Lettera aperta a Pierre Moscovici, Commissario europeo per gli affari economici e monetari

Alla cortese attenzione di
Pierre Moscovici Commissario europeo per gli affari economici e monetari,
Jean Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea
per il tramite dei principali mezzi di informazione italiani

e per conoscenza
al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
al Presidente del Consiglio Matteo Renzi

Caro Moscovici,

dunque, secondo lei, in Italia c’è una “minaccia populista” e per questo bisogna “sostenere gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Unione Europea”.

Non si disturbi, signor Pierre, abbiamo già in casa abbastanza tromboni maligni, impegnati quotidianamente a infinocchiare i nostri connazionali.

Creda, non c’è alcun bisogno del suo contributo. Tutt’al più, se proprio ci tiene a fare un’opera buona nei nostri confronti, io un’idea ce l’avrei e, anzi, visto il suo generoso slancio, se mi consente, approfitto per esporgliela, con viva preghiera di estenderne conoscenza al suo collega, Presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker.

Non so se lo ricorda, ma fece molto scalpore un’inchiesta giornalistica condotta dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti investigativi (ICIJ) – definita dai media internazionali “Luxembourg Leaks” – che pubblicò nel novembre 2014 i nomi di oltre trecento aziende multinazionali direttamente coinvolte nelle decisioni fiscali, prese tra il 2002 e il 2010, dall’allora governo lussemburghese presieduto dal suo amico Jean Claude Junker.

Quelle decisioni avrebbero consentito – se ricordo bene – accordi fortemente vantaggiosi per le multinazionali sui prezzi di trasferimento globale, collegati con speciali direttive dell’UE che interessavano il regime fiscale del Lussemburgo. Le rivelazioni, caro Moscovici, misero in luce speciali meccanismi di elusione fiscale elaborati e portati avanti dal Lussemburgo.

Grazie alla creazione di strutture finanziarie complesse e accordi segreti, approvati dal Tax office del Lussemburgo, ai tempi in cui Jean Claude Juncker era primo ministro, molti giganti aziendali – tipo Accenture, Abbott Laboratories, American International Group (AIG), Amazon, Blackstone, Deutsche Bank, The Coach handbag empire, H.J. Heinz, JP Morgan Chase, Burberry, Procter & Gamble, Carlyle Group e Abu Dhabi Investment Authority, Ikea, Fed Ex e tantissimi altri – godettero infatti di regimi fiscali agevolati facendo perdere, mediante l’esercizio di una massiccia elusione fiscale, miliardi di entrate tributarie ai governi nazionali dei singoli paesi in cui le multinazionali prevalentemente operavano.

Stiamo parlando di accordi, signor Pierre, con cui centinaia di miliardi di dollari (215 solo tra il 2002 e il 2010) sono stati disinvestiti da altri paesi, per essere poi trasferiti in pochi anni in Lussemburgo, diventato all’improvviso il paese della cuccagna per tutte le grandi corporation.

E allora qui l’idea, signor Pierre: che ne direbbe se, anziché infiltrarsi con gratuità così sfacciata nelle questioni di un paese sovrano, provasse a spiegare le ragioni per cui uno stato come il Lussemburgo, piccino e insignificante per storia e dimensioni, esprime la personalità di punta della sedicente comunità internazionale europea? E’ troppo populistica la spiegazione che forse dipende dalle truffe multinazionali che ospita da sempre?

Ci faccia sapere, non faccia il Pierrino facendo finta di non sentire. Siamo tutt’orecchi.

Aspettando riscontri, distinti saluti.

Adriano Colafrancesco – acolafran@gmail.com

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