Le sanzioni USA contro la Russia come vendetta per la Crimea

Lunario Paolo D'Arpini 19 marzo 2016

La Crimea viene paragonata a una portaerei per una ragione, chi la controlla può controllare tutti i Paesi del bacino del Mar Nero. Turchia, Bulgaria, Romania, Georgia, Ucraina, Russia. Bene, la Russia ora controlla questo spazio. Tuttavia, se due anni fa, grazie al referendum popolare, la Crimea non fosse tornata tra le coste russe, oggi vi poteva sventolare la bandiera a stelle e strisce. Tutto il finanziamento di Majdan in Ucraina era volto a un particolare obiettivo, per il quale il dipartimento di Stato degli Stati Uniti non risparmiò né valigie di dollari, né i biscotti della Nuland, la Crimea. Il Sistema di difesa antimissile statunitense in Crimea avrebbe impedito alla Russia del Sud e Sud-Ovest la possibilità di usare i missili balistici, deterrente nel cosiddetto attacco nucleare preventivo statunitense. Non a caso il tanto vantato progetto di difesa missilistica europea, che innervosisce i nostri politici e militari, ha floppato col ripristino dello status quo in Crimea. Gli statunitensi bramavano la Crimea. Forse non come 53.mo Stato degli Stati Uniti, ma come potente base militare di sicuro. E avrebbe ripagato il rapido impoverimento di Kiev per i prossimi cento anni, sufficienti a far tacere il governo e la Majlis dei tartari di Crimea, e frenare gli appetiti della Turchia per la penisola. Il 13 febbraio 2014, quando i pneumatici e le truppe Berkut bruciavano sulla Majdan, uno squadrone della marina statunitense, guidato dalla portaerei George Bush con 90 aerei ed elicotteri a bordo e scortata da 16 navi da guerra e 3 sottomarini nucleari lasciò Norfolk per il Mar Egeo. Dieci giorni dopo, quando il presidente Yanukovich fu deposto a Kiev, la squadra attraversò il Bosforo sul Mar Nero. Sulla sua rotta vi erano le coste della Crimea, dove i marinai statunitensi speravano di vedere sulle mura della base della Flotta del Mar Nero russa le bandiere a stelle e strisce e ragazze con vishivanki e gonne corte salutarli con pane e sale. Ma gli statunitensi non le videro mai, e non furono accolti dalle “persone educate” già apparse in Crimea, e la Marina russa conduceva esercitazioni nelle vicinanze. Lo squadrone statunitense virò e si ormeggiò al largo delle coste della Turchia in attesa. Il cacciatorpediniere Donald Cook fu inviato in ricognizione, in un primo momento navigando allegramente in direzione di Crimea. Qui si ebbe l’assai noto incidente con il bombardiere Su-24 russo che più di dieci volte simulò un attacco alla nave statunitense, essendo invisibile al radar. L’aereo fu osservato visivamente, ma era invisibile ai radar, anche quello dei lanciamissili. Il sistema anti-radar Khibinij lo rese invisibile e il cacciabombardiere si rifugiò in un porto rumeno, e presto l’intero squadrone statunitense rientrò a casa; l’ingresso vittorioso a Sebastopoli fu annullato.
“Gli statunitensi si erano preparati molto seriamente e debitamente all’ingresso in Crimea, ha detto il membro del Comitato del Consiglio per la Difesa e la Sicurezza della Federazione Dmitrij Sablin. Un anno prima degli eventi di Majdan di Kiev, fecero restaurare vari edifici a Sebastopoli e Simferopol, dove previdero di ospitare il comando e l’unità d’intelligence, e basi aeree e presidi militari, che appartenevano all’Ucraina, furono considerate proprie installazioni militari e inviarono istruzioni per la conversione agli standard della NATO. Nei piani dell’esercito statunitense l’aprile 2014 era la data d’inizio degli aggiornamenti in Crimea. Sembrava che il problema fosse stato risolto. Ma il referendum sventò i loro piani, e il 18 marzo la Crimea ridivenne russa, dove gli ospiti stranieri non erano più graditi. In seguito gli statunitensi riconobbero che i russi li giocarono su tutti i fronti, ed imposero sanzioni impotenti, per vendetta per la Crimea“. Anche gli esperti occidentali che non possono essere accusati di amicizia verso la Russia, dicono che gli statunitensi previdero di creare una potente base militare in Crimea. E se si considera il fatto che nel 2017 scadeva il termine dell’accordo con l’Ucraina sul contratto d’affitto alla Flotta russa della base navale di Sebastopoli, gli Stati Uniti avrebbero acquisito il dominio completo nel Mar Nero. Dalla Crimea, Voronezh e Mosca possono essere facilmente prese di mira e, se necessario, anche… la Turchia. “Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Turchia ancora una volta cominciò a considerare la Crimea parte del mondo turco. Oggi Ankara sostiene apertamente la parte del Mejlis dei tartari di Crimea che organizza il blocco della Crimea, finanzia formazioni armate sul territorio della regione di Kherson ed organizza provocazioni al confine russo-ucraino, afferma il capo del centro di ricerca sulla Crimea dell’Istituto di studi orientali dell’Accademia russa delle Scienze Aleksandr Vasiliev. Ma qui la Turchia, come Paese della NATO, ha un conflitto di interessi con il “fratello maggiore” USA. Gli statunitensi preferiscono agire in modo indipendente nel Mar Nero e difficilmente lascerebbero alla Turchia la Crimea, se non per affrontare la parte russa della popolazione della penisola. E’ possibile che Ankara possa anche rompere le relazioni con Washington, perché nutre la mera pretesa della Crimea“.
La Russia ora attrezza attivamente la Crimea non solo come resort. La Flotta del Mar Nero è stata rafforzata da una ventina di navi moderne, tra cui sei sottomarini, una fregata (e altre in futuro), un incrociatore lanciamissili e piccole navi lanciamissili. Un folto gruppo delle Forze di reazione rapida composto da paracadutisti e Fanteria di Marina è di stanza nella penisola, sostenuto dalla divisione delle Forze Aeree da combattimento dell’Aeronautica e della Difesa Aerea dotata dei nuovi sistemi di difesa aerea S-400. Presto vi saranno i missili balistici Topol-M e Jars, che nel migliore dei casi possono essere monitorati dagli statunitensi, ma non distrutti. I complessi missilistici Iskander-M e Bastion semplicemente non permetteranno al nemico di avvicinarsi al territorio della Crimea per una distanza 500-2000 chilometri. “Naturalmente, non molleremo mai la Crimea, nonostante minacce e sanzioni dagli Stati Uniti, afferma Dmitrij Sablin. Oltre alla retorica patriottica che, naturalmente, non è all’ultimo posto, non si sprecano le parole della canzone che parla di Sebastopoli, considerata la città gloriosa dei marinai russi; la Crimea è strategica, in termini militari. Se si fa un’analogia storica, è come Stalingrado nel 1942. Se le truppe sovietiche non l’avessero mantenuta sul Volga, i tedeschi avrebbero sfondato verso Baku, gli Urali e l’India. E le sanzioni… le mosche sono fastidiose per un orso, ma lui li alza le spalle“.

Viktor Sokirko, Fort Russ, 19 marzo 2016

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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