I libri del diavolo… grande successo editoriale
Dietro ogni successo editoriale di livello planetario, come succede da qualche anno a questa parte soprattutto per un certo filone pseudo-spirituale e pseudo-esoterico, c’è sempre un’altrettanta mastodontica mistificazione.
Se ci si chiede infatti perché e come certi libri di un settore tutto sommato minoritario possano vendere tanto (si parla addirittura di cento milioni di copie per il Codice da Vinci o giù di lì) il primo indizio va certamente ricercato nella sindrome del pecorone, da cui è tristemente afflitto il genere umano. Ma la cosa va più in profondità, e il qualunquismo generalizzato di oggi da solo non basta a rendere ragione di certe cifre di vendita. Ci sono altri due (o forse tre, a ben pensarci) motivi ben in evidenza, secondo me: il primo è che oggi la gente, nella banalità di una vita inscatolata e confezionata a livello industriale come quella di oggi del mondo almeno occidentale ha bisogno di qualche valvola di sfogo che la riavvicini in qualche modo a un senso del trascendente, del magico, del soprannaturale con cui l’umanità – o almeno una buona parte di essa -aveva una certa familiarità fino all’illuminismo, quando è stato buttato via il bambino con l’acqua sporca del bagnetto. La cosiddetta “scienza” (cioè in realtà ignoranza dei piani non identificabili sensorialmente: dunque ottusità) ha sepolto in questo modo una parte molto importante – anzi fondamentale – dell’uomo, quella che lo faceva stare in contatto con le sue vere radici e il “vero” senso dell’esistenza, che non si trova certo sul piano esclusivamente terreno.
Dunque questa produzione pseudo-letteraria (ma pseudo-tutto, in realtà,poiché non è che carta straccia) risponde appunto a questa esigenza:ma in modalità di “toccata e fuga” superficialmente, in modo talmente epidermico da potersi paragonare all’inoculazione di un vaccino che reca con sè una minima parte della patologia, di modo che poi se ne sia immuni. Così facendo (e certamente tutto ciò non avviene a caso ma è pianificato, se non intenzionalmente almeno a livello di inconscio collettivo) la gente si illude di avere la sua parte di Soprannaturale mentre non glie ne viene dato che un misero surrogato, un succedaneo fasullo e, appunto ,illusorio: ma al tempo stesso letale perché, dall’altro lato,gli impedisce di entrare in contatto con quelli che sono i veri principi della spiritualità. Intanto tutti si sentono spirituali,e tanto basta.Ma a qualcuno conviene che rimangano così come sono: illusi di aver toccato chissà quale livello di elevazione ,ma fondamentalmente sempre uguali a se stessi,specchio malato della società bacata di oggi.
Un altro motivo è che la massa, secondo un detto latino: “vulgut vult decipit: ergo decipiatur” (cioè “il volgo-la massa- vuole essere ingannato:dunque lo sia”) predilige quelli che potremmo definire “falsi profeti”,perchè essi propongono ingannevolmente un percorso che esime dal duro e impegnativo lavoro interiore; un cammino facile e comodo,in cui adagiarsi con tutto agio, cosa che non può che essere un grosso richiamo all’uomo di oggi, cullato fra elettrodomestici e new age, fra talk show che esibiscono la peggio deficienza dell’universo e corsi di auto-miglioramento (a pagamento, naturalmente), fra Sanremo e meditazione fai-da-te. La favola un po’ fraudolenta di Harry Potter perlomeno aveva argutamente coniato il giusto termine per costoro: “babbani” ,misto fra babbei e villani.
E veniamo allo specifico della “lista nera”, con i nomi più insospettabili, aldilà dell’ormai ampiamente smascherato Dan Brown che si è inventato tutta un’altra “ultima cena” di Leonardo, un priorato di Sion inesistente, una fantomatica Maddalena incinta- nientemeno – che di Gesù (siamo al romanzo rosa) che dà vita alla stirpe dei regnanti di Francia…il tutto preso quasi di peso da un saggio, uscito molti anni prima, di una terna di autori di cui il nostro riprende,poco astutamente,i nomi riassumendoli nel cattivaccio di turno (cosa che gli è costata una causa legale per plagio) . Un minestrone di falsità storiche, artistiche e mitologiche.
E che dire di Paulo Coelho, che nel romanzo che gli ha dato la notorietà, “l’Alchimista”, ha messo in scena come fulcro centrale della vicenda stessa che dà vita al libro, una storia tradizionale ebraica (ma presente anche nel misticismo islamico sufi), quella del poveretto che sogna di trovare un tesoro nascosto lontano lontano; parte e attraverso mille vicissitudini scopre che doveva tornare a casa per scoprirlo sotterrato sotto il suo pavimento. La storia in sé è molto significativa e profonda (ciò che cerchiamo al di fuori di noi lo possiamo trovare solo dentro di noi),ma non è farina del suo sacco. Sacco multimilionario che si è rimpinguato proponendo, se mai avete letto l’amico, personaggi stereotipati e praticamente tutti uguali che parlano come libri stampati, ma tutti con lo stesso, discreto, tono di voce e quasi con le stesse parole, esprimendo ridicole banalità con tono di grande importanza e serietà. Leggere uno dei suoi libri vuol dire leggerli tutti, poiché sono frutto di un insopportabile e al tempo stesso irrealistico clichè.
Passiamo all’”insospettabile” per eccellenza, il “grande” Osho, osannato dai più spericolati aspiranti spirituali da post-it e considerato il non plus ultra delle frontiere dello spirito.Questo furbacchione, che molto probabilmente non scriveva (è morto da parecchi anni) nemmeno da sè i suoi libri ma secondo me li commissionava ad altri (questo però non è provato: è solo una mia congettura, per via della piattezza dello stile,opaco e neutro), era un sorta di tuttologo “spirituale” che sentenziava su tutto ed ogni cosa, con argomenti che rappresentano un pot-pourri di varie tradizioni spirituali (autentiche) mescolando una sottile psicologia con lo yoga, una benevola meditazione con un’esortazione alla “normalità” pressappoco in questi termini: “tutte queste storie dell’esoterismo sono balle: mangiate la vostra colazione, fate la vostra vita…..ecc.” E poi? Una frase del genere è un inno al qualunquismo, anche se può essere scambiata per un’esortazione a godersi la vita.Cosa che naturalmente va benissimo- anzi bisogna- ma che , ahimè, non si può fare se non si mettono i giusti valori al primo posto.
E poi l’altrettanto famigerato Sitchin, il fantasioso per eccellenza, che vantando conoscenze accademiche che non possedeva (la sua presunta conoscenza della lingua sumera, rivelatasi deficitaria) si è inventato le traduzioni del linguaggio cuneiforme più consone alla propagazione del suo impianto “culturale”: cioè che c’è un decimo pianeta da cui provengono i nostri “creatori” (tralasciando le esilaranti motivazioni che li avrebbero spinti fin quaggiù a lavorare di pala e piccone in miniera pur possedendo una tecnologia che gli consentiva di attraversare il sistema solare da un capo all’altro). Dunque noi da essere alienati siamo passati ad essere alieni: non c’è male come salto di qualità.
L’ultimo da prendere in considerazione è Carlos Castaneda, che si salva parzialmente perché almeno nei suoi primi tre-quattro libri ha delineato magistralmente la figura e l’insegnamento davvero rivoluzionario di uno sciamano sui generis ma prototipo dell’uomo realizzato; c’è chi lo accusa di essersi inventato tutto,ma questo non sminuisce il valore dei principi presentati, di assoluta rilevanza e di grande incidenza. Le noti dolenti si presentano quando, alla presunta “scomparsa” del suo maestro Don Juan, Castaneda per poter aver la scusa per continuare a vendere ( e anche lui come gli altri della serie ha venduto milioni e milioni di libri) si è inventato di sana pianta una fantomatica “tradizione tolteca” che nessuno ha mai sentito nominare (non si sa quasi nulla dei toltechi, non ci sono documenti storici a loro riguardo) sfornando un libro dopo l’altro innestandovi anche una tecnica il cui nome è stato copiato da un noto architetto. Non contento negli ultimi anni della sua vita si è dato anche ai corsi a pagamento (profumatissimo) – forse voleva comprarsi un’altra portaerei.
Tutti questi millantatori hanno riempito il mondo di milioni di libri venduti, spargendo frottole e fanfaluche nelle menti dei milioni che amano farsi prendere in giro.
Niente di meglio che concludere con un saggio ammonimento del passato:
“larga è la via che mena alla perdizione e molti sono quelli che vanno per essa, ma stretta è la porta che conduce alla vita eterna; e pochi sono quelli che l’imboccano”.
“Chi sa non parla, chi parla (tanto) non sa”,
La moltitudine è sempre dalla parte sbagliata; se un prodotto letterario di genere ha tanto successo, perciò, qualcosa puzza.
Simon Smeraldo