Bruxelles – “Ius Soli” e morte…

Perché i terroristi hanno colpito proprio a Bruxelles? In fondo, dopo Parigi c’erano tante altre città più importanti, più significative, più rappresentative dell’identità europea (quella vera) che gli jihadisti vogliono distruggere: Roma, Berlino, Vienna, la stessa Londra…

Bruxelles, però – obiettano con orgoglio gli eurocrèduli – è la capitale dell’Unione Europea. «Ma mi faccia il piacere» – avrebbe risposto il grande Totò – l’Unione Europea non è l’Europa, L’Europa autentica, l’Europa dei popoli e delle nazioni, non è la civiltà europea, non è il sangue e l’anima della nostra Europa. È una “espressione geografica” – avrebbe detto Metternich – tenuta insieme da “valori” nei quali si riconosce soltanto una ristretta élite di politicanti, di affaristi e di burocrati. Un’espressione geografica che talora strizza l’occhio ad ambienti non distanti dallo jihadismo, e che con questi ambienti traffica, interagisce, contratta pacchetti azionari e forniture militari.

No, il motivo è un altro: Bruxelles è semplicemente la metropoli più islamica d’Europa, dove la percentuale della popolazione musulmana è già del 25%, e cresce rapidamente grazie “al ventre delle donne islamiche”. Per avere un’idea dell’incidenza del fattore demografico sulle dinamiche del popolamento, basti pensare che nella fascia d’età inferiore ai 30 anni – lo ricorda Paolo Sensini sul “Giornaletto di Saul” – gli abitanti musulmani della capitale belga sono già oggi il 40%. E si tratta ormai di cittadini belgi (e quindi europei) a tutti gli effetti di legge. O, meglio, di soggetti stranieri divenuti cittadini belgi in base a quell’infame “innovazione” dello Ius Soli che in Belgio è stata attuata in modo più imbecille che altrove.

Il Belgio è stato, dalla fine della guerra mondiale in poi, un Paese di ampia immigrazione. Ma – guarda caso – fino a quando l’immigrazione era formata da componenti europee perfettamente integrabili (italiani, spagnoli, portoghesi, eccetera) nessuno si era preso il disturbo di modificare i criteri di attribuzione della cittadinanza, che era regolata dal principio dello Ius Sanguinis, come in tutti i Paesi europei. Si era cittadini belgi se si nasceva da almeno un genitore belga. Non appena, però, iniziò a prendere consistenza l’ondata migratoria di provenienza nordafricana (e musulmana) ecco che – nel 1991 – un ceto politico provinciale e pasticcione avvertì irresistibile l’esigenza di fare ponti d’oro ai nuovi arrivati. Si ebbe così una legislazione “d’avanguardia”, modificata nel 2000 per renderla ancòra più radicale e più “aperta”: oggi basta la permanenza di tre anni in Belgio per ottenerne la cittadinanza, a richiesta; cittadinanza attribuita invece automaticamente ai bambini nati in Belgio da cittadini stranieri (ancorché semplici residenti).

Naturalmente, quest’orgia di buonismo è andata ben oltre il semplice ius soli, investendo tutti i campi della vita civile al fine di “non far sentire a disagio” i musulmani. Particolare accanimento i politici locali hanno dimostrato nel picconare con scientifica metodicità ogni richiamo alle tradizioni religiose del Belgio, varando una legislazione ispirata non alla laicità (come per esempio in Francia) ma allo sbracamento totale nei confronti della religiosità altrui. Perfino le crociate di qualche preside italiano contro Presepi e Uova di Pasqua impallidiscono al cospetto del rimbambimento generale belga, giunto al punto da vietare le vacanze scolastiche di Natale e di Pasqua, sostituite da più neutre “vacanze d’inverno” e “vacanze di primavera” che possano “non urtare la sensibilità dei non cristiani”.

Cosa che sarebbe semplicemente ridicola in qualunque Paese del mondo, ma che in Belgio equivale a negare la stessa ragion d’essere dello Stato, nato e vissuto quasi unicamente per motivazioni d’indole religiosa. Il Regno del Belgio – infatti – nacque nel lontano 1830 dall’unione di una popolazione di lingua francese (i valloni) e di una popolazione di lingua olandese (i fiamminghi) che avevano fatto secessione da una patria più grande, quella che allora si chiamava Regno dei Paesi Bassi Uniti. La molla – come dicevo – era di ordine squisitamente religioso: valloni e fiamminghi erano cattolici, mentre sui Paesi Bassi Uniti regnava il protestante Guglielmo I d’Orange. Recidere le radici cattoliche del Belgio, quindi, equivale a negare la sua essenza e, potenzialmente, la sua stessa esistenza. Perché mai valloni e fiamminghi (che non si amano molto) dovrebbero continuare a convivere in un medesimo Stato, e non confluire invece – rispettivamente – nella Francia e nell’Olanda?
Il risultato di queste politiche – comunque – è stato una sorta di progressiva e crescente islamizzazione del Belgio, al cui interno vive oramai una comunità musulmana a sé stante, con le sue città, con i suoi partiti, con i suoi eletti, con le sue regole (e talora con le sue leggi) e, naturalmente, con la sua buona fetta di terroristi attivi o potenziali. La “capitale” di questo ufficioso Belgistan è Molenbeek, uno dei Comuni che costituiscono l’area metropolitana di Bruxelles, vivaio di fondamentalisti salafiti, ufficio di reclutamento per foreign fighters e centro di smistamento per terroristi in trasferta. Da Molenbeek sono partiti gli attentatori di Parigi, che poi sono tornati in sede ed hanno continuato a vivere indisturbati fino a pochi giorni fa, nascosti e protetti da un ambiente umano che, evidentemente, non è ostile alla predicazione jihadista.

In tale contesto, i governanti belgi hanno continuato a volgere altrove lo sguardo, facendo finta di non vedere quel che è ormai visibile anche ai ciechi. E cioè che il mondo islamico – o almeno una sua ragguardevole parte – non è compatibile, non è integrabile, non è amalgamabile con la società europea, con le sue radici cristiane e con il suo spirito laico e tollerante. Così come – al pari di tanti loro colleghi europei – i governanti brussellesi fingono di non vedere che una parte almeno dell’immigrazione musulmana non viene in Europa per abitarla, ma per invaderla e per conquistarla.

Mutatis mutandis, è un film che l’Europa ha già visto alcuni secoli or sono (in Italia, in Spagna, nei Balcani). Ma allora c’erano Capi – civili e spirituali – capaci di opporsi. Chi c’è oggi? Il Vispo Tereso che vende armi all’Arabia Saudita? O il Topolino del Pireo che va ad incontrare l’omologo turco a Smirne, dove cent’anni fa i turchi sterminarono la popolazione greca? E non vado oltre.

Michele Rallo – ralmiche@gmail.com

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