che quella gente, come quella di Aleppo e di tutti i centri abitati occupati dall’Isis, da tre anni subisce una sorte atroce, viene decimata per un respiro non esattamente integralista, per un mancato omaggio al califfo, per una radio ascoltata, per un televisore posseduto, per la punta di un naso mostrata, viene scuoiata, giustiziata in massa, stuprata nei matrimoni a ore, incendiata, tutto questo è passato in cavalleria. Il “male assoluto” delle depistatrice Hannah Arendt sta in chi è costretto a usare la forza per porre fine a tutto questo. La gioia, l’esultanza, la gratitudine manifestata ogni volta dai liberati ai loro liberatori non hanno il benché minimo rilievo cronachistico e tantomeno storico.
… anche rivoluzionari e sicuramente la Libia gli andava data in pasto (Rossana Rossanda)
E anche qui, in tutte le recenti occasioni create dallo Zeitgeist delle larghe e indiscriminate intese, comprese quelle che vorrebbero innalzare patiboli a Trump e scavare fosse ai “populisti”, il fronte è larghissimo e unisce neocon a pacifisti, servizi segreti e relativi squadroni della morte a dirittumanisti, neoliberisti e libertari, fautori del pubblico e fautori del privato. Il fenomeno può sorprendere qualcuno per la sua tracotante e spudorata visibilità, ma vi assicuro, parte da molto lontano. Pensate a quando Rossana Rossanda, ancora in capo al “manifesto”, strappò le orecchie all’onesto inviato a Tripoli, Maurizio Matteuzzi, che aveva osato, alla vista delle cose reali, di contrastare la narrazione imperial-talmudista-rossandiana del Gheddafi brutale dittatore e dei rivoluzionari democratici che avrebbero dovuto essere sostenute da brigate internazionali come quelle di Spagna. Tocco poi a noi farlo, con le immagini e le voci, e ne ricavammo anatemi.
Il 23 febbraio 2017, nel “manifesto” che è quello che è, la ragazza del secolo torna a ciabattare gossip e pontificare astruserie contemplative dagli agi di Parigi. E’ sempre quel “manifesto” che a noi, radical–non-chic del ’68-’77, parve da subito un’abile tentativo di pompieraggio: Gli Usa non vogliono il PCI in area potere? Ok, lo spacchiamo. Ma vediamo anche di non dare troppa corda a questi che vogliono fare la rivoluzione, addirittura battendosi in piazza. Un “manifesto” oggi tutto lustrato, orgogliosamente patinato e per niente più finto pauperistico, senza più angustie da mancanza di fondi (toh!) che, in odio ai populisti tutti, s’è fatto addirittura John-McCainiano, perché il vecchio tirapiedi degli armieri guida le turbe contro Trump; e addirittura palazzinaro, perché Raggi e Grillo non vogliono l’eco-esteto-socio-catastrofe a Tor di Valle; e perfino pro-uberiano, visto che la sindaco/a è scesa in piazza a sostenere la vandea tassinara che non accetta di dover sottostare a regole di cui la liberalizzazione (dalla “lenzuolata” di liberalizzazione del neo-rossastro Bersani, alla totale liquidazione dell’industria manufatturiera italiana, fino alla distruzione dell’Alitalia privatizzata) concede l’esenzione agli amici degli amici.
Ragione di più per stare con Raggi (tanto più ora che lo scempio di Tor di Valle pare evitato) e con i tassisti e contro chi li picchia con mazze o parole. Quanto a Trump si vedrà. Dall’altra parte, comunque, insiste a manifestarsi di peggio. E diciamo anche che chi piange su Mosul in corso di liberazione dimostra una volta di più di essere al servizio di coloro che i jihadisti li hanno creati, mandati e che continuano a usarli. A partire dall’infinitamente amata e compianta Hillary Clinton. Hai voglia a chiamarti “quotidiano comunista”.
Fulvio Grimaldi – fulvio.grimaldi@gmail.com