Democrazia, imperialismo, “dirittumanismo” … politica interna e politica estera

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Una politica interna ha ovviamente riflessi su quella estera. Ma i riflessi non sono meccanici, del tipo politica interna buona=politica estera buona. Quella è la lettura totalmente ideologica che dà la sinistra, e sulla quale costruiscono le loro trappole, tipo la mobilitazione internazionale anti Trump, i neo-liberal-cons, cioè i peggiori criminali interni e internazionali attualmente sulla piazza.

Le cose vanno in modo molto diverso.

La politica interna dell’Impero Britannico era molto evoluta, anche quella riguardo la classe operaia, tanto che Lenin parlò di “aristocrazia operaia”. Ma la contropartita era la spoliazione inumana delle colonie, che solo in India costò decine di milioni di morti. Da che parte bisognava stare? Lenin e gli antimperialisti non stavano di certo con il “progredito” Impero Britannico.

La politica interna di Johnson e Nixon è stata migliore di quella di Reagan, ma quella estera proprio no. In particolare la “Great Society” di Lyndon Johnson, ovvero il più grande passo avanti del welfare statunitense è coinciso con la più fosennata escalation della guerra del Vietnam. Tanto è vero che si parlava di politica di “guns and butter”. In altre parole, gli statunitensi stavano meglio ma i vietnamiti morivano a centinaia di migliaia. Da che parte bisognava stare? Noi all’epoca facemmo una scelta: eravamo molto poco interessati alla “Great Society” di Lyndon Johnson, ma molto interessati e inferociti per la sua escalation e i suoi bombardamenti. E lo sai perché? Perché c’era un forte movimento operaio, perché c’era l’Unione Sovietica e perché in qualche misura si usava ancora il concetto di “imperialismo”. Perché non avevamo ancora datto il cervello all’ideologia dell’avversario, forse perché era ancora un’ideologia grezza, che tutti potevano facilmente riconoscere. Sicuramente perché Ho-Chi-Min si definiva “comunista”.

E noi di sinistra siamo tanto attaccati alle parole!

Oggi il concetto di “imperialismo” è in disuso, al suo posto è subentrato il “dirittumanismo” e l’idea di conflitto di classe si è edulcorata in una sua variante. Al posto del movimento operaio e comunista abbiamo una melassosa “mentalità di sinistra” che ha sfornato, negli Usa e in Europa, i neo-liberal-cons, e la sua ideologia liberal-imperialista. Il progressismo della Clinton e di Obama è in perfetta continuità con Bush jr, che andava infatti ad esportare “democrazia”. E che cosa c’è di più bello al mondo della democrazia?
Ma Bush non andava bene, perché era di “destra”. Obama che ha fatto cose addirittura peeggiori invece va bene, perché è di “sinistra”. E chi lo dice? Lo dicono loro.
Sono i neo-liberal-cons che adesso chiamano alla mobilitazione internazionale preventiva contro Trump. Tra l’altro per preparare il terreno a una sorta di colpo di stato negli Usa, una cosa già in sé pericolosissima per tutto il mondo.

Ma noi di sinistra siamo molto attaccati alle parole!

Trump, Le Pen, Farage sono il frutto proprio del disarmo della sinistra e prima ancora della sua sconfitta storica. Però attensione, la Le Pen fa una politica gaullista, con la differenza che De Gaulle aveva fatto la resistenza ai nazisti mentre la Le Pen è figlia di un fascista. Così, cè da giurarci, dovesse la Le Pen vincere le presidenziali, la sinistra di tutta Europa sarebbe prontissima a mobilitarsi contro il “pericolo fascista” in Francia, sollecitata da campioni come i Socialisti francesi, Bernard-Henri Levy, Bernard Kouchner o Daniel Cohn-Bendit. E, ovviamente, tutto il cucuzzaro di sinistra italiota.

Perché noi di sinistra siamo molto attaccati al’ideologia, alla tradizione, alle parole e alle definizioni: meglio Hollande che Le Pen! Ovvio, no?

Trump in politica estera vuole fare la politica di Reagan, cioè “la Pace attraverso la Forza”. Una politica che di sicuro prevede un riarmo, ma che è una cosa ben distinta dalla politica forsennatamante imperialistica dei neo-liberal-cons à la Clinton e à la Obama, che per parte loro hanno fatto raggiungere alla spesa militare statunitense punte da primato.
Trump vuole reindustrializzare gli Usa, i neo-liberal-cons vogliono drenare ogni goccia di ricchezza verso la finanza. E questa differenza fa anche una grande differenza nella politica estera, perché la finanziarizzazione porta necessariamente alle guerre, la reindustrializzazione non necessariamente (ripeto, non ho detto “no”, ho detto “non necessariamente”), e in più si può adattare a un mondo multipolare.
Ce la farà Trump a fare queste cose? Io penso che se anche si sbarazzerà delle trappole neo-liberal-cons avrà davanti a sé una strada tutta in salita. Molto in salita. Ne riparleremo, se vuoi, perché è un discorso complesso, ma l’importante è che, per fare solo un esempio, con Trump diverse migliaia di Siriani possono sperare (pur non senza averne la certezza) di arrivare al 2018. Con Clinton, no. E con Clinton nemmeno noi Europei saremmo così sicuri di vedere tutti il prossimo anno.
Vogliamo togliere loro quella speranza perché Trump ha denigrato Fidel Castro? Vogliamo toglierla ai nostri figli perché Trump ha detto che vuole reimpatriare gli irregolari (che di solito crepano nel deserto grazie alla politica di accoglienza di Obama)?

Io non me la sento.

E nei fatti è di Obama il muro tra Messico e Usa di 3000 km, l’ho filmato nel mio documentario; squadre di volontari “Minutemen” con licenza di uccidere mandati a quel confine contro i migranti; 1,5 milioni di immigrati espulsi, la cifra più alta nella storia Usa; più neri uccisi da una polizia da lui militarizzata e mai riportata all’ordine).

Eppoi, noi stiamo tutti con gli afroamericani e gli ispanici, ma stiamo in misura attualmente più urgente con le vittime dei genocidi obamian-clintoniani in Siria, Afghanistan, Libia, Iraq, Yemen e così via.
E preferiamo di molto Malcolm X che voleva la rivoluzione sociale dei neri e di tutti, a Luther King e Mandela che volevano l’inserimento dei neri nel capitalismo bianco.

Contro Trump attualmente so è mobilitato il “meglio del meglio” della società occidentale e forse riusciranno a impeacharlo o addirittura ad assassinarlo: gli toglie i proventi e i poteri di una guerra alla Russia (da far fare agli europei). Così torna Obama Tris, o magari Hillary. Sareste d’accordo?

Piotr

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