Germania. La popolazione tedesca è contaminata da glifosato…
La popolazione tedesca è contaminata da glifosato. Il prodotto è cancerogeno secondo l’Istituto di Ricerca sul Cancro di Lione (OMS) e che pertanto dovrebbe essere Bandito. In Italia, contro ogni logica, coi fondi europei se ne sovvenziona addirittura l’uso nella cosiddetta “Agricoltura Integrata”.
A quando un monitoraggio serio dei danni del disseccante sulla popolazione italiana?
L’europa intanto, invece di applicare il principio di precauzione bloccandone le vendite, rinvia la decisione sul Bando del glifosato e lascia l’Agente Arancio” ancora sugli scaffali dei consorzi agrari e venditori di Pesticidi.
In realtà i disseccanti sono “di fatto vietati”, in quanto non compatibili con le norme di Agricoltura integrata, obbligatorie su tutto il territorio Nazionale dal 1 gennaio 2014 (D.lgs 150/2012)
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Mentre in Italia non viene ancora fatta una rilevazione completa ed esaustiva sui residui di glifosato nelle acque, negli altri Paesi vanno avanti per accertarsi a che livello il famoso erbicida è entrato nella catena alimentare: in Inghilterra l’hanno fatto analizzando il pane, negli Stati Uniti gli assorbenti interni, in Francia nelle acque, ed ora anche la Germania.
Secondo un’indagine della Fondazione Heinrich Boell, tre quarti della popolazione tedesca sarebbe fortemente contaminata dal glifosato.
Lo studio, che ha esaminato la concentrazione di residui di glifosato nelle urine umane, ha messo in luce nel 75 per cento dei campioni analizzati una contaminazione di un quinto superiore ai limiti ammessi per l’acqua potabile. Nelle urine di un terzo della popolazione tale concentrazione sarebbe addirittura risultata superiore tra le 10 e le 42 volte.
Complessivamente, sono state riscontrate tracce di glifosato nel 99,6 per cento delle 2.009 prove analizzate. Le contaminazioni più elevate sono state registrate nei bambini di età compresa tra gli 0 e i 9 anni, nei giovani tra i 10 e i 19 anni e, tra le categorie professionali, soprattutto negli agricoltori.
I partecipanti allo studio che consumano abitualmente carne hanno mostrato essere maggiormente contaminati rispetto ai soggetti vegetariani e vegani.
“L’analisi che abbiamo condotto ha confermato i risultati dell’Agenzia federale per l’Ambiente, che aveva riscontrato la presenza di glifosato nelle urine di gran parte dei campioni esaminati, ha sottolineato la veterinaria Monika Krueger, curatrice dello studio. Per Krueger è chiaro: “Tenuto conto della rilevanza sanitaria di questi risultati, è necessario che vengano effettuate ulteriori analisi scientifiche che vadano ad individuare le possibili correlazioni tra la contaminazione da glifosato, attraverso l’assunzione di alimenti e acqua potabile o l’esposizione lavorativa, e la situazione sanitaria della popolazione, ovvero la comparsa di determinate malattie”.
Harald Ebner, conoscitore delle politiche in materia di Ogm e bioeconomia ed esperto di agricoltura del gruppo parlamentare dei Verdi, ha avvertito: “La consapevolezza del fatto che quasi ognuno di noi abbia nel proprio corpo questo fitofarmaco è, a mio parere, il chiaro segno che la sua autorizzazione non dovrà essere precipitosamente rinnovata”.
Il Presidente dell’Agenzia federale per l’Ambiente (Uba), Maria Krautberger, è apparsa poco sorpresa: “Questi valori non ci sorprendono affatto: rientrano nell’ordine di grandezza che anche noi abbiamo potuto recentemente riscontrare nell’ambito delle analisi di lungo periodo che abbiamo compiuto sulle urine di 400 campioni”.
Anche l’Uba chiede che vengano avviate ulteriori ricerche poichè, in base all’attuale legislazione europea, sostanze ritenute “probabilmente cancerogene” non dovrebbero essere autorizzate come “prodotti fitosanitari”.
L’Istituto federale per la valutazione del rischio (Bfr) non vede invece alcun pericolo per la salute: sebbene in concentrazioni basse, è prevedibile trovare delle tracce di glifosato nell’urina, ma proprio attraverso di essa, questa sostanza viene rapidamente eliminata.
Tutti i fornitori dovranno inoltre impegnarsi a ridurre, in futuro, l’impiego di tali sostanze durante il trattamento preliminare delle sementi e per la coltivazione di giovani piante.
Rinviata la decisione sul destino del glifosato
Rinviata ieri la decisione sul destino del glifosato in Europa, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, l’opposizione di 4 Stati membri (Italia, Francia, Olanda e Svezia) nonché la forte opposizione del gruppo di Socialisti e Democratici ha costretto la Commissione a rinviare la decisione sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato.
Maria Grazia Mammuccini – portavoce della coalizione italiana #StopGlifosato ha commentato: “Questo rinvio è un segnale importante, perché molti Stati membri, tra cui l’Italia, hanno deciso di prendere la strada giusta a difesa della salute dei cittadini, dell’ambiente e dell’agricoltura di qualità e non cedere alle pressioni delle multinazionali. Si tratta anche di un segnale a difesa dei principi democratici. Sono molti infatti i cittadini che non vogliono più convivere con questo pericoloso pesticida di cui l’Italia, peraltro, è uno dei maggiori utilizzatori. Questi cittadini, che si stanno esprimendo attraverso le associazioni che li rappresentano, ma anche autonomamente attraverso una serie di petizioni, hanno diritto di essere ascoltati”.
Mentre l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Oms (organizzazione mondiale della sanità) con una nota del 1° marzo ha ribadito che, in base ai risultati di propri studi, effettuati sulla base di “tutte le prove rilevanti disponibili nel pubblico dominio per la revisione scientifica indipendente”, il glifosato è un probabile cancerogeno per gli esseri umani, si allarga in Italia il fronte della coalizione #StopGlifosato che riunisce adesso 34 Associazioni dell’Agricoltura biologica, biodinamica e ambientaliste.
Il rinvio da parte della Commissione della decisione e la richiesta agli Stati membri di presentare entro il 18 marzo gli emendamenti alla proposta dell’Esecutivo Ue, concentrandosi in particolare sui ‘coformulanti’ (le sostanze che vengono aggiunte al principio attivo, alcune delle quali sono sicuramente tossiche) potrebbe nascondere però una trappola: focalizzare l’attenzione sui coformulanti per far passare così il rinnovo all’utilizzo dell’erbicida.
Fonte: http://aiab.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3409:2016-03-14-13-32-27&catid=264:bioagricolturanotizie14marzo2016&Itemid=163
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