Informazioni di distrazione e bombe di precisione

Nelle ultime settimane i nostri giornali e le nostre TV sono state invase dal grande dibattito sulle “unioni civili”, sul problema delle adozioni da parte di coppie omosessuali, sui diritti degli omosessuali. Contemporaneamente si sono riempite anche numerose piazze ad opera di cittadini omosessuali e loro sostenitori che chiedevano una nuova legislazione più aperta e moderna.
Si tratta evidentemente di un problema reale che però riteniamo si possa risolvere in modo soddisfacente in un paese civile con una buona dose di buon senso, e con una sostanziale soddisfazione per tutti, rinunciando a fondamentalismi forzosi da ogni parte.
Purtroppo non altrettanta attenzione è stata dimostrata nello stesso periodo dai mass media, dagli intellettuali che formano l’opinione pubblica, e dai partiti e movimenti politici per altri problemi che coinvolgono certamente questioni fondamentali, e che riguardano la pace e la guerra, ed – al limite – la sopravvivenza stessa della nostra civiltà.
Una giornata di mobilitazione a Roma e Milano organizzata da alcune sigle di piccole reti ed organizzazioni pacifiste e politiche, e da alcuni sindacati di base (piattaforma Eurostop, Rete No War, Comitato No Guerra No Nato, Comitato Contro la Guerra di Milano, Militant, USB, ecc.) ha visto scendere in piazza il 16 gennaio, nell’anniversario dell’inizio della prima delle innumerevoli guerre che hanno coinvolto l’Italia negli ultimi 25 anni (la prima guerra del Golfo contro l’Iraq), appena un migliaio di persone. Inoltre, anche le parole d’ordine con cui erano state indette le manifestazioni per ricordare le guerre e gli interventi seguiti alla caduta dell’Unione Sovietica in un periodo che era stato contrabbandato come periodo di “pace e prosperità” (guerre in Yugoslavia, interventi in Somalia ed Afghanistan, seconda Guerra contro l’Iraq, aggressione diretta alla Libia ed indiretta alla Siria con uso di bande di mercenari e fanatici fondamentalisti, bombardamenti di Israele su Gaza, avanzata della NATO verso Est fino nel cuore dell’ex Unione Sovietica, colpi di stato in Serbia e Georgia, “golpe” nazista in Ucraina, ecc. ) sono spesso risultate incoerenti, suscitando polemiche anche interne al movimento pacifista. Si sono infatti sentite voci che parlavano genericamente di “conflitti tra potenze” senza distinguere tra aggressori (che, a giudizio dei sinceri antimperialisti, sono ovviamente l’imperialismo USA, la NATO, l’Arabia Saudita e le altre monarchie reazionarie del Golfo, la Turchia del Fratello Musulmano Erdogan, Israele, e tutti i loro alleati) e paesi aggrediti (come la Yugoslavia, la Libia e la Siria) e i paesi che si oppongono allo strapotere aggressivo dell’imperialismo, come la Russia, la Cina e l’Iran.
Nell’ambito delle polemiche che ne sono seguite, c’è stato anche chi ha ipotizzato maliziosamente , sicuramente con qualche ragione, che anche il problema delle “unioni civili” venga usato come “arma di distrazione di massa” per occultare problemi più drammatici di cui l’opinione pubblica non deve comprendere la gravità. Eppure, chi scrive può testimoniare che durante una conferenza organizzata in un liceo romano su questi argomenti, gli studenti si sono dimostrati attenti al massimo e desiderosi di avere informazioni su argomenti come il ruolo della NATO e le guerre in corso, di cui nessuno li informa.
Cercherò adesso di riassumere almeno tre o quattro degli argomenti più urgenti che meriterebbero una immediata attenzione:
-Il problema di un eventuale uscita dell’Italia dalla NATO, per sganciarsi dalle politiche di guerra e diventare un paese neutrale ed un ponte di pace, è stato sollevato in due convegni: il primo organizzato nell’ottobre del 2014 dalla Rete No War ed il secondo – avente un carattere internazionale – promosso dal Comitato No Guerra No Nato nell’aprile del 2015. Oggi finalmente anche il movimento 5 Stelle organizza il 29 gennaio un convegno che però prudentemente riguarda solo una “politica diversa” rimanendo in ambito NATO.
L’urgenza di “politiche diverse” e, come riteniamo più giusto, l’uscita vera e propria dalla NATO, nasce dall’avanzata prepotente della NATO fino ai confini della Russia, inglobando quasi tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, della ex Yugoslavia e persino alcuni paesi ex sovietici, fatto che minaccia la sovranità di un paese nucleare come la Russia che – non a torto – si sente minacciata.
Come sottolineato da Manlio Dinucci, noto saggista e membro importante del Comitato No Guerra No Nato, gli USA stanno ammodernando il proprio arsenale nucleare, ed in particolare le 70 o 90 bombe nucleari già presenti illegalmente in Italia nelle basi NATO di Aviano e Ghedi, trasformandole da strategiche (le vecchie B-61) in tattiche (le nuove B-61-12), pronte per essere usate anche in conflitti locali.
-Altra urgenza riguarda la fornitura illegale da parte dell’Italia (già fornitrice di materiale militare ai cosiddetti “ribelli” armati in Siria, dopo aver rotto le relazioni diplomatiche ed imposto pesanti sanzioni alla Siria) di carichi di bombe all’Arabia Saudita, in spregio alla Legge 185/90 che vieta la fornitura di armi a paesi in guerra. Queste bombe, prodotte in Sardegna dalla RWM (azienda italo-tedesca), vengono utilizzate dall’aviazione saudita per colpire non solo i combattenti, ma anche la popolazione civile dello Yemen, già stremata da un rigido embargo che non permette nemmeno l’afflusso di generi di prima necessità in un paese che dipende per il 90% dall’estero in fatto di forniture alimentari. La Rete No War organizza su questo un convegno alla Fondazione Basso il 4 febbraio. Anche alcuni deputati, con in testa il capogruppo della Commissione Esteri di Sinistra Italiana, Donatella Duranti, hanno presentato finalmente un’interrogazione in merito, che rischia però di non ricevere risposta, come nessuna risposta hanno ricevuto le interrogazioni di Manlio Di Stefano, ed altri parlamentari di 5 Stelle, sulle sanzioni e sulla rottura delle relazioni con la Siria. Ricordiamo inoltre che l’Italia fornisce armamenti anche alla Turchia che li usa per colpire i Curdi del PKK e sostenere i rivoltosi in Siria.
-Infine, forse l’argomento più urgente è la riunione del prossimo 2 febbraio a Roma, con la partecipazione anche del Segretario di Stato USA Kerry, in cui presumibilmente si deciderà un nuovo intervento militare in Libia, un paese già distrutto dall’intervento della NATO del 2011 e ridotto ad uno stato fallito nelle mani di bande armate contrapposte. Anche qui la Rete No War ed il Comitato No Guerra No Nato stanno cercando di far sentire voci di dissenso, per quanto flebili.
In definitiva, con tutto il rispetto per la grande risonanza che ha avuto il dibattito sulle “unioni civili” (e senza dimenticare altri argomenti di notevole incidenza, come le truffe delle banche a danno dei cittadini o il pericolo di licenziamento dei lavoratori dell’ILVA), pensiamo che la questione delle prossime guerre, che potrebbero alla fine sfociare in una nuova conflagrazione nucleare a livello mondiale, sia un problema di fondamentale importanza, che ci coinvolge tutti direttamente e che meriterebbe una ben diversa attenzione.

Vincenzo Brandi
“La Voce del GAMADI”

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Integrazione commento:

Condivido interamente le posizioni espresse in quest’articolo.

unica considerazione politica: per molti Tarantini, il vero problema non è il licenziamento, ma la morte precoce per cancro dovuto ai fumi da una fabbrica siderurgica costruita in città (follia in partenza), da spostare, non “risanare” (compito illusorio). quindi io avrei scritto: “o l’iniqua dicotomia posta ai lavoratori dell’ILVA — licenziamento o morte precoce”.

e poi una correzione campanilistica: il convegno NATO del 2014 è stata, anch’essa, internazionale — malgrado qualche dissenso e molto disinteresse, ho allestito il collegamento Skype con i due irlandesi, il capo del gruppo esteri di Sinn Féin e Mairead Corrigan Maguire.

ma sono sciocchezze.

il vero pregio dell’articolo, per il quale ti faccio i miei complimenti, è il linguaggio usato e il modo di argomentare, capace di penetrare le difese dei più indottrinati (da Repubblica/MammaRAI) dei lettori. via il tono dogmatico, via i fulmini sprezzanti, via i predicozzi, via le sentenze perentorie. entra in scena invece il possibilismo (scientifico, s’intende), le sfumature, il riconoscimento delle ragioni altrui, la gradualità nell’arrivare al dunque. che è sempre quella, non muta (né dovrebbe mutare se è giusta), ma che ti arriva pezzo per pezzo, facendoti accettare le premesse primo di svelare le conclusioni.

quindi un articolo da far girare non solo su GAMADI (i cui lettori sicuramente non figurano tra la massa degli indottrinati) ma anche su, che ne so, famiglia cristiana o zero violenza o internazionale — cioè, presso il pubblico liberal ma comunque indottrinato da anni di Repubblica/MammaRAI.

anche se è molto denso, forse troppo denso per chi non conosce già bene i temi della politica estera. forse converrebbe spezzarlo in due articoli.

ciao, complimenti di nuovo.

Patrick Bpylan

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