Gentiloni risponde alla Camera su armi ad Arabia. Ma l’Italia deve rispettare la legge 185 e non solo le decisioni UE e ONU

Lunario Paolo D'Arpini 27 ottobre 2016

Al link che precede la risposta di Gentiloni (dabbasso) all’interrogazione di Luca Frusone del M5S, del 26 ottobre 2016, Gentiloni dice giustamente che l’esportazione di armi è regolata dalla legge (italiana) n. 185
ma non dice che vendere le armi all’Arabia saudita in guerra non viola la legge n. 185

Dice invece che l’Italia si adeguerà a eventuali restrizioni di UE e ONU.

Ma se UE e ONU non intervengono
e esportare all’Arabia s. fosse in contrasto con la legge 185,
l’ Italia non potrebbe ugualmente esportare in Arabia s.

Di seguito l’articolo della 185 che vieta la vendita a paesi in guerra

6. L’esportazione ((, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione)) di materiali di armamento sono altresi’ vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere;

Di seguito l’ articolo 51 della Carta ONU citato dalla 185. Riguarda l’ autodifesa. Nel caso dello Yemen andrebbe valutato se la guerra dell’ Arabia saudita rientra nell’ ” autotutela individuale o collettiva di uno stato membro dell’ ONU oggetto di un attacco armato”.

Articolo 51
Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’ esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’ azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.

La legge 185 e’ un vincolo indipendente da Onu e Ue.
E l’ Italia deve applicarla comunque.

Marco

Porteremo all’attenzione della Procura di Brescia anche le affermazioni odierne del Ministro Gentiloni sulle esportazioni italiane di sistemi militari all’Arabia saudita Fonte: Rete Disarmo – 26 ottobre 2016

“Le

affermazioni

gravi

Question Time odierno confermano la necessità di un’indagine della magistratura sulle esportazioni di materiali d’armamento autorizzate dal Governo

all’attenzione del Viceprocuratore di Brescia, dott. Fabio Salamone, che ha aperto un’inchiesta sulle spedizioni dall’Italia di materiali d’armamento destinate alle forze armate della monarchia saudita che, a capo di una coalizione di diversi paesi, dal marzo del 2015 è intervenuta militarmente nel conflitto in Yemen senza alcun mandato da parte delle Nazioni Unite” è questa la posizione di Rete Italiana per il Disarmo a seguito delle dichiarazioni odierne alla Camera del Min. Gentiloni.

Ad un’interrogazione presentata per il Question Time odierno alla Camera dall’on. Luca Frusone, il ministro degli Esteri ha risposto sostenendo sostanzialmente che gli unici divieti che porrebbe la legge n. 185 del 1990, che regolamenta la materia, sarebbero derivanti da decisioni di embargo, sanzione o restrizione internazionale nel settore delle vendite di armi.

Il Ministro dovrebbe invece sapere che la suddetta legge non solo vieta le esportazioni di armamenti a paesi sottoposti a forme di embargo, ma che l’esportazione «di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia» e che «tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». La Legge vieta inoltre specificamente l’esportazione di materiali di armamento «verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere», nonché «verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione».

Il ministro degli Esteri ha correttamente affermato che nei confronti dell’Arabia Saudita non esistono sanzioni di embargo sulle armi, ma ha taciuto la Risoluzione del Parlamento europeo, votata ad ampia maggioranza lo scorso 25 febbraio, con la quale l’assemblea di Bruxelles ha chiesto all’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, di “avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita”, ciò alla luce delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale perpetrate dall’Arabia Saudita nello Yemen. Tale risoluzione, finora, è rimasta inattuata anche per la mancanza di sostegno da parte del Governo italiano.

Il Ministro Gentiloni, confermando quanto già dichiarato dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti, ha inoltre esplicitato che all’azienda RWM Italia, ditta italiana che fa parte del gruppo tedesco Rheinmetall, «ha esportato in Arabia Saudita in forza di licenze rilasciate in base alla normativa vigente».

In pratica per il Governo Italiano, ormai è ufficiale ed autorevolmente certificato dalle dichiarazioni di diversi Ministri, non è un problema legale e nemmeno politico vendere armi a Paesi che bombardano civili anche con tecniche terribili come il “double tap” (cioè il bombardamento differito per andare a colpire anche i soccorritori operanti dopo il primo attacco). Significa anche che non è considerato come “conflitto armato” quanto succede in Yemen e cioè una delle più gravi crisi umanitarie di questi anni secondo le Nazioni Unite.

Le forniture italiane in questione riguardano, come ha dimostrato l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia in uno specifico studio, bombe aeree MK 82, Mk 83 e MK 84 prodotte dall’azienda RWM Italia, con sede legale a Ghedhi (Brescia) e fabbrica a Domusnovas in Sardegna.

Alcune dei relitti di queste bombe sono stati ritrovati in Yemen e – come ha documentato una recente inchiesta di Dino Giarrusso e Luigi Grimaldi

identificativo” (Nato Stock Number – NSN): un fatto alquanto anomalo considerato che – secondo le rigorose disposizioni della NATO – tale numero dovrebbe essere unico per ogni singolo pezzo (Item of Supply) di materiali d’armamento che viene esportato.

Il ministro Gentiloni ha fatto infine riferimento alla Relazione che il Governo invia annualmente alle Camere sulle esportazioni di materiali d’armamento. Anche a questo riguardo, Rete Italiana per il Disarmo evidenzia che negli ultimi due anni del governo Renzi la voluminosa relazione – pur riportando il valore complessivo delle autorizzazioni all’esportazione rilasciate e le generiche tipologie di armamento (munizioni, veicoli terrestri, navi, aeromobili, ecc.) esportate – non permette di conoscere con precisione gli specifici materiali, per quantità, valore e Paese destinatario che vengono esportati rendendo così impossibile un effettivo controllo da parte del Parlamento e dei centri di ricerca attenti al controllo degli armamenti.

Vedi anche – L’ interrogazione a Gentiloni e risposta al link

https://www.youtube.com/watch?v=tz3gfE3R9kY

https://www.youtube.com/watch?v=tz3gfE3R9kY

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