Siria – Guerra psicologica ed informazione falsata… le armi subdole dell’occidente filosionista
Ante scriptum – Il 6 ottobre pomeriggio sono andato all’inaugurazione della mostra “Nome in codice: Caesar”, al Maxxi di Roma. Cito dalla descrizione dell’evento (https://www.facebook.com/events/626143444214697/):
“la mostra delle immagini scattate da “Caesar”, lo pseudonimo che protegge l’identità di un ex fotografo della polizia militare del regime di Bashar Assad. Fino al 2011 e all’inizio delle manifestazioni di protesta, l’incarico di “Caesar” consisteva nel riprendere scene del crimine (come incidenti stradali o delitti comuni) e fotografarne le vittime. Successivamente, lui ed i suoi colleghi vennero sempre più spesso chiamati a fotografare i corpi delle vittime delle torture e degli omicidi commessi nelle prigioni e nei centri di detenzione del regime, particolarmente in quello denominato Military Hospital 601, situato a Mezze, sobborgo di Damasco.”
Sabato 7 ottobre 2016, alle 18, è prevista un’altra conferenza con politici e giornalisti. Io per natura non sarei tanto per il boicottaggio delle iniziative, ma in questo caso mi sento di invitare chi può (io sarò fuori per lavoro) ad andare e fare qualche domanda ‘impertinente’ ai relatori, per rovinargli la cerimonia propagandistica. La cosa che più mi ha fatto rabbrividire è stata la didascalia di apertura alla mostra, all’inizio delle foto. L’ultima frase dice così: “La massiccia campagna di violenze lanciata dal governo siriano contro i suoi stessi cittadini li ha posti a rischio di essere vittime di ulteriori crimini contro l’umanità che, se resteranno impuniti, potrebbero creare le condizioni perché abbia luogo un genocidio.”
Una vera e propria chiamata alle armi.
Renato
Articolo collegato:
Psyop: operazione Siria
Le «Psyops» (Operazioni psicologiche), cui sono addette speciali unità delle forze armate e dei servizi segreti Usa, sono definite dal Pentagono «operazioni pianificate per influenzare attraverso determinate informazioni le emozioni e motivazioni e quindi il comportamento dell’opinione pubblica, di organizzazioni e governi stranieri, così da indurre o rafforzare atteggiamenti favorevoli agli obiettivi prefissi». Esattamente lo scopo della colossale psyop politico-mediatica lanciata sulla Siria.
Dopo che per cinque anni si è cercato di demolire lo Stato siriano, scardinandolo all’interno con gruppi terroristi armati e infiltrati dall’esterno e provocando oltre 250mila morti, ora che l’operazione militare sta fallendo si lancia quella psicologica per far apparire come aggressori il governo e tutti quei siriani che resistono all’aggressione.
Punta di lancia della psyop è la demonizzazione del presidente Assad (come già fatto con Milosevic e Gheddafi), presentato come un sadico dittatore che gode a bombardare ospedali e sterminare bambini, con l’aiuto dell’amico Putin (dipinto come neo-zar del rinato impero russo).
A tal fine sarà presentata a Roma agli inizi di ottobre, per iniziativa di varie organizzazioni «umanitarie», una mostra fotografica finanziata dalla monarchia assoluta del Qatar e già esposta all’Onu e al Museo dell’olocausto a Washington per iniziativa di Usa, Arabia Saudita e Turchia: essa contiene parte delle 55mila foto che un misterioso disertore siriano, nome in codice Caesar, dice di aver scattato per incarico del governo di Damasco allo scopo di documentare le torture e le uccisioni dei prigioneri, ossia i propri crimini (sull’attendibilità delle foto vedi il report di Sibialiria e l’Antidiplomatico).
Occorre a questo punto un’altra mostra, per esporre tutte le documentazioni che demoliscono le «informazioni» della psyop sulla Siria. Ad esempio, il documento ufficiale dell’Agenzia di intelligence del Pentagono, datato 12 agosto 2012 (desecretato il 18 maggio 2015 per iniziativa di «Judicial Watch»): esso riporta che «i paesi occidentali, gli stati del Golfo e la Turchia sostengono in Siria le forze di opposizione per stabilire un principato salafita nella Siria orientale, cosa voluta dalle potenze che sostengono l’opposizione allo scopo di isolare il regime siriano».
Ciò spiega l’incontro nel maggio 2013 (documentato fotograficamente) tra il senatore Usa John McCain, in Siria per conto della Casa Bianca, e Ibrahim al-Badri, il «califfo» a capo dell’Isis. Spiega anche perché il presidente Obama autorizza segretamente nel 2013 l’operazione «Timber Sycamore», condotta dalla Cia e finanziata da Riyad con milioni di dollari, per armare e addestrare i «ribelli» da infiltrare in Siria (v. il New York Times del 24 gennaio 2016).
Altra documentazione si trova nella mail di Hillary Clinton (declassificata come «case number F-2014-20439, Doc No. C05794498»), nella quale, in veste di segretaria di stato, scrive nel dicembre 2012 che, data la «relazione strategica» Iran-Siria, «il rovesciamento di Assad costituirebbe un immenso beneficio per di Israele, e farebbe anche diminuire il comprensibile timore israeliano di perdere il monopolio nucleare». Per demolire le «informazioni» della psyop, ci vuole anche una retrospettiva storica di come gli Usa hanno strumentalizzato i curdi fin dalla prima guerra del Golfo nel 1991. Allora per «balcanizzare» l’Iraq, oggi per disgregare la Siria. Le basi aeree installate oggi dagli Usa nell’area curda in Siria servono alla strategia del «divide et impera», che mira non alla liberazione ma all’asservimento dei popoli, compreso quello curdo.
Manlio Dinucci
(il manifesto, 27 settembre 2016)
http://www.pandoratv.it/?p=11445
Post Scriptum:
Nel sito ufficiale della Missione degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, c’è il discorso dell’ambasciatore Michele Sison all’inaugurazione della mostra, il 10 marzo 2015, in cui si dichiara che sponsor della mostra sono Stati Uniti, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Turchia e Regno Unito e co-sponsor Belgio, Daninarca, Germania, Italia, Kuwait, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Svezia ed Emirati Arabi Uniti. Collaborano un rappresentante della “Coalizione siriana” e l’ambasciatore Usa incaricato dei crimini di guerra.
http://usun.state.gov/remarks/6397
Remarks at the Launch of the “Caesar”
Photographic Exhibit at the United Nations
Ambassador Michele J. Sison
U.S. Deputy Representative to the United Nations
New York City
March 10, 2015Thank you all for joining us this evening for this exhibition of the “Caesar Photos: Inside Syrian Authorities’ Prisons.” I’m Ambassador Michele Sison; I’m the Deputy Permanent Representative of the United States to the United Nations. And I’m really pleased to be joined here tonight by France, Qatar, Saudi Arabia, Turkey, and the United Kingdom, in co-hosting this exhibit, and by Dr. Najib Ghadbian of the Syrian Coalition, whose team helped bring it together. I’m also honored to highlight the exhibit co-sponsors: Belgium, Denmark, Germany, Italy, Kuwait, Lithuania, Luxembourg, Norway, Sweden, and the United Arab Emirates. I would also like to acknowledge the presence of my colleague, who came up from Washington, the U.S. Ambassador-At-Large for War Crimes, Ambassador Stephen Rapp.
Michel Chossudovsky ha pubblicato nel suo sito Global Research, il 7 marzo 2016, la sintesi di un rapporto di 30 pagine, intitolato: The Caesar Photo Fraud that Undermined Syrian Negotiations (La frode delle foto Caesar che ha minato i negoziati sulla Siria)
http://www.globalresearch.ca/the-caesar-photo-fraud-that-undermined-syrian-negotiations-a-pattern-of-sensational-but-untrue-reports-that-lead-to-public-acceptance-of-western-military-intervention/5512573
La Boldrini ha rifiutato a febbraio di esporre le foto a Montecitorio, con la motivazione ufficiale che le immagini sono troppo crude (sotto la quale c’è sicuramente il dubbio sulla veridicità della mostra)
Infine, ma non per ultimo, c’è il ragionamento politico:
Come è possibile che il governo siriano abbia incaricato un fotografo ufficiale di documentare le torture e uccisioni nelle sue carceri, ossia i propri crimini, immagazzinando su un computer 55mila foto facilmente copiabili ed esportabili?
Quanto è credibile una mostra organizzata e finanziata da Usa, Arabia Saudita, Turchia e altri che hanno sostenuto e sostengono i tagliagole dell’Isis?
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Commento di Marinella Correggia: “Il mio parere personale è che possiamo scrivere tutto quello che vogliamo ma se questo non arriva a politici e giornalisti mainstream, NON serve. E’ là che devono sapere che sappiamo; e al limite farsi venire qualche dubbio.
MA per far arrivare queste cose appunto a politici e giornalisti c’è solo un modo: fare irruzione là dove essi sono. Ma in questo periodo io però non ce la faccio, ripeto, l’ho già fatto troppe volte, a Roma, Trapani, Ginevra. Chiedo ad altre persone se vogliono distribuire il rapporto di Francesco, sabato 7 ottobre al Maxxi. O almeno fare una domanda impertinente, appunto.
Francesco Santoianni ha fatto uno studio che smonta la mostra. Lo trovate qua (oltre che su www.sibialiria.org): https://drive.google.com/file/d/0B_WENlEYeAwqeU45MGRQZ3BwYzA/view?usp=sharing
Ieri alla conferenza stampa del vescovo di Aleppo ha provato – a margine – a darlo ad alcuni giornalisti.
Si tratterebbe di andarlo a distribuire anche al Maxxi, all’appuntamento di sabato indicato da Renato.
Se qualcuno vuole andare a distribuire, penso sarebbe bene. Grazie”
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Commento di Patrick: “Comunque nessuno di noi aveva l’intenzione di andare alla mostra. Ti immagini una ragazza che dice al fidanzato “Che facciamo stasera, caro? Andiamo a vedere delle foto disgustose sulle torture?” Insomma, ci andrà sopratutto chi è già anti-Assad e cerca conferme delle sue convinzioni.
Il vero danno della mostra sta negli articoli nei mass media che ne parlano e che condizionano la percezione che la gente ha del governo siriano, anche la gente che legge i soli titoli e primi paragrafi.
Potremmo convincere i giornalisti di non scrivere articoli sulla mostra? Non credo, devono eseguire gli ordini del capo redattore (e quindi dell’Editore e quindi delle banche e quindi dei Poteri Forti).
Potremmo semmai interpellare i giornalisti per chiedere loro perché, dal momento che sono così premurosi per i diritti civili, non pubblicano storie sulle atrocità commesse dal regime saudita. O dai “ribelli” siriani, ecc.”
Commento di Franco Boni: “Penso che potrebbe essere efficace presentarsi all’esterno della conferenza di presentazione della mostra con un semplice volantino dove sul fronte è scritto in grande, a pieno foglio:
“Questa mostra è un imbroglio e lo scopo è gettare fango sul
Governo siriano, per meglio giustificare l’aggressione finale
alla Siria degli americani e loro scagnozzi “.
Sul retro spiegato in modo chiaro e conciso cosa sono le foto di Caesar.”
Comunicato Stampa inviato da Marinella Correggia: “Ai giornalisti della stampa italiana ed estera
Da: redazione www.sibialiria.org
Dossier che svela le falsità della mostra “Caesar” (torture nelle carceri in Siria), sponsorizzata dal Qatar per legittimare la guerra
Al Maxxi in questi giorni è esposta una mostra che – come tutta l’Operazione Caesar, sponsorizzata dal governo del Qatar – ha la stessa attendibilità delle “Armi di Distruzione di Massa” di Saddam o delle “Fosse comuni” di Gheddafi. Una mostra nella quale i visi fotografati (quando, al pari dei cartellini mortuari, non sono celati da rettangoli neri) sono in alcuni casi identificabili con quelli di soldati del governo di Damasco uccisi dai “ribelli”.
Come si sa, il Qatar è fra i principali sostenitori dei gruppi armati estremisti che impediscono veri negoziati fra il governo e l’opposizione non armata.
La documentazione completa delle falsità della mostra in questo Report:
https://drive.google.com/file/ d/0B_ WENlEYeAwqMWo2RTFVUW9HX2M/view
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Articolo collegato: https://aurorasito.wordpress.com/2016/10/06/i-media-ingannano-lopinione-pubblica-sulla-siria/