Geopolitica integrata – Osservazioni su Russia, elezioni USA, Arabia saudita
Noi ovviamente non siamo uno Stato. Ma dovremmo tener conto del perché la Russia (con le critiche che le possiamo fare) stia cercando in tutti i modi – sia nei negoziati diplomatici sia nel suo appoggio pratico – di unire in un unico dossier tutti i conflitti, dal quello nella Novorussia, a quello in Siria a quello nello Yemen e ora anche quello in Libia. Il motivo dovrebbe essere evidente anche per noi: sono tutti legati e parte della stessa strategia. Una strategia che ha visto tre tappe: 1) decisione nel 2001 (vedi “rivelazioni” del generale Wesley Clark), 2) pianificazione tra il 2006 e il 2008, 3) implementazione a partire dalle “primavere arabe” (benedetta dal discorso al Cairo di Obama). Più inserto ucraino, ad uso e consumo dell’Europa; una sorta di fuori programma offerto dalla coppia Clinton-Nuland.
Il fatto che l’Arabia Saudita sia impresentabile e antipatica a tutti, permette agevolmente di depistare gli sforzi dei pacifisti (mi preoccupo di quelli veri) su battaglie focalizzate contro di essa. Il fatto è che va benissimo attaccare appena si può i Saud, ma è impossibile scollegare Yemen e Siria. Io personalmente devo anche capire bene perché parte del mainstream se la sta pigliando con l’Arabia Saudita. Solo per cavalcare le emozioni per motivi giornalistici e/o di audience? Forse, ma non può essere l’unico motivo. Penso che un motivo più ampio sia che anche negli USA c’è una parte dell’establishment che vorrebbe balcanizzare l’Arabia Saudita e gli Americani sono spesso stufi del cancro wahhabita. E infine scaricare responsabilità, odio e antipatia sui Saud è comodo.
Come al solito negli USA regna l’usuale confusione, che ormai sembra proprio un dualismo di potere. Guardate la sequenza: 1) Bombardamento del funerale nello Yemen. 2) Indignazione popolare amplificata anche dai media mainstream col concorso delle “ONG governative”. 3) Dichiarazione governativa che gli USA rivedranno il loro sostegno ai Sauditi. 4) Bombardamento su postazioni degli Houthi direttamente da parte di una nave da guerra statunitense. Ovviamente gli eventi 3 e 4 sono in contraddizione tra loro e sono avvenuti a distanza di due giorni. Più o meno la distanza temporale tra gli accordi Lavrov-Kerry e il bombardamento di Deir Ezzor.
Insomma, lo scontro tra strane posizioni di Trump e le cristalline posizioni della Clinton che vediamo nel teatrino delle elezioni, è già in atto in modo crudo nella realtà. E’ uno scontro che passa anche all’interno del Partito Repubblicano, e questo lo si sa, ne parlano tutti i media (pro domo clintoniana). Ma passa anche attraverso quello Democratico (e ciò sembra fuori dal radar dei commentatori). Da una parte le posizioni della Clinton rischiano seriamente di alienare totalmente i voti (milioni) che erano andati a Sanders, dall’altro nonostante Obama appoggi formalmente la Clinton ho l’impressione che cerchi di farle un po’ il prato inglese sotto i piedi, con inserimenti last minute qua e là in posti chiave di persone a lui fedeli che la potranno intralciare nei suoi progetti e nelle sue velleità da presidente. La nuova bordata dell’FBI conto Killary potrebbe far parte di queste mosse. La Clinton potrebbe arrivare alla Casa Bianca già azzoppata, se ci arriva.
Dietro a ciò ci sono molte cose, di tipo anche assai differente. Intanto, a Obama piacerebbe rendere alla Clinton pan per focaccia, dopo che lei lo ha intralciato almeno da metà del primo mandato e pesantemente nel secondo. In secondo luogo il Partito Democratico si sta spaccando non meno di quello Repubblicano, come dimostra il fatto che hanno dovuto fare un colpo di mano per escludere Sanders rischiando però così milioni di voti. In terzo luogo non è improbabile che Michelle, che non ama la Clinton, sia stata l’anima moderata dietro la pur confusa politica internazionale del marito Barack e – qui sta un ulteriore punto – non è escluso che Michelle stia preparando tramite il marito il terreno per una sua futura candidatura.
In termini sistemici cosa significherebbe tutto ciò, se è vero? Significherebbe che la marcia trionfale neocons post Torri Gemelle si sta sempre più inceppando, perché il ruolino di marcia non è stato rispettato (ricordo i sette Stati da far fuori in cinque anni, ovvero entro il 2006; e siamo nel 2016 con i rottamatori impantanati in Novorussia, Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Yemen e fuori dai piedi in Iran) e questo ha dato il tempo a Russia e Cina di diventaretemibili sia militarmente sia economicamente. Molto temibili. Significherebbe, come conseguenza, che la finanziarizzazione a guida occidentale, a scadenze sempre più frequenti deve fare i conti con la realtà, ovvero col fatto che è un cumulo di carta straccia. Significherebbe che la politica, ovvero il Potere del Territorio, ha perciò necessità di sganciarsi dal Potere del Denaro nella sua forma finanziarizzata per affrontare la crisi sistemica facendo prevalere un punto di vista squisitamente politico. Un punto di vista che deve obtorto collo adeguarsi a una configurazione multipolare del mondo. Non è la prima volta nella storia del capitalismo che la politica si sgancia dall’economia (con buona pace dei marxisti economicisti).
Durante lo sgretolamento dell’egemonia britannica (che era basata in Occidente sul gold-standard e il libero mercato unilaterale, e in Oriente e in Africasulla forza) il New Deal negli Usa e i fascismi in Europa fecero la stessa cosa. E ovviamente lo faceva lo stalinismo in Russia. La spiegazione ultrasintetica e ultra sintetizzante di quei fenomeni è questa, pur con tutte le loro evidenti differenze politiche e le loro differenti motivazioni. Non sto assolutamente equiparando i tre fenomeni, sto dicendo che furono tutti e tre espressione di una supremazia della Politica sull’Economia. E’ anche evidente che ciò non significa automaticamente un allontanamento della guerra, come la II Guerra Mondiale è infatti lì a insegnare. Ma significa che l’ottica potrebbe cambiare e di molto (e anche la nostra dovrebbe farlo) e che oltre a quelli internazionali, potrebbero nascere anche gravi conflitti interni, anche all’interno della Superpotenza che non è certo immune dalla crisi sistemica e dal suo conseguente caos, visto che proprio da lì nasce.
Insomma, in questo caos è più che logico che anche le migliori polpette possano essere in parte avvelenate, intenzionalmente ma anche inintenzionalmente, come la campagna anti Saud e come il voto sul disarmo nucleare al Parlamento Europeo di cui stiamo discutendo. E se è già difficile che noi ci si raccapezzi nel caos (per lo meno parlo per me), figuriamoci quando dobbiamo esporci all’esterno, prendendo posizione. In altri termini, è ben difficile prendere e soprattutto motivare posizioni durante il caos sistemico, quando le alleanze internazionali diventano sempre più a geometria variabile e confuse e quando – per lo meno in questa fase – sono gli Stati (anch’essi affetti dal caos sistemico) a condurre i giochi e sono questi giochi a dettare le forme della risposta popolare e non il contrario.
Dobbiamo cercare di collegare ciò che le persone sentono, provano e subiscono con le grandi linee di tendenza, se possibile anticipando le mosse dell’avversario. Dobbiamo cercare cioè di orientare. Dobbiamo quindi evitare di rispondere di rimessa e meno che meno di dimenticarci del quadro generale.
Piotr
PS (riguardo il voto al Parlamento Europeo). Eleonora Forenza e Tiziana Beghin hanno condotto con molta coerenza e serietà la battaglia contro il TTIP. Onore al merito. Quindi le loro motivazioni e valutazioni sono degne di nota. Che poi, e sia detto solo incidentalmente, Eleonora rivendichi di avere organizzato una manifestazione di sostegno alle Pussy Riot è parte della nostra dose domestica giornaliera di caos, particolarmente invadente nella sinistra.
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Articolo collegato: https://aurorasito.wordpress.com/2016/11/02/hillary-clinton-wall-street-perde-il-suo-cavallo-crisi-costituzionale-come-finira/
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Commentatore ignoto: “”E mentre la stampa si dedica a Mosul, niente più si sa di Aleppo, dove la Russia ha esteso fino al 4 novembre la sospensione dei raid aerei su Aleppo Est (cioè la parte della città in mano ai ribelli e ai loro alleati terroristi), mentre rallenta l’offensiva terrorista-ribelle su Aleppo Ovest. Cose di cui non si parla perché il terrorista è cattivo a Mosul, ma buono ad Aleppo.
Infatti il terrorista cattivo usa i civili come scudi umani a Mosul, mentre quello buono… in realtà fa lo stesso ad Aleppo
Lo riporta l’Independent che cita il racconto delle poche decine di civili riuscite a lasciare Aleppo Est. Civili che raccontano come gli jihaddisti usino tutti i mezzi disponibili per scoraggiare i civili ad andarsene (arresto, assassinio di chi prova a scappare e dei loro parenti e amici, distruzione di proprietà), come vi sia una forte presenza di stranieri tra i ribelli e come, paradossalmente, i (finti) moderati siano anche peggio dei terroristi di Al Nusra nei confronti dei civili”