Nizza, l’attentato studiato – Il tunisino Bouhlel come l’anarchico Valpreda
Come si organizza un attentato falsa bandiera come quello di Nizza? La risposta più plausibile è il ricorso alla tecnica adottata a Piazza Fontana nel dicembre del 1969: ad un primo livello, quello delle pedine inconsapevoli dell’attentato in preparazione, è sovrapposto un secondo livello, quello dei servizi segreti che scelgono l’obiettivo e organizzano l’operazione, nascosti dietro le quinte. Mohamed Lahouaiej Bouhlel, il tunisino “violento”, “instabile”, “donnaiolo”, “bisessuale”, svolge nella strage della Promenade des Anglais lo stesso ruolo dell’anarchico e ballerino d’avanspettacolo, Pietro Valpreda, nell’attentato di Piazza Fontana: un semplice capro espiatorio. Anzi, addirittura migliore di Valpreda perché, qualsiasi sia stata la vera dinamica della carneficina, il tunisino è irrimediabilmente morto.
Il tunisino Bouhlel come l’anarchico Valpreda
Di scarsa utilità è lo studio della storia repubblicana dell’Italia che, uscita sconfitta dall’ultima guerra, fu vittima di una ventennale strategia della tensione (trenta anni, aggiungendo le stragi di mafia degli anni ’90), per frenare l’esuberanza elettorale del PCI e (oppure soprattutto?) per mantenere il Paese in una perpetua condizione di subalternità economica e politica, col ricorso ad attentati destabilizzanti, omicidi eccellenti e rapimenti di spicco.
Tra i pochi vantaggi si annovera l’acquisizione di una certa dimestichezza con una materia oscura come il terrorismo di Stato ed una certa malizia nell’affrontare le dinamiche della strategia della tensione che si ripropongono quasi uguali oggi, modificate qua e là solo per adattarle al mutato contesto politico e sociale: non più “brigatisti” ma “islamisti”, non più stelle rosse ma drappi neri, non più la retorica marxista-leninista ma quella della jihad mussulmana.
Per il resto è sempre il vecchio copione, trito e ritrito, che l’Italia sperimentò nel lontano 12 dicembre del 1969 con la bomba alla sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura: 17 morti che sancirono l’inizio di una lunga stagione terroristica, eterodiretta dai servizi angloamericani, israeliani e francesi (con l’aggiunta del BND tedesco, semplice filiazione, però, della CIA e del MI6). La strage di Piazza Fontana è, tutt’ora, un modello insuperato per sviscerare il terrorismo di Stato, comprenderne le logiche ed i meccanismi: è il prototipo dell‘attentato falsa bandiera, di cui la bomba che ha sventrato l’aeroporto Zaventem di Bruxelles o la carneficina di Nizza del 14 luglio sono semplici ripetizioni.
Come funziona quindi un attentato eterodiretto dai servizi? Bé, la triste vicenda di Piazza Fontana insegna che lo stragismo di Stato si compone normalmente di due livelli, due strati applicati l’uno sopra l’altro.
Al primo livello troviamo le pedine, la bassa manovalanza che partecipa all’azione senza essere neppure consapevole della natura dell’attentato in preparazione: come semplici operai avvitano bulloni, ignari che la linea di montaggio cui lavorano produce fucili e non frullatori. Le pedine, cui le autorità ed i media attribuiscono la paternità dell’attentato al termine dell’operazione, sono necessariamente tenute all’oscuro della macchinazione: pochi, infatti, sono gli uomini disposti ad uccidere a sangue freddo decine di persone e, ancora meno, quelli pronti ad immolarsi da kamikaze od a marcire in carcere per tutta la vita.
Al secondo livello troviamo i “pupari”, gli uomini dei servizi segreti che si spacciano come forze dell’ordine sotto copertura o criminali coinvolti in qualche attività illecita ordinaria: chiedono alle pedine di trasportare una borsa nel luogo X all’ora Y o di partecipare, ben remunerati, ad un’esercitazione d’antiterrorismo che degenera presto in una vera e propria carneficina. I “pupari” raramente finiscono sul banco degli imputati e, se incappano accidentalmente in qualche zelante magistrato, trovano provvidenzialmente riparo all’estero.
Nella strage di Piazza Fontana, la funzione della pedina è svolta da Pietro Valpreda (1933-2002): ballerino d’avanspettacolo, anarchico-individualista, dipinto come uomo fragile e manipolabile, finisce sul banco degli imputati per aver collocato la bomba nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura grazie alla controversa testimonianza di un tassista. Nelle settimane successive alla strage è oggetto di una violenta campagna mediatica che lo dipinge come un pazzo sanguinario. Si discute tuttora se Valpreda abbia effettivamente collocato un ordigno a scopo dimostrativo, cui fu affiancata una seconda bomba letale, o se a piazzare l’esplosivo sia stato un sosia: nessuno dei sette processi sulla strage di Piazza Fontana ne proverà mai comunque la colpevolezza e Valpreda uscirà definitivamente dall’iter giudiziario già negli anni ’80.
Al secondo livello, dove non arrivano le condanne, ma solo le inchieste giornalistiche e le indiscrezioni di fonti molto bene informate, troviamo gli esponenti di estrema destra che hanno infiltrato gli ambienti anarchici frequentati da Valpreda (Mario Merlino, Giovanni Ventura, Delfo Zorzi, etc.), in contatto con agenti del servizio segreto italiano (Guido Giannettini), a loro volta coordinati dall’ufficio Affari Riservati del Viminale. È proprio qui, secondo la ricostruzione fornita dal saggista americano ed ex-agente segreto Peter Tompkins che va cercata la regia della “strategy of terror” ed individua nel funzionario del Viminale, Federico Umberto D’Amato, intimo dei servizi americani sin dalla guerra, la mente dell’operazione di Piazza Fontana1.
Studiata la struttura di Piazza Fontana, prototipo della strategia della tensione, abbiamo strumenti idonei per sviscerare qualsiasi altra strage di Stato, compresa la carneficina di Nizza del 14 luglio.
Al primo livello, quello delle pedine, troviamo il 31enne tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel, che nella vicenda ricopre lo stesso ruolo dell’anarchico Pietro Valpreda, con l’ulteriore vantaggio che, essendo morto, gli sarà impossibile imbastire qualsiasi difesa davanti alla stampa ed alla giustizia.
Bouhlel, affetto da problemi psichici tra il 2002 ed il 2004, installatosi in Francia nel 2008 con la moglie originaria di Nizza da cui ha tre figli, in corso di divorzio, impiegato come autotrasportatore da un anno e mezzo dopo un periodo di disoccupazione, è conosciuto alle forze dell’ordine solo per alcune violenze commesse tra il 2010 ed il 20162: la moglie, infatti, si premura di incontrarlo solo in luoghi pubblici, per evitare che Bouhlel alzi le mani.
Descritto come taciturno ed introverso dai vicini di casa, Bouhlel sembrerebbe sfogare il suo esuberante carattere nel tempo libero: pratica arti marziali, frequenta una palestra ed una scuola di salsa (dove è noto come “Momo”), alza il gomito con la bottiglia, abborda donne giovani e mature ad ogni occasione. Fisicamente prestante, Bouhlel arrotonda forse lo stipendio prostituendosi con uomini, tanto che, secondo le ricostruzione dei media3, la sua più assidua frequentazione sarebbe stato un 73enne, ascoltato dalla polizia dopo i fatti del 14 luglio. Come nel caso di Valpreda, il quadro che ne emerge è quindi quello di personalità fragile e manipolabile, che oscilla tra la violenza famigliare e la costante ricerca di nuove donne, tra l’alcool ed i rapporti omosessuali, una figura, insomma, che un po’ di denaro e qualche menzogna si può facilmente circuire.
Bouhlel è “scelto” per l’operazione del 14 luglio per tre principali ragioni: i suoi natali arabi, la patente di autotrasportatore, conseguita circa 18 mesi fa, la sua saltuaria comparsa nei radar della polizia. Del tutto carente è il profilo di Bouhlel sotto l’aspetto del fanatismo religioso: data la sua vita piuttosto dissoluta e la sua estraneità a qualsiasi pratica mussulmana, il ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve, parlerà, per avvalorare la pista del terrorismo islamico, di un nuovo tipo di terrorista, “radicalisé très rapidement”, ossia convertitosi ai precetti dell’islamismo più radicale in sole due settimane.
La tesi fa chiaramente fa acqua da tutte le parti ed è questo il motivo per cui, lo stesso giorno della conferenza stampa di Cazeneuve, il SITE Intelligent Group “scova” la rivendicazione ufficiale dell’ISIS sino a qual momento mancante (Bouhlel sarebbe un “un soldat de l’Etat islamique qui a répondu aux appels lancés pour prendre pour cible les ressortissants des pays de la coalition qui combattent l’EI”4).
Al secondo livello si collocano invece le menti della strage del 14 luglio 2016, di cui disponiamo al momento, e forse per sempre, di pochissime informazioni. Dato il profilo “laico” di Bouhlel e le caratteristiche delle persone finora fermate (una coppia di albanesi, criminali comuni che avrebbe venduto una pistola automatica al tunisino5) è difficile ipotizzare il coinvolgimento di imam o fanatici sunniti, riconducibili alla solita Fratellanza Mussulmana, che avrebbero orchestrato la strage con il placet dei servizi segreti francesi. Più facile, invece, è che al secondo livelli si trovino direttamente gli agenti dei servizi transalpini ed israeliani, che hanno probabilmente adescato l’autotrasportatore tunisino, personalità manipolabile ed a corto di soldi, promettendogli una bella somma per partecipare ad un’esercitazione antiterroristica, velocemente degenerata nella strage del 14 luglio.
Analizziamo ora la dinamica dei fatti per dimostrare la validità della nostra tesi.
I soldi ai famigliari, il vetro blindato, le armi finte: l’esercitazione diventa strage
L’esercitazione antiterrorismo che si tramuta in attentato è una tattica non nuova: sicuramente in molti ricorderanno come in concomitanza agli attentanti islamisti a Londra del 7 luglio 2005, costati la vita ad una cinquantina di persone, una società di sicurezza privata, la Visor Consulting, stesse conducendo un’esercitazione che “simulava” gli attacchi poi effettivamente perpetrati da “Al Qaida”6. Più di un elemento lascia supporre che la stessa tattica sia stata impiegata anche a Nizza.
Bouhlel, a lungo disoccupato ed obbligato a pagare gli alimenti alla moglie per il mantenimento dei tre figli, inizia improvvisamente ad inviare denaro e qualche bene di lusso alla famiglia, dicendo al fratello di volere presto tornare a vivere in Tunisia, come fanno spesso gli immigrati dopo aver accumulato una piccola fortuna all’estero (“Negli ultimi tempi non faceva che chiedermi dei nostri genitori. Mi aveva detto che sarebbe tornato presto a vivere a Msaken. E aveva anche cominciato a spedire telefoni cellulari e del denaro. Piccole somme. Trecento, quattrocento euro alla volta”7).
Purtroppo non è possibile precisare l’entità di questi “ultimi tempi”, ma, quasi certamente, corrisponde al lasso temporale in cui l’autotrasportare tunisino (che ha la patente per guidare i mezzi pesanti da 18 mesi circa) è impiegato in un lavoretto “extra”: un’occupazione che genera un improvviso benessere, tanto da consentirgli di inviare soldi ai famigliari e di progettare di ristabilirsi in Tunisia, come un rimpatriato di successo. È un’occupazione che non crea nessun turbamento in Bouhlel, perché nessuno nota cambiamenti nel suo umore ed il fratello, poche ore prima della strage, riceve un foto che lo ritrae rilassato e felice (“Ha detto che era a Nizza con i suoi amici europei per celebrare la festa nazionale”8).
Perché Bouhlel è così sereno a distanza di poche ore dall’attentato?
La risposta è semplice: per l’autotrasportatore, il 14 luglio si delineava come un giorno identico ai precedenti, un giorno in cui avrebbe svolto un lavoro ben remunerato per non meglio precisate forze dell’ordine, con cui ha una certa dimestichezza dati i suoi trascorsi giudiziari.
Bouhlel noleggia il camion frigo l’11 luglio ed effettua “sopralluoghi” sulla Promenade des Anglais il 12 e 13 luglio, dove è ripreso dalle telecamere di sicurezza9. Perché Bouhlel che vive da anni in città, si reca per due giorni consecutivi sul luogo dell’imminente strage? Non conosce il lungomare nizzardo? No, Bouhlel bazzica la Promenade des Anglais con l’autocarro perché è quello il lavoro per cui è pagato: testare la sicurezza del centro-città guidando un camion su cui viaggiano granate e fucili d’assalto finti, gli stessi che saranno rinvenuti sull’abitacolo dopo l’attentato (“una pistola automatica finta, due repliche di fucili d’assalto, kalashnikov e M16 finti”10).
Bouhlel, la notte del 14 luglio, era certo che avrebbe partecipato alla stessa operazione antiterrorismo già svolta nei due giorni precedenti.
L’unica differenza, quella sera, sarebbe stata testare l’efficienza (o meglio dire, l’inefficienza) delle forze di sicurezza durante una grande manifestazione come lo spettacolo pirotecnico sul lungomare.
Il camion, su cui sono già a bordo le armi finte, è lasciato parcheggiato in prossimità della Promenade des Anglais, dove non avrebbe dovuto nemmeno sostare data la chiusura della zona ai veicoli per la festa serale: gli agenti fermano Bouhlel già nel pomeriggio del 14 ed il tunisino se la cava con poco, dicendo che deve consegnare gelati. Si noti che qualcuno, tra l’11 luglio ed il giorno della strage, ha sostituito il parabrezza del camion frigo con un vetro blindato (che non andrà in frantumi nonostante la pioggia di proiettili)11, così da proteggere il conducente, complice dei servizi, nell’inevitabile scontro a fuoco.
Manca ora poco all’attentato.
Bouhlel raggiunge il lungomare in bicicletta (il suo abituale mezzo di locomozione che, nel condominio in cui abita, conserva diligentemente nel suo appartamento per evitare furti) e, arrivato al camion, colloca la bici nel carico del camion, sicuro, evidentemente, di spostarsi da quella zona nel corso della serata12. Adesso è a bordo dell’autocarro e siede a fianco, probabilmente, dell’uomo dei servizi che compirà la strage. Bouhlel invia ad uno degli uomini attualmente in custodia l’sms su cui scrive “Amène plus d’armes, amènes en 5 à C.”,13 “Porta più armi, portane 5 a C.”, evidenziando come le armi, tutte finte tranne un pistola calibro 7.65con cui il conducente farà fuoco dall’abitacolo, siano il vero oggetto dell’esercitazione cui il tunisino pensa di partecipare.
Il camion, cinque minuti dopo l’invio dell’sms, si mette in moto, da principio adagio.
A questo punto Bouhlel è, probabilmente, ucciso nell’abitacolo da un secondo uomo, l’agente dei servizi, che ha sinora collaborato con lui “all’operazione antiterrorismo”. L’agente prende il volante, un motociclista si affianca al mezzo e nel tentativo di salire a bordo perde le vita finendo sotto le ruote, due agenti aprono il fuoco, il conducente ora accelera ed inizia la macabra corsa di due chilometri zigzagando tra la folla.
La polizia crivella di colpi la cabina, ma il vetro blindato protegge l’agente a bordo: raggiunto il punto di raccolta concordato preventivamente, il famoso hotel Negresco14, l’autocarro si ferma. Entra in azione il resto della squadra che, in abiti da Police Nationale, “uccide” Bouhlel e mette in salvo l’agente dei servizi, sfruttando il caos generalizzato. Un video manipolato, apparso il 15 luglio sul sito israeliano Ynet e confutato l’indomani da Le Monde nell’articolo “Attentat de Nice : une vidéo manipulée fait croire que le terroriste a été capturé vivant” filma il prelevamento di un uomo da parte della polizia, che lo trascina correndo via dal camion: diffondendo materiale falso, i servizi segreti israeliani hanno voluto probabilmenteinficiare la vera dinamica dei fatti. Il ballerino di salsa Bouhlel, a differenza del ballerino d’avanspettacolo Valpreda, non potrà nemmeno tentare una difesa.
Ciò che più stupisce, ed è sintomo della gravità del contesto economico-sociale percepita dall’establishment euro-atlantico, è la concitazione della strategia della tensione francese rispetto a quella attuata decenni fa in Italia, dove intercorrono cinque anni tra la strage di Piazza Fontana ed il pesantissimo 1974 (l’attentato di Piazza Fontana e la bomba sul treno Italicus).
Nell’Esagono si contano attentanti spettacolari con cadenza quasi semestrale ed attentati minori, anch’essi letali, con cadenza mensile: puntualmente il primo ministro Manuel Valls ripete che la Francia è in guerra (“Nous faisons face à une guerre que le terrorisme nous livre” ha detto il 15 luglio) e preventiva nuovi morti e nuovi attentati che si materializzano puntualmente a distanza di poche settimane.
Si noti, infine, come allo base dello stragismo di Stato dimori sempre il connubio tra massoneria e servizi segreti: logge americane, inglesi e francesi supervisionarono gli anni di piombo italiani, come il Grande Oriente di Francia (cui appartengono François Hollande e Manuel Valls15) riveste oggi un ruolo di primo piano negli attentati che stanno insanguinando la Francia.
Lentamente anche la società francese sembrerebbe prendere coscienza di quanto sta avvenendo (si veda l’accoglienza riservata a Valls in occasione della visita a Nizza, salutato al grido di “bastardo” e “assassino”), ma la triste impressione è che l’Europa di oggi abbia, almeno a livello di classi dirigenti (politici, intellettuali, giornalisti, etc.) ancora meno anticorpi che nell’Italia degli anni ’70.
Sulla strage di Piazza Fontana, costata la vita a 17 persone, sono stati imbastiti sette processi e versati fiumi d’inchiostro in libri, inchieste giornalistiche e libelli. La strage di Nizza, costata la vita a 84 persone, è sostanzialmente già archiviata dopo una settimana: si attende solo il prossimo attentato per parlare d’altro.Pauvre France!
Il video falso che dimostra il prelevamento del terrorista da parte della polizia (minuto 1:50), diffuso dai servizi israeliani il 15 luglio per inficiare la vera dinamica dei fatti.
Federico Dezzani
Twitter: @FedericoDezzani
1Il Segreto di Piazza Fontana, Paolo Cucchiarelli, Ponte delle Grazie, 2009, pagina 441
2http://www.lemonde.fr/societe/article/2016/07/16/attaque-de-nice-les-motivations-troubles-de-mohamed-lahouaiej-bouhlel_4970489_3224.html
3http://www.huffingtonpost.fr/2016/07/18/mohamed-lahouaiej-bouhlel-terroriste-nice-attaque-terrorisme_n_11052290.html
4http://www.liberation.fr/france/2016/07/18/mohamed-lahouaiej-bouhlel-terroriste-d-un-genre-nouveau_1467026
5http://www.sudinfo.be/1625181/article/2016-07-17/attentat-de-nice-sept-personnes-en-garde-a-vue-apres-une-nouvelle-interpellation
6https://www.youtube.com/watch?v=JKvkhe3rqtc
7http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/18/news/la_strage_di_nizza_diventa_un_mistero_la_bici_le_finte_armi_e_l_ultimo_sms-144334808/
8https://www.lastampa.it/2016/07/17/esteri/strage-a-nizza-venti-gli-italiani-ancora-da-rintracciare-kioqkNZ8r958RvjlBYlqqI/pagina.html
9http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/strage_nizza_bouhlel_non_sono_io-1861002.html
10http://www.corriere.it/esteri/16_luglio_15/nizza-strage-chi-assalitore-franco-tunisino-7ca69fcc-4a4d-11e6-8c21-6254c90f07ee.shtml
11http://www.debka.com/article/25551/Nice-terror-truck-had-bullet-resistant-windshield
12http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/18/news/la_strage_di_nizza_diventa_un_mistero_la_bici_le_finte_armi_e_l_ultimo_sms-144334808/
13http://www.parismatch.com/Actu/Societe/Le-tueur-de-Nice-Mohamed-Lahouaiej-Bouhlel-avait-il-des-complices-et-combien-1020964
14http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/14/news/nizza-144100478/
15http://www.lexpress.fr/actualite/politique/un-franc-macon-nomme-valls_1681324.html