Savigno, 29 maggio 2016 – Resoconto dell’incontro di Sentiero Bioregionale
Circa un mese fa Paolo aveva ricevuto l’informativa dal CIR relativa all’incontro annuale di Sentiero Bioregionale, un gruppo di persone, bioregionalisti ed ecologisti. Nell’informativa si diceva che la riunione si sarebbe tenuta a Savigno (BO) dal 27 al 29 maggio. Savigno è un paese (non più un Comune, visto che fa parte del Comune unificato Valsamoggia), poco distante da Spilamberto, appena una trentina di chilometri, ed io l’ho interpretato subito come un segnale favorevole a partecipare.
Dopo essermi consultata con Paolo, ho scritto al coordinatore del gruppo, Giuseppe Moretti, per avanzare la richiesta di partecipazione e, dopo il suo acconsentire, la mattina del 29 maggio 2016, di buon’ora, io e Paolo siamo partiti.
La giornata non era particolarmente soleggiata e calda come le precedenti, ma meglio così, il fresco lascia le menti più lucide e il cuore era comunque aperto.
Le indicazioni per raggiungere il luogo erano chiare e semplici, arrivati all’agriturismo La Lodola, una casa per l’ospitalità di gruppi in autogestione, abbiamo visto un bel numero di auto, correttamente parcheggiate e lì abbiamo lasciato la nostra e ci siamo avvicinati, con un po’ di curiosità.
Non sapevamo ancora chi avremmo trovato, eravamo sicuri (almeno io lo ero) di incontrare Moretti ed Etain Addey. Abbiamo visto un paio di persone fuori nel prato ed altri
dentro, nell’ingresso della casa. Tutti ci hanno salutato affabilmente. Alcuni Paolo li conosceva già (oltre a Giuseppe, Vincenzo ed Egidio, Cosetta, Silvana, ecc.), con altri ci siamo presentati. Era un momento di movimento:
alcuni erano già in partenza per loro impegni e la necessità di ritornare alla loro casa.
Nel gruppo rimasto si respirava un’aria di familiarità e affetto, sorrisi e parole, chi partiva salutava e lasciava, magari, i propri recapiti. Tra gli altri abbiamo visto Felice, l’unico che io conoscevo già, con i suoi vasi di frutta secca ed erbe per tisane e libriccini autoprodotti. C’erano anche diversi “giovani” e bambini, il che fa ben sperare.
Dopo un po’ è stato allestito fuori, su un prato, un cerchio di panche per fare la prima condivisione del giorno. Giuseppe ha prima raccontato che la sera precedente c’era stato un piccola recita sulla Grande Madre e sulla sacralità della Natura, e che più tardi, dietro sollecitazione di una donna di cui ora mi sfugge il nome, avremmo compiuto un breve rito
di ringraziamento alla Madre. Poi Giuseppe ha invitato me e Paolo a presentarci, visto che eravamo gli unici arrivati della mattina. Io ho raccontato qualcosa di me, del modo in cui io e Paolo ci siamo conosciuti e messi assieme, nell’estate del 2009, ormai quasi sette anni fa, e del fatto che da lui avevo subito sentito parlare di bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità della natura (che poi sono la stessa cosa), della Rete Bioregionale Italiana e dell’incontro che avrebbe dovuto tenersi all’epoca ad Acquapendente, che poi per vari motivi, fu annullato.
Ho raccontato di essere veterinaria della USL, dovendo poi, in un secondo momento, specificare che un veterinario USL non cura gli animali, normalmente, ma esegue controlli ufficiali sugli animali allevati, quindi anche e soprattutto negli allevamenti che ormai sono prevalentemente intensivi. Ho continuato dicendo come “mi piace” conoscere queste realtà, il che mi rende consapevole che è necessaria secondo me, un’inversione di tendenza, per il bene nostro, degli animali stessi e della natura nel suo insieme.
Paolo si è presentato, per quelli che non lo conoscevano, come uno dei “vecchi” bioregionalisti italiani , raccontando sommariamente del suo stare a Calcata prima e del suo trasferimento a Treia (dal Treja a Treia), annunciando alcuni incontri che abbiamo in calendario per quest’anno: Montecorone di Zocca, 18 e 19 giugno; Ronciglione, 25 e 26 giugno e Treia dal 7 al 14 agosto; invitando chiunque volesse partecipare e proponendo, per il futuro, di valutare l’opportunità di fare, magari una volta l’anno, un incontro congiunto.
Poi ha cominciato a piovere e ci siamo trasferiti in una grande sala al primo piano, per continuare la presentazione dei temi previsti nell’incontro. All’inizio Giuseppe, rispetto alla proposta di Paolo, ha risposto che “le ferite devono ancora rimarginarsi” ma che è sempre stato nelle sue intenzioni mantenere buoni rapporti con tutte le altre realtà ecologiste e poi si è affrontato il primo tema della mattinata, sul senso di “presenza”. Se ricordo bene l’argomento verteva sul “sentire che nell’ambiente in cui si vive una consapevolezza bioregionale (o meno) da parte della gente del luogo e su quello che si prova al riguardo, allorché non c’è una comunione stretta con gli altri abitanti del luogo”.
Molte persone hanno detto la loro, la maggior parte mi pare abbiano espresso un certo disagio nel vivere in un luogo, pur nella bellezza della natura in alcuni casi, ma in cui, spesso, solo negli anziani si riscontra una vera conoscenza della natura e amore per essa.
Certo, si deve partire da quello che si sente per poter essere dei semi per il cambiamento, senza pretendere di dare giudizi, affibbiare etichette e senza voler “imporre” dall’alto una “rivoluzione” che può essere accolta solo se percepita dal basso, comunque si voglia chiamare questa spinta (bioregionalismo, ecologia, amore per la natura, ecc.).
Non sono intervenuta, ma avrei voluto dire che, personalmente, nei luoghi dove vivo non c’è l’identificazione precisa di una bioregione specifica e che la consapevolezza ecologica delle persone è molto variabile. Paradossalmente ne trovo molta di più in Emilia, luogo inquinato per eccellenza in Italia ed in Europa, che nelle Marche, ma forse proprio perché, essendo quest’ultima una regione meno contaminata, non si sente fortemente l’esigenza da parte della maggioranza delle persone di collegarsi alla natura.
Secondo me, però, è comunque necessaria una crescita in consapevolezza e amore per la Natura e per tutto ciò che contiene (quindi, anche esseri umani), per contrastare la deriva di globalizzazione e consumismo che mette a rischio, col tempo, la sopravvivenza di tutti noi e dei nostri discendenti.
Poi c’è stata la presentazione del libro su Peter Berg “Alza la posta” a cura di Giuseppe Moretti.
Era ormai ora di pranzo. Un gruppo di volenterosi aveva nel frattempo predisposto ottimo cibo non so se casualmente o intenzionalmente era vegetariano; abbiamo consumato il
pasto in una sala tutti assieme e con alcuni nostri vicini ci siamo intrattenuti a parlare di vari argomenti bioregionali.
Etain non c’era, spero di avere un’altra occasione per incontrarla.
Dopo pranzo, siamo usciti all’aperto. Un raggio di sole ci ha
benedetto, dopo tutta l’acqua che era venuta. Ci siamo messi in cerchio attorno ad una “statua” che sembrava una sirena, un essere mitologico, o non so cosa, e chi ha voluto ha offerto dei doni o ha espresso parole di ringraziamento per il luogo, per i presenti e per la natura, finendo con un suono emesso coralmente (OM) per riconnetterci tra noi e l’ambiente.
Caterina Regazzi – Rete Bioregionale Italiana