La Libia è a pezzi, di difficile ricomposizione
Gli aggiornamenti sulla Libia, in questi giorni, si rincorrono e se, a inizio settimana, è stata ufficialmente annunciata la formazione di un nuovo Governo guidato da Fayez al Sarraj, giovedì le agenzie di stampa di tutto il mondo hanno dovuto dare notizia di un attacco dello Stato Islamico nella zona dei terminal petroliferi libici di Ras Lanuf. Secondo fonti locali, i miliziani jihadisti avrebbero nuovamente colpito numerose installazioni petrolifere appiccando il fuoco ad almeno due serbatoi di stoccaggio di greggio. In questo contesto, l’invio di consiglieri militari occidentali (britannici, statunitensi e francesi) in territorio libico non dovrebbe stupire in quanto lineare rispetto ad una scelta di coinvolgimento internazionale sempre maggiore nella questione libica a seguito degli incontri svoltisi a Roma alla fine dell’anno passato.
Il mutamento di rotta che il consesso internazionale avrebbe voluto indurre attraverso la firma dell’accordo a Tunisi tra il Governo di Tripoli e Tobruk e la creazione di un Governo di unità nazionale sembrano, infatti, scontrarsi con la pressione di numerose forze centrifughe che, prive di punti di convergenza, si sono poste in maniera conflittuale rispetto alle ultime evoluzioni politiche del Paese. Una breve disamina delle forze in campo, pur non potendo essere esaustiva, potrebbe consentire di comprendere, almeno in parte, sia la frammentazione estrema della società libica nel suo complesso sia i numerosi ostacoli che si pongono sulla strada della risoluzione del dramma libico.
Il Governo di Tobruk
Il Governo di Tobruk, unico Governo riconosciuto dalla comunità internazionale sembra essere il primo detrattore del nuovo accordo raggiunto. Secondo diverse fonti locali ed internazionali, due membri del Consiglio presidenziale avrebbero lasciato il negoziato a causa della mancata nomina del generale Khalifa Haftar come Ministro della Difesa del neonato Governo Sarraj. Per quanto la divisione dei ministeri tra la coalizione facente riferimento a Tobruk e quella legata ai gruppi di stanza a Tripoli sia stata bilanciata in modo da accontentare le due parti, sembrano esserci molte resistenze all’accordo e questo potrebbe aprire diversi scenari di frattura. Da un lato il mancato incarico ad Haftar confina uno degli attori fondamentali di questi anni di guerra ad un ruolo marginale, dall’altro le divergenze tra Tobruk e gli attori internazionali lasciano la coalizione internazionale priva di interlocutori preferenziali nel Paese. Se a questo aggiungiamo il legame solido e continuativo tra Haftar e l’Egitto del Generale Abd al Fattah al Sisi, uno degli attori principali della contesa libica e della contrapposizione con lo Stato Islamico e con alcuni gruppi legati a Tripoli, diventa evidente la portata disgregativa di questi ultimi eventi.
Il Governo di Tripoli
La coalizione che controlla la capitale libica ha anch’essa posto numerose resistenze rispetto al nuovo Governo Serraj. Varie sono le evidenze di questo distacco: molti dei parlamentari di Tripoli non hanno partecipato alle sedute del negoziato; numerosi sono stati gli inviti a favorire un dialogo Libia-Libia anziché creare a tavolino un Governo supportato dalle Nazioni Unite come dichiarato da Saeed Al Khattali, membro del General National Congress (GNC) libico; il presidente del GCN, Nuri Abu Sahmain, solo pochi giorni fa, ha, infine, dichiarato che, date le riserve sull’iter di nomina di Serraj, difficilmente si sarebbe potuti giungere alla firma dell’accordo.
Da un lato, il Governo di Tripoli, a maggioranza islamica e strettamente connesso alla Fratellanza Musulmana libica, ha espresso i propri timori rispetto al profondo coinvolgimento di attori internazionali al fianco di Tobruk come Egitto ed Emirati Arabi Uniti, lasciando trasparire la sfiducia in un accordo che non nasca genuinamente dall’interno del Paese, ma che venga mediato dall’esterno. Dall’altro, controllando la capitale, il GNC ha la capacità di obbligare il Governo Serraj all’esilio in Tunisia o a prendere sede in altre città della Libia dove, anche a causa dell’avanzare dello Stato Islamico, sempre più difficoltoso è il mantenimento di un adeguato livello di sicurezza.
Lo Stato Islamico
Nonostante sia di più recente apparizione nel contesto libico, negli ultimi mesi, quello che viene considerato il protagonista principale del disastro della Libia è sicuramente lo Stato Islamico. Anche l’accordo per un Governo di unità nazionale, per quanto debole e combattuto da più parti, sembra essere frutto del timore dell’avanza del movimento islamista. Il controllo territoriale di molte aree costiere, la creazione di reti di sostegno con gruppi jihadisti dell’area nord-Africana come Boko Haram (ora ISWA-Islamic State Western Africa) o Morabituon (ala dissidente di AQIM-Al Qaeda nel Maghreb Islamico, confluita nello Stato Islamico), la presunta infiltrazione di militanti nei contingenti migranti verso l’Europa ed ora la distruzione di alcuni terminal petroliferi sono stati i fattori principali del rinnovato interesse internazionale per la questione Libia.
In mancanza di uno Stato centrale capace di mantenere la sicurezza e di garantire i servizi minimi alla popolazione e lunghi anni di guerra che hanno indebolito e quasi distrutto l’economia e la società libica, la propaganda dello Stato Islamico ha attirato molti giovani nelle file delle milizie. In questo senso, l’avanzata nelle aree costiere è solo una delle direttrici di penetrazione del gruppo nel territorio libico e, parallelamente ad essa, si creano piccoli nuclei di affiliati nelle città maggiori e si incrementa il controllo dello Stato Islamico sui porosi confini nazionali. Laddove alla creazione di un Governo di unità non faccia seguito un percorso di riconciliazione nazionale e dei piani di sviluppo per la popolazione, la capacità attrattiva dello Stato Islamico potrebbe non risultarne indebolita. Anche l’eventualità di un attacco armato internazionale potrebbe, in tal senso, incrementare la base di appoggio del gruppo jihadista anziché restringerla.
Tuareg e Tebu
Le due popolazioni occupano una vasta area nel sud della Libia e, in guerra tra loro, contribuiscono alla perdurante instabilità libica. In questa ottica risulta significativo leggere gli eventi contemporanei alla creazione del Governo nazionale che hanno coinvolto Tuareg e Tebu. La scorsa settimana, infatti, dopo alcuni mesi di apparente calma a seguito della firma di un accordo di pace nel novembre 2015, forti scontri hanno interessato la città di Ubari negli stessi giorni in cui rappresentanti dei due gruppi si incontravano nella vicina città di Sebha per discutere lo stato di avanzamento del fragile processo di pace.
A tal proposito, in una delle sue prime dichiarazioni, il Consiglio di presidenza del Governo appena formato, domenica scorsa avrebbe condannato la ripresa dei combattimenti chiedendo la fine immediata delle ostilità e facendo appello alle parti per il rispetto dell’accordo di pace, ma la situazione potrebbe non essere di così semplice risoluzione. Il reciproco scambio di accuse e la denuncia rispetto ad un accordo troppo favorevole ad una delle parti restituisce, infatti, l’immagine di un conflitto radicato che, in un contesto nazionale di profonda divisione e contrapposizione, rischia di trovare nuova linfa per alimentarsi. Per quanto, ufficialmente, il conflitto in atto nel distretto di Ubari sia considerato indipendente rispetto alle più ampie dinamiche nazionali, secondo molti analisti esisterebbe, inoltre, un legame ben definito tra le due popolazioni e le coalizioni principali presenti nel paese: la dirigenza Tuareg sarebbe supportata dalle forze di Tripoli mentre le forze Tebu avrebbero il sostegno di Tobruk e del generale Haftar. La dimensione locale avrebbe, quindi, una portata ben più ampia di quella apparente.
Gli altri attori
Esiste nel contesto libico, infine, una galassia di attori che con le loro attività e le alleanze variabili intraprese a seconda dei diversi contesti, incidono sulla stabilità del Paese. Questi gruppi, di cui il più conosciuto è Ansar al Sharia, movimento islamista legato ad Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM), non sono stati coinvolti nel dialogo nazionale e potrebbero avere un ruolo significativo nella futura messa in atto dell’accordo. Fermi oppositori dello Stato Islamico in città come Derna e Sirte, questi gruppi mantengono le proprie posizioni di contrasto rispetto al Governo centrale ed al coinvolgimento internazionale in territorio libico.
Pur avendo, ad oggi, un ruolo di secondo piano rispetto all’avanzata massiva dello Stato Islamico, questi gruppi, ben radicali a livello territoriale, potrebbero costituire un reale pericolo per la sicurezza di alcune aree qualora riuscissero a stabilire nuove alleanze trasversali e ad aggregare parte della popolazione in funzione di contenimento dello Stato Islamico. D’altra parte, qualora l’intervento del Governo e di altri attori internazionali (come ad esempio l’Egitto) dovesse indirizzarsi contro di loro, potrebbero crearsi le premesse per un avvicinamento sempre maggiori tra gruppi jihadisti con conseguenze di ampia portata sul destino del Paese e sulle condizioni di vita della popolazione.
Francesca La Bella
(Fonte: https://www.academia.edu/20509701/Lirrisolvibile_puzzle_libico)
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Commento di Vincenzo Brandi: “Mi sembra che sia in corso sostanzialmente un tentativo di imporre all’ala laica del parlamento di Tobruk, che è il più “dignitoso” tra I gruppi contrapposti, un accordo con le milizie legate alla Fratellanza Musulmana sostenuta da Turchia e Qatar, presenti a Misurata e che controllano con la forza Tripoli. A questa manovra potrebbe seguire un vero e proprio intervento militare di ri-occupazione del paese.”
Commento di Tiziano Cardosi: “Il premier designato libico Fayez al Serraj è volato ieri a Marj, nell’Est della Libia, per incontrare il generale Khalifa Haftar, vero nodo da sciogliere prima di presentare un nuovo governo di unità nazionale e sottoporlo di nuovo al voto del parlamento di Tobruk. Non si conoscono i contenuti del colloquio, ma il generale Haftar ha concesso un’intervista al quotidiano saudita Alyaum, in cui ha dichiarato che il nuovo governo che sarà guidato da Serraj non deve chiedere il sostegno delle potenze straniere, ma contare solo sull’esercito libico, oggi sotto la sua guida, per contrastare i terroristi…”