Utero in affitto e vendita di ovociti. Aspetti “secondari” dello stepchild adoption

Conoscete la drammatica storia di Elisa Gomez? A un certo punto nella sua vita, spinta dalle difficoltà economiche, ha commesso l’errore di “affitare il suo utero”.
“Mi sono offerta – ha affermato Elisa – come madre surrogata in un forum on line. Ho incontrato diverse coppie e ho deciso su una coppia gay. Sono stati meravigliosi al tempo e abbiamo deciso che avremmo usato i miei ovociti e il mio grembo per una maternità surrogata. Ho preso questa decisione in base ad un accordo che io sarei sempre stata la madre della mia bambina. La coppia mi ha pagato 8.000 dollari per dare vita a mia figlia e darla a loro”.

Elisa, tuttavia, non si rendeva conto di aver preso una decisione di cui si sarebbe pentita per sempre: “Ho avuto la mia bambina e subito mi sono sentita legata a lei. Lei era mia figlia e io lo sapevo e sapevo che non potevo lasciarla andare, ma ero esausta e confusa”. La bambina viene strappata dalla madre e la coppia gay lascia lo Stato. Il dolore che vive la Gomez nei giorni successivi al distacco dalla sua bambina è talmente forte che, ad oggi, ne ha un ricordo confuso. “Mi sentivo – ha proseguito la donna – come se la mia bambina fosse morta. Mi sentivo come se fossi un mero fantasma di me stessa. La coppia ha improvvisamente tagliato le comunicazioni e ha lasciato lo Stato senza darmi alcuna informazione. Ho contattato le autorità, ma sono stata trattata come se mia figlia non fosse mia …”.

Questa drammatica testimonianza conferma il meccanismo della stepchild adoption per le coppie gay, che favorisce di fatto il mercato di bambini e lo sfruttamento di madri “surrogate” all’estero.

Oltre alla testimonianza di Elisa Gomez, abbiamo portato in Senato recentemente, insieme al prof. Pino Noia, le testimonianze delle donne sfruttate per la vendita dei loro ovociti: altra faccia oscura del mercato degli uteri in affitto.

Antonio Brandi

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