Luttwak (non) aveva ragione… il golpe c’è (ma non si vede)!
Mai avrei potuto pensare di essere d’accordo su alcuni argomenti con un personaggio ambiguo come Luttwak, ma quello che lui suggerisce per responsabilizzare la politica italiana (quando il giornalista gli chiede come farebbe un colpo di stato in Italia) sarebbe da seguire ed applicare alla lettera. Però avrei voluto che mi spiegasse come mai Renzi si circonda di ragazzine … Condivisibile la sua sintetica analisi della situazione in Turchia. (Claudio Martinotti Doria)
Luttwak: “Come si organizza un golpe in Italia”
Il consulente e stratega americano spiega perché un colpo di Stato militare è improbabile. Abbondano, però, le congiure. E intanto il governo di Renzi sbaglia ad affidarsi alle “ragazzine”
Cancellare l’establishment, rovesciare il potere, imporne uno nuovo. Così funziona un colpo di Stato. Ma è un’impresa difficile: per riuscire non ci si può affidare all’improvvisazione. Serve una tecnica precisa. Le istruzioni fornite a suo tempo da Curzio Malaparte nel suo Tecnica del colpo di Stato, pubblicato nel 1921, «sono interessanti, ma non insegnano nulla». Meglio quelle del consulente strategico Edward Luttwak, scritte in un manualetto del 1968, Colpo di stato: una guida pratica. «Qui spiego, passo passo, come si fa. Sono un tipo che bada al sodo».
E chi lo nega: la sua qualifica (autoproclamata) di “grande stratega” gli è valsa una fortuna. Tutti cercano i suoi consigli in ambito politico e militare: oltre alle varie amministrazioni Usa, il Kazakhistan lo ha ingaggiato per definire una questione territoriale; il presidente del Messico gli ha chiesto un metodo per liberarsi delle gang di una città; perfino il Dalai Lama, in un tentativo di chiudere la questione tra Cina e Tibet, lo ha scelto come consulente. Lui va dai buoni e dai cattivi, dagli stati e dalle aziende (ad esempio, l’Eternit). Quando ha tempo, anche in televisione. E poi scrive libri, come appunto il suo manuale sul golpe. John Le Carré lo ha apprezzato, Hobsbawm no. Ma nel 1972, quando il generale Mohammed Oukfir fu ucciso nel tentativo di prendere il potere in Marocco, si racconta che, vicino al suo cadavere, giacesse una copia del libro di Luttwak. Il miglior product placement del mondo. Chi meglio di lui può spiegare se, per caso, anche in Italia il fantasma del golpe può ancora avere un senso.
Il golpe appare sempre come un fenomeno lontano, che non ci riguarda. È ancora possibile, invece, un colpo di stato militare qui?
Fino a che esistono le forze dell’ordine, sì. La possibilità c’è sempre. Ma si badi: può avvenire solo di fronte a una catastrofe.
In che senso?
Penso a una situazione estrema, un disastro enorme, ad esempio, una bomba che esplode in Parlamento e stermina la classe politica. In quel caso, i vertici militari prenderebbero in mano il potere. Invece, non è un’ipotesi credibile un colpo di Stato dove tre colonnelli si mettono d’accordo e sottraggono il potere ai politici. Quello no.
E perché?
Perché gli italiani interverrebbero per impedirlo. Un golpe funziona nei Paesi dove la popolazione è passiva, e in Italia non è così.
E i Paesi alleati? La Nato? L’Europa?
No, a loro non importa granché. È proprio la popolazione, piuttosto, che non lo accetta.
Questo perché l’Italia è un Paese democratico.
No, non è così. È che ci sono molti cittadini che credono, pensano, che il potere politico non possa essere rubato, o tolto al dibattito democratico. Per questo un’azione guidata da militari non avrebbe il consenso della popolazione ed è destinata a fallire.
Se l’esercito vuole impadronirsi del potere, deve giustificare la sua azione in modo morale, cioè deve convincere e convincersi che sta operando per il salvataggio dello Stato. Insomma, per salvaguardarlo da un pericolo più grande
E, invece, altre azioni del genere sono possibili? Colpi di stato più sofisticati, meno armati?
Nemmeno questo. Può succedere in altri Paesi, dove c’è il senso per la democrazia è scarso e dove un presidente – facciamo un nome a caso: Erdogan – fa arrestare i direttori di giornali che parlano male di lui e tirano fuori storie che lo imbarazzano, come quella sul petrolio comprato dall’Isis. Ecco, in un Paese come questo – facciamo un nome a caso: la Turchia – ci sono persone semi-educate che parlano, in uno stato semi-democratico, di “golpe postmoderno”, o di “Stato profondo”, indicando fantomatici organismi di potere opachi che agirebbero contro il governo. Come se il disordine che adesso agita la Turchia non fosse il risultato della guerra messa in piedi da Erdogan, come è, ma fosse invece lo svolgersi di una congiura di regime, oscura e tentacolare. È chiaro che, in questo modo, si perde di vista la realtà.
In Italia, però, congiure ci sono state.
Certo, ad esempio quella per rimuovere Silvio Berlusconi nel 2011. Misero insieme persone che odiavano Berlusconi e altre che, invece, non lo odiavano affatto. Di fronte, c’era il crollo dell’economia del Paese. A questo si aggiungono le dichiarazioni di Giulio Tremonti che, pur essendo ministro dell’Economia, sosteneva di non essere in grado di raggiungere il Presidente del Consiglio. Per fargli firmare quei provvedimenti che avrebbero riportato la calma nei mercati. A quel punto, sì: è nata la congiura.
Ma non c’era anche una manina europea, come dicono?
No. Era una congiura italiana, con attori italiani. C’è stato il supporto di alcuni elementi stranieri, ma erano pochi. L’Europa era contenta, lo approvava. Ma non lo hanno provocato gli stranieri. È nato ai vertici del Paese, per mettere al sicuro il Paese.
Renzi vuole riformare, vuole cambiare davvero, ma ha sbagliato tutto. Non ha voluto servirsi di un esercito di uomini forti e ha scelto, invece, di usare le ragazzine
Alcuni dicono che anche quello di Mani Pulite nel 1992 è un colpo di Stato.
E farneticano. Mani Pulite fu una stagione in cui un gruppo di magistrati italiani abusarono dei loro poteri. Questo perché in Italia, a differenza degli altri Paesi democratici, la magistratura è indipendenti dal ministero della Giustizia. E anche perché non hanno organi di controllo sopra di loro (il Csm non lo considero un organo valido). Insomma: una minoranza rumorosa molto attiva che ha cercato di estendere il suo potere in modo non democratico.
Eh, ma appunto: non è questo un golpe?
Secondo la definizione che do io no. È l’azione di una casta, che usa i poteri propri di una casta, per sovvertire l’ordine costituzionale. La politica li teme perché, a ogni critica, c’è sempre il rischio che parta un avviso di garanzia, o un’indagine.
Torniamo all’esercito, allora. Non è che i generali non organizzano colpi di Stato anche perché sono tutti di nomina politica?
No, non è necessario. I vertici militari sono burocrati, funzionari. Hanno un alto senso dello Stato e non nutrono l’intenzione di sovvertirlo. Se l’esercito vuole impadronirsi del potere, deve giustificare la sua azione in modo morale, cioè deve convincere e convincersi che sta operando per il salvataggio dello Stato. Insomma, per salvaguardarlo da un pericolo più grande. È quello che hanno fatto in Egitto contro l’islamizzazione che i Fratelli Musulmani stavano mettendo in atto.
Ma come si fa, oggi un colpo di stato? Malaparte aveva scritto un manuale di tecnica, ma risale al 1921.
Quello di Malaparte, che ha un titolo molto bello e che gli invidio, è un libro che promette di insegnare una tecnica, ma che in realtà non lo fa. Il mio sì. Sono un tipo pratico, e bado al sodo. Il primo passo (gli altri li trova nel libro) è appunto dare una giustificazione morale. Trovare un pericolo grave che autorizzi la presa delle armi. Tutto qui. Sa che cosa farei io, se potessi fare un colpo di Stato in Italia?
Cosa farebbe?
La trascinerei fuori dall’Euro, dalla Ue, dall’Onu, dall’Ocse, dalla Nato, e da tutte queste organizzazioni. E poi responsabilizzerei i leader italiani, che da troppo tempo si appoggiano, per le loro scelte, sugli organismi sovranazionali. Poi attuerei un decentramento, come voleva Einaudi, dando più poteri agli enti locali, e abolirei i prefetti. Via i lacci e lacciuoli, e tanti incentivi agli italiani che vogliono lavorare. Una politica alla Federico II. Ecco: farei un’Italia normanna.
In sostanza, eliminerebbe il cosiddetto “vincolo esterno”.
Che è solo una scusa per non fare le cose. Si accumula debito e poi si chiedono interventi dalla Bce. Il problema riguarda anche Matteo Renzi: lui sa benissimo che l’Italia vive in una situazione di fantasia finanziaria, dove si firmano promesse di ripagamento di un debito enorme. Renzi vuole riformare, vuole cambiare davvero, ma ha sbagliato tutto. Non ha voluto servirsi di un esercito di uomini forti e ha scelto, invece, di usare le ragazzine. Così non si va da nessuna parte.
In che senso ci vorrebbe “un esercito di uomini forti”?
Penso a Reagan: lui aveva un governo con personaggi decisi, difficili da comandare. Ma è così che ha riformato gli Stati Uniti. Lui ha detto: “Voglio raddoppiare il potenziale militare americano”, e lo ha fatto. Così ha rovesciato l’Unione Sovietica: litigando ogni giorno (e lo dicono i suoi diari), ma mandando in campo uomini validi e decisi. E Renzi? Che fa? Ripeto: si circonda di ragazzine.
Ma chi avrebbe dovuto mettere, per essere come Reagan?
Doveva prendere Bersani e dirgli: porta avanti il decreto Bersani. Doveva prendere Prodi e dirgli: finisci le privatizzazioni. Poi a Letta: cancella le burocratizzazioni, le lungaggini, la pesantezza dello Stato. E anche D’Alema. È un governo difficile da condurre, pieno di personalità forti e decise. Ma risolverebbe tutto. E invece, adesso, è circondato da ragazzini e chiede di poter spendere di più.
di Dario Ronzoni Fonte: http://www.linkiesta.it/it/