Francia, chi è causa del suo mal pianga se stesso – Nizza e l’attentato “casalingo”
La Francia, dopo la Turchia, è uno dei più accaniti nemici di Assad in Siria; vuole rovesciarlo da anni.
Era pronta a intervenire militarmente se l’avesse ordinato Obama. Nel 2012, il suo primo ministro Laurent Fabius dichiarò: “”Bachar El Assad ne merite pas d’etre sur cette Terre”. Lo stesso Fabius disse anche: “Al Nusra, sul terreno, fa’ un buon lavoro”. Al Nusra, ossia Al Qaeda. Fabius ne ha sempre parlato col giusto orgoglio, perché la Francia ha fornito Al Nusra di almeno 1700 jihadisti.
Alcuni erano ufficiali francesi che sono andati a combattere con terroristi siriani per abbattere Assad; anzi li inquadravano e comandavano. Il governo siriano catturò in varie occasioni alcuni di questi militari.
L’ambasciatore siriano all’Onu, Al Jaafari, accusò la Francia di inquadrare i terroristi con suoi ufficiali, accusa non contestata dall’ambasciatore francese Araud, presente.
Il Telegraph fu uno dei pochi media a dare una notizia il 22 febbraio 2015: “Thirteen French officers ‘captured by Syrian Army‘, 13 ufficiali francesi catturati dall’Armata Siriana – per giunta mentre alla testa dei tagliagole, assaltavano il villaggio cristiano di Sadnnye. Assad li rimandò a casa, quegli ufficiali.
Il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian , andò ad accoglierli all’aeroporto.
(Tratto da Evolution)
Nizza e l’evoluzione della specie
“L’Isis, Daish, lo Stato Islamico, il Califfo… ha rivendicato l’attentato di Nizza. L’Isis ha dichiarato che l’attentatore è un suo soldato…”.
Apperò.
Allora è vero che si è trattato di terrorismo islamico ! Che altro ci vuole per dare un po’ di pepe allo scontro di civiltà, alla caccia all’islamico, al dissidente, all’oppositore, allo Stato d’emergenza fino al 2017, modello Erdogan? Infatti, domani, se gli gira, la Cia, il Mossad, l’MI6, la francese DGSE, o chi per loro, diranno ad Al Baghdadi, o piuttosto a Rita Katz, sua portavoce, di rivendicare l’assassinio di Yara e di fare di Bossetti, già incastrato di suo per mano della procura di Bergamo, la cellula incaricata di spargere il terrore islamista tra le brume e i camosci della Val Brembana. Ormai l’Isis funziona alla grande anche per sistemare gli indisciplinati interni. Il marocchino del quarto piano ha insozzato con la cenere del suo sigaro i panni stesi al terzo piano? Il macchinista seconda generazione ha fatto arrivare il treno con venti minuti di ritardo? Il bulletto della Quarta Ragioneria, nipote di immigrati, ha molestato il compagno biondo occhi cerulei? Tutti attentati al nostro modo di vivere, ai nostri valori. Nel giro di tre ore arriva la rivendicazione dell’Isis. E Alfano convocherà la stampa mondiale per comunicare che lui l’aveva subito sgamato, il terrorista, e che la sua identificazione e cattura è merito dei da lui istituiti Clandestini Reparti Speciali Antiterrorismo Brembatesi.
Attentati come gruviera, ma bene incartati
Sono dei farfalloni, come sempre. Fanno gli attentati con lo sputo e con lo scotch, come fossero il ciabattino sotto casa che si avventura a fare scarpe alla Ferragamo. Così dall’11 settembre in qua. Chi li salva è la perfetta tempesta mediatica che spazza via ogni interrogativo, fosse anche grande come una torre gemella. A Nizza un ubriacone erotomane, ladro e picchiatore, residente in quartiere “difficile”, fuori di testa e pluricondannato e, dunque, necessariamente nell’occhio del ciclone poliziesco, mai stato in moschea, ma aperto il corano, mai osservato il ramadan, abbuffato di salsicce, pure gay represso, insomma il perfetto soggetto psicolabile, ricattabile, manipolabile, illudibile (tipo quelli di Parigi e Bruxelles), viene detto “radicalizzato” dalla sera al mattino, prima che il gallo abbia cantato tre volte, al punto di ghignare felice nel selfie scattato in vista dell’autoimmolazione per il Profeta. Chi lo dice: la Sureté. Perché lo dice? Perché il malvivente da una settimana non s’è tagliato la barba. Come caratterizzazione di un lucido pianificatore di stragi jihadiste basta e avanza. Poi sono tre giorni che gira sulla Promenade des Anglais con un bestione di frigo-camion che lo notano fin dalla sonda su Marte. Come se sul lungomare pedonalizzato di Forte de’ Marmi gironzolasse senza sosta un Tir con scritto su “Bibite”.
Ma nessuno dice: embè? Tantomeno la Gendarmerie di Nizza quando quel mezzo abbagliante, ormai pendolare, forse ritenuto trasporto di linea, da 19 tonnellate, irrompe sulla Promenade mentre decine di migliaia di persone incantate fanno ooohhh agli ultimi bagliori dei fuochi per il 14 luglio, superfesta nazionale. E, partito a passo d’uomo, tanto quanto sarebbe bastato al primo vigile per chiedergli libretto, patente e assicurazione, poi ingrana la quarta e schizza via a 90 all’ora, a zig zag, per 2 km, travolgendo e trasformando gli ooohhh in urla di terrore e morte. Gli si affianca un ciclista, uno scooterista, poi basta. Mica un gendarme. Alla fine del mattatoio si ferma e, allora, gli sparano una cinquantina di colpi. Chiaramente per prenderlo vivo, come in tutte le altre occasioni, da Charlie Hebdo in poi, in modo da farci rivelare tutto sull’operazione, su mandanti, padrini, covi, organizzazione, l’Isis da capo a coda. All’obiettivo di telecamere e fotografi la cabina del camion risulta semi-disintegrata. Disintegrato Mohammed Bouhlel e disintegrata tutta l’apparecchiatura all’interno della cabina, magari anche quella che serviva, come nel caso degli “aerei” contro le Torri Gemelle e contro il Pentagono, a guidare a distanza il mezzo. Curioso, è dalla madre di tutti gli attentati, l’11 settembre, che tra i cosiddetti attentatori-dirottatori-fucilatori-bombaroli, non se ne trovi uno che si possa definire fanatico, ascetico, convinto, osservante, bigotto, beghino e inflessibile militante dell’Islam. Infedeli più degli infedeli crociati che si dice vogliano eliminare dalla faccia della Terra, come diavolo si inseriscono nella vulgata dei neomori impegnati nello “scontro di civiltà”?
Interessante l’evoluzione della specie terrorista, un po’ come dall’ homo erectus a quello sapiens. Agli albori c’è stato il terrorista rooseveltianus che era quello a forza di provocazioni indotto a farsi terrorista mentre riteneva di reagire a una minaccia incombente. Vedi i giapponesi su Pearl Harbor. Venne poi il johnsonianus, formidabile salto tecnologico nel virtuale, che esisteva solo nei report del Pentagono come ripresi dal New York Times. Si manifestò sugli inesistenti barchini nordvietnamiti che avrebbero attaccato la marina Usa nel Golfo del Tonchino. Seguì il terrorista bushensis, tornato concretissimo e materialissimo, tratto direttamente dai servizi segreti, mimetizzato da dirottatore saudita, bombarolo del metrò o della stazione, spettatore di maratone. Ma sempre a rischio di sputtanamento, con esiti catastrofici, come già apparsi all’orizzonte di un tremendamente malgestito 11 settembre. E quindi perfezionato dai più sofisticati europei in terrorista hollandianus: il patsy, inglese per capro espiatorio, che viene reclutato tra i reietti, disturbati, ricattabili, manipolabili, del sottobosco sociale e spedito a figurare sul proscenio di uno spettacolo diretto da dietro le quinte. E’ il lupo solitario, il terrorista della porta accanto che serve a farti stare intirizzito dalla paura in ogni istante della vita e quindi, disponibile e grato a qualsiasi catena in cui ti avvolgano perchè ti faccia da scudo contro tale onnipresente pericolo.
Cui prodest
Il ciarlatano con gli scarponi chiodati insediato all’Eliseo, ennesimo vanto di una classe dirigente francofona per lingua, ma della lobby per matrice e destino, non ha atteso che si asciugasse la polvere dei 50 tardivi spari su un camion, che ha potuto fare quello che voleva per una trentina di minuti, per rendere omaggio al tributo di Mohammed Bouhlel alla Francia e alla grandeur. Immediato ulteriore impegno bellico nelle carneficine di Siria, Iraq e Africa , dove i patsies si chiamano Isis e Al Qaida nel Maghreb, e rinnovo dello Stato d’emergenza, non per i soliti altri tre mesi, ma, già che ci siamo, fino a tutto il 2017. Stato d’emergenza, cioè arresti preventivi, perquisizioni e irruzioni senza mandato giudiziario, detenzione di sospetti, aumentati poteri di polizia, sorveglianza totale, possibilità di legge marziale e coprifuoco. Tutta roba servita magnificamente a prevenire che un energumeno violento, stranoto, disturbato fino al midollo, dall’instant-radicalizzazione, con camion entrato e imperversante indisturbato contro obiettivo ultrasensibile di migliaia di persone ammassate in occasione che più simbolica non si può (14 luglio!). Ma servita ancora di più a spegnere una rivolta di popolo contro la legge del lavoro schiavizzato e perpetuato fino a 50 ore la settimana e il crollo psicofisico, durata mesi e che stava per buttare all’aria quanto con tanta cura si era costruito da Charlie Hebdo al Bataclan e a Bruxelles.
C’è chi dice, rammentando che i più bravi in queste cose sono pur sempre la Cia e il Mossad, che a Nizza lo scherzetto non l’abbia fatto Hollande, ma glie l’abbiano fatto. Se è vero che a Erdogan gli lasciano combinare di ogni perché è Fratello Musulmano e cioè una garanzia che affonda le radici nei secoli del dominio coloniale e, oltre a tenerti in piedi i mercenari Isis, è nemico mortale di quella lenza di Al Sisi che ha fatto fuori la fratellanza in Egitto, a Hollande potrebbero volere rimproverare, in maniera un tantino brusca, di farsela proprio con quell’ Al Sisi, per via del gas, e di sostenerne addirittura il tentacolo libico, Khalifa Haftar, contro il governo ”di unità nazionale” del fidato Al Serraj, messo in piedi da Nato e Onu.. E’ un’ipotesi. Ma non mi convince. Finchè praticano il terrorismo, sia Erdogan che Hollande, godono di autonomia e solidarietà.
C’è anche chi si chiede come mai queste cosacce succedono contnuamente in Francia e mai da noi. Fosse vera l’ipotesi appena accennata, direi che noi ci siamo messi al riparo, avallando e sostenendo l’operazione Regeni dello spionaggio anglo-americano (Oxford Analytica, MI6, John Negroponte) con cui abbiamo cercato di inchiodare il detestabile non-Fratello Musulmano Al Sisi, mollando gli accordi per lo sfruttamento del suo gas e schierandoci in Libia con Al Serraj e con gli scuoiatori di africani neri delle brigate di Misurata. Ma siccome l’ipotesi non mi convince, penso che da noi nessun camion abbia ancora stritolato le gente sul lungomare di Ostia, che nessuno abbia ancora mitragliato i redattori martiri de Il Foglio, che nessuno abbia fatto strage degli avventori del Billionaire di Briatore, semplicemente perché da noi, a proposito della legge sul lavoro, snodo epocale nel rapporto di forza tra le classi, ci sono la Camusso e Big Mouth Landini, la sinistra di Fassina e Vendola. Che si dinamiterebbe a fare? Magari domani, se i 5 Stelle crescessero ancora, se instistessereo a dire cose sempre più chiare sulle sanzioni a Russia e Siria, sulle guerre Nato, sul TTIP, sull’euro…
11 settembre: inversioni a U e cantonate illustri
C’è qualcuno che al governo Usa, alla classe dirigente Usa ha fatto un favore più grosso di quanto non gliel’abbia mai potuto fare Osama bin Laden, assumendosi – seppure tentennando – la paternità dell’11 settembre, non facendo sapere che era morto di diabete nel 2001 e facendosi ammazzare per finta da un commando di teste di cuoio Usa dieci anni dopo. Sono alcuni, perlopiù non ultimi arrivati, che hanno improvvisamente proclamato quanto avevano sempre negato, che le Torri Gemelle e il Pentagono sono stati abbattuti da dirottatori sauditi.Trattasi di Giulietto Chiesa, che, in sintonia con i più prestigiosi negazionisti Usa, aveva addirittura pubblicato un cofanetto libro-CD “Zero”, dell’analista e controinformatore di vaglia Justin Raimondo, di alcuni altri e perfino di Michele Giorgio, corrispondente del “manifesto” dalla Palestina, peraltro tanto bravo quando tratta di argomenti israelo-palestinesi, quanto incerto quando la sua indole euro-democraticistica si imbatte in Ghaddafi, Putin o Assad.
Mamma li sauditi! E il Bush restaurato.
“Sono stati i sauditi!” è il trionfale grido che prorompe da tali illustre gole. E, di colpo, gli Usa, Bush, i neocon se ne escono dalla vicenda belli rigenerati, magari con una macchietta che allude a qualche complicità, qualche trasandatezza, qualche lasciato fare, ma niente rispetto alla mostruosa responsabilità di chi è andato a schiantarsi contro le torri e il Pentagono, chi ce li ha mandati, chi li ha pagati, con la ricaduta di 3mila innocenti polverizzati, mezza dozzina di paesi devastati e qualche milione di musulmani sterminati dallo “scontro di civiltà” partorito dalle ceneri di Ground Zero.
Altro che demolizione controllata, con esplosioni piano dopo piano, come attestato dai fotogrammi, dai testimoni sopravvissuti, dai vigili del fuoco, poliziotti, addetti ai grattacieli, termite ancora incandescente inusitatamente ritrovata da esperti danesi tra i resti di Ground Zero. Altro che colonne d’acciaio a centinaia che mai più avrebbero potuto essere sciolte dal poco kerosene del serbatoio di un Boeing 474, altro che dirottatori che non avevano superato l’esame di guida di aerei leggeri e che avevano trincato e gozzovigliato fino alla sera precedente, per poi immolarsi nel momento più alto di una bella e privilegiata vita, e poi manovrare un Boeing da 10mila metri fino a quasi rasoterra, cosa che il pilota più esperto del mondo non avrebbe potuto fare. Facendo poi ritrovare passaporti integri e lindi in mezzo a macerie sminuzzate fino a pochi millimetri. Altro che un proprietario delle Torri, Silverstein, tanto previdente da aver assicurato gli edifici per una somma che lo avrebbe ampiamento compensato della perdita, altro che fenomenali e tempestive speculazioni di borsa sulle imprese, non solo aeronautiche, che sarebbero rimaste coinvolte.
Altro che quel gruppo di agenti israeliani catturati mentre filmavano i crolli ed esultavano da un terrazzo vicino e furono poi trovati in possesso di un furgone pieno di attrezzature elettroniche, ma subito rilasciati e zitti zitti rimpatriati. Altro che quel buco di 5 metri nel muro del Pentagono, fatto da un colosso di 39 metri di apertura alare, con motori da decine di tonnellate, tutto svaporato e scomparso. Altro che le migliaia di ingegneri, costruttori, architetti, piloti, esperti di esplosivi che hanno ridicolizzato l’idea che quei due “aerei” fossero aerei e che avessero buttato giù tre torri, di cui una, la 7, neanche colpita, ma tracimante di apparecchiature e documenti Cia. E che da anni chiedono l’apertura di una inchiesa, stavolta davvero indipendente, ma sulle responsabilità del regime Usa, non dei sauditi. Altro che PNAC, il documento dei neocon con il quale auspicavano una “nuova Pearl Harbor” come pretesto per riarmare gli Usa e lanciarli alla conquista del mondo. Cosa puntualmente verificatasi grazie all’11 settembre. Per grazia saudita?
Altro che, altro che, altro che… Sapete benissimo che potrei andare avanti per tante pagine quante sono quelle racchiuse nelle migliaia di pubblicazioni che hanno demolito la versione ufficiale. Ma no, tutti o inetti, o falsari, o folli, comunque complottisti. Le torri sono state abbattute e il Pentagono è stato bucato da aerei dirottati da piloti sauditi che, in tal modo, hanno aperto le porte dell’inferno a un’umanità instradata verso la guerra infinita al terrorismo, il governo mondiale totalitario dell’unica superpotenza, il probabile olocausto del pianeta. Diavoli di sauditi. Cittadini di un paese che non ha nemmeno una fabbrica di orologi, che non è capace di produrre spazzolini da denti, che, a partire dal telefonino e dal monopattino, ha in casa soltanto roba fabbricata fuori. Ma che, perbacco, stanno ai piloti dell’aeronautica mondiale come Beep Beep sta a Willy Coyote. E che, quanto a tecnologia dinamitarda, di demolizione, di violazione dei più avanzati apparati di sicurezza elettronica e aeronautica, di sottrazione alla ricerche, non hanno l’eguale al mondo e danno dei punti perfino a Tel Aviv. Diavoli anche perché miracolosamente resuscitati, se è vero che almeno mezza dozzina dei presunti 19 sono ricomparsi in vita e hanno dato notizia di sé.
Da complottisti contro e complottasti pro
Cosa ha innescato questa formidabile inversione a U di quanti erano stati additati, nelle loro denunce agli apparati Usa, di demenziale dietrologia?. Un documentino di 18 pagine, in parte sbianchettate, titolato “File17”, che faceva parte dell’inchiesta del Congresso sull’11 settembre, ma fu secretato da Bush. Compilato da Lana Lesemann e da Michael Jacobson conterrebbe, secondo Chiesa ben 40 nomi di complici sauditi dei dirottatori. Però ne vengono citati solo due, Fahad Al Thumairy e Omar Alk Bayoumi, personaggi all’orecchio dell’allora ambasciatore saudita Bandar bin Sultan e di sua moglie, presumibili agenti segreti, che avrebbero aiutato, con soldi e alloggi e benefit vari, due dei 19 presunti dirottatori, Nawaf Al Hamzi e Khaled Al Mihdhar. Una storia che vi risparmio nei dettagli, anche perché potete andare a trovarla in rete, ma che è soltanto la rimasticatura di una storia pubblicata da Philip Shenon, sul quotidiano principe dell’ebraismo filo-israeliano e filo-bellico, New York Times, ben sette anni fa. E che non dimostra assolutamente niente sulla dinamica dell’abbattimento tramite presunti dirottatori. La sollecitazione a rilanciarla con timpani e tromboni viene dal gruppo di famigliari delle vittime che vorrebbe portare a giudizio il governo saudita e cui Obama e il Congresso ha ora dato via libera. Via libera mai concessa alle centinaia di congiunti delle vittime delle Torri che, invece, intendevano processare il governo degli Usa.
Qui nessuno intende esonerare i sauditi, allora strettissimi alleati e complici nelle imprese criminali di Washington. Indubbiamente partecipi dell’operazione neocon 11 settembre con la fornitura di fondi e di patsies. Un ministro saudita alla circolazione di questa nuova accusa ha risposto che se parlasse lui, dell’11 settembre, l’intero assetto di potere nordamericano andrebbe a carte e quarantotto. E’ credibile. Incredibile è che Giulietto Chiesa, quasi non fosse il castigamatti dei crimini Usa che validamente è, ma fosse ancora collaboratore di Radio Liberty, emittente di Soros e della Cia, e gli altri, vogliano ad ogni evidenza tentare di resuscitare la grottesca teoria dei dirottatori, sauditi o uraniani, dell’attentato voluto da Riad, delle torri abbattute e del Pentagono traforato da dirottatori sauditi su Boeing. Montando le poche, vecchie e inconsistenti cose del “File17” (soldi e assistenza ai presunti dirottatori) sul presupposto arbitrario, falso, apodittico, dell’esistenza di dirottatori e aerei dirottati.
Considerazione finale. Nell’immediato abbiamo un’Arabia Saudita, per quanto maleodorante nel suo protagonismo wahabita-jihadista e nella sua guerra di sterminio al popolo yemenita e a tutti gli sciti, finita sul banco degli imputati per insufficiente collusione con il grande partner americano: il dialogo con Putin e l’alleanza fattiva, del tutto intollerabile per Erdogan come per Obama, Hillary e tutta la cupola, con il presidente egiziano Al Sisi. Sul piano storico assistiamo allibiti al lavaggio nel Mar Rosso dei panni sporchi della cosca genocida Usa che, probabilmente in collaborazione con Israele, ha allestito la più grave nefandezza terroristica dei tempi moderni, con quanto poi ne è venuto in termini di tragedie e delitti incommensurabili e di una guerra al terrorismo consistente in terrorismi senza limiti e senza fine. Gridare ora “sono stati i sauditi, punto” a me personalmente sbigottisce. Forse qualcuno spiegherà. Forse no. Forse non vorrà/potrà. Era bello fare il complottista contro chi di complotti campa. Meno bello fare il complottista nel complotto.
Fulvio Grimaldi (http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/07/francia-fanno-tutto-da-soli-e-sono.html)