Quello che accade dietro le quinte della politica e della finanza internazionale. UNA SPADA DI DAMOCLE PESA SULLA GERMANIA, e non solo

La persona che vedete in fotografia si chiama Cristopher Rother. E’ tedesco, molto tedesco, assolutamente tedesco. Il rigore, l’essere diligente e rispettoso della normativa, senza sconti a nessuno e per nessun motivo, è l’elemento caratterizzante della sua persona. In Germania è molto famoso, essendo stato per circa 30 anni in prima linea nel combattere le truffe (legalizzate o meno) e gli aggiramenti furbi della Legge da parte delle grosse multinazionali, della grande industria, delle banche, delle istituzioni finanziarie europee. Lo ha fatto gestendo degli incarichi istituzionali per conto di diversi governi tedeschi e anche per conto dei garanti dell’authority europea. Ha avuto -e probabilmente ha tuttora- rapporti di frequentazione con Emma Bonino, Mario Monti, Romano Prodi, avendoli conosciuti come colleghi quando erano commissari europei. La sua carriera pubblica si è conclusa il 25 novembre 2015, quando si è dimesso, all’improvviso, dichiarando di aver scelto la pratica privata. Per evitare qualunque forma di conflitto di interesse (così dichiarò allora) interrompeva ogni rapporto con le istituzioni dopo 30 anni di attività. In Germania, e in Europa, hanno tirato un sospiro di sollievo. Another one bites the dust, deve aver commentato qualcuno, immaginando che avesse gettato la spugna. Questa breve premessa per introdurre il personaggio, considerato individuo dalla impeccabile biografia, temuto e rispettato da Angela Merkel e dagli altri leader europei. Ed è l’incubo dell’intero sistema bancario europeo (tedeschi in testa) perché il 4 Gennaio 2016 si è verificato qualcosa di importante che mi pare stia scuotendo il mondo della finanza nelle sue fondamenta.

Forse, è meglio raccontare la storia fin dall’inizio per comprendere che cosa stia facendo oggi.

Tutto è iniziato l’estate scorsa, pochi giorni dopo il mini-terremoto finanziario provocato in Cina dal crollo della borsa valori di Shanghai. Diversi investitori statunitensi, sia piccoli, medi, che grandi e molto grandi, controllando i loro soldi in banca e gli investimenti in diversi fondi di investimento legati alla Deutsche Bank e prodotti in Usa dalle loro filiali, si sono accorti che c’era qualcosa che non funzionava. I conti non tornavano ma non riuscivano a comprenderne il motivo. Si erano rivolti ad alcuni avvocati esperti ma nessuno era stato in grado di aiutarli. Dopo diverse settimane di infruttuosa ricerca, alla fine, hanno deciso di rivolgersi allo studio legale Hausfeld di Manhattan, New York. Gli avvocati che ci lavorano sono noti e celebri nell’ambiente per la caratteristica del loro lavoro: gestiscono soltanto grosse class action contro importanti istituzioni finanziarie globali che hanno sede centrale in Europa, questa è la loro specializzazione. Hanno gestito (e vinto) la denuncia contro le più importanti banche del mondo (filiali di Londra) nel 2014, facendosi pagare -a nome dei clienti che rappresentavano- complessivamente la cifra di 2,5 miliardi di sterline. La celebre causa era anche nota nell’ambiente di chi segue la finanza e il mondo delle banche come lo scandalo Libor di Londra. Quando a luglio si sono visti arrivare diversi interlocutori che chiedevano loro la stessa cosa, è chiaro che si sono incuriositi. Hanno chiesto tempo, prima di decidere se avrebbero accettato la difesa, perché il panorama era molto nebuloso e non esistevano prove certe di alcuna emissione di reato. Dopo diverse riunioni interne, gli avvocati hanno capito che non sarebbero mai andati da nessuna parte senza avere come alleati fondamentali pedine tedesche, trattandosi della Deutsche Bank. E così, hanno pensato a Herr Cristopher Rother, il numero uno. Sono andati da lui a Berlino (primi di settembre) e gli hanno fatto una succosa proposta. Gli hanno spiegato di che cosa si trattava e gli hanno chiesto se fosse disposto a dimettersi, e in quanto privato, diventare associato del più importante studio legale internazionale specializzato in truffe della finanza, con l’incarico di Presidente della filiale tedesca della società. Intanto, per cercare di convincerlo, gli fornivano le poche prove che avevano a disposizione. E Rother ha cominciato a muoversi in Germania applicando la procedura istituzionale legale per vedere che cosa succedeva. Finché un mattino si è svegliato (tre mesi dopo) ha telefonato agli americani e, indispettito dai bastoni tra le ruote che gli avevano piazzato in Germania, ha deciso di accettare la proposta. E così, il 27 novembre del 2015, lo studio legale Hausfeld di New York invia un comunicato stampa molto esteso a tutte le testate, nel quale comunica di avere un nuovo socio, introducendo la persona di Herr Cristopher Rother all’ignaro pubblico della finanza statunitense (lo trovate per intero, scritto in inglese, nel post scriptum). Venti giorni dopo, lo studio legale deposita al tribunale di Manhattan, sia in sede civile che penale, una denuncia per “truffa aggravata, cospirazione internazionale, associazione a delinquere con l’aggravante di specifiche applicazioni di alta tecnologia truffaldina di origine militare” nei confronti della Deutsche Bank presso tutte le filiali del pianeta. Nel presentare la denuncia (a nome di 182.576 clienti) si specifica che la banca tedesca avrebbe applicato uno specifico software di ultima generazione in grado di poter modificare anche retroattivamente cifre, grafici, conti, e-mail, presentando ai propri clienti la possibilità di investire dei soldi con guadagno certo di X quando, invece, sapevano con certezza che il cliente, invece, avrebbe ottenuto X meno il 5%, senza accorgersene e senza avere la possibilità di poterlo provare perché il software (qui starebbe la diabolica idea truffaldina) è in grado di alterare qualunque forma di libro contabile. Oltre agli aspetti penali, vengono chiesti anche tutti i danni civili, con le aggravanti morali ed etiche, per una cifra valutata intorno ai 10 miliardi di euro. La denuncia è stata presentata in data 21 dicembre 2015. La Deutsche Bank ha immediatamente fatto ricorso sostenendo che si tratta di invenzioni, pregando il giudice di non accogliere tale richiesta, archiviandola. Ma il giorno dopo (ed è questa la notizia che ci interessa) si presenta anche come parte civile il Tesoro Usa sostenendo che -nel caso si provasse il dolo e la truffa- la Deutsche Bank è colpevole di “aggressione truffaldina ai danni della sovranità statunitense e dell’integrità del proprio sistema di mercato” chiedendo danni monetari che possono arrivare anche alla cifra di 50 miliardi di dollari.

Il giudice di New York ha chiesto tempo per decidere.

Ma da quel momento in Usa non si parla d’altro. In Europa poco. Fino al 15 Gennaio, quando Der Spiegel annuncia un articolo bomba sulla vicenda (che esce questa settimana in edicola). Le più importanti testate nazionali pubblicano giusto il dispaccio Ansa, che è il seguente:

Class action negli Usa contro Deutsche Bank:

«Così guadagnava truffando i clienti. È come per Vw» Nel mirino software contro clienti e che arricchiva banca (Ansa) – Milano, 15 gen – Deutsche Bank ha incorporato all’interno della sua piattaforma ‘Autobahn’ per gli scambi di valuta un software in grado di danneggiare i clienti e arricchire la banca. Questa accusa, secondo quanto riportato da Der Spiegel, e’ alla base di una class action presentata dallo studio legale Hausfeld prima di Natale in un tribunale di New York. La piattaforma sarebbe stata programmata in modo tale da ritardare gli ordini dei clienti e da rifiutarli se il mercato aveva preso una direzione sfavorevole all’istituto tedesco. Oppure, in altri casi sarebbero stati effettuati ordini a un tasso piu’ basso rispetto a quello precedentemente visualizzato dai clienti. Deutsche Bank ha chiesto alla corte di New York di respingere la querela. Per Christopher Rother, a capo degli uffici per la Germania di Hausfeld, si tratta di una situazione parallela a quella dello scandalo Volkswagen. Il legale ha annunciato che presentera’ denunce anche a Londra, la piu’ grande piazza mondiale per il forex .(se vi interessa, trovate qui il link de Il Sole 24 Ore – http://24o.it/ZkCIwe).

L’aspetto affascinante di questa notizia non consiste nell’informare sull’esistenza di una causa internazionale in cui si sostiene che una fondamentale banca tedesca usa metodi truffaldini. Ciò che è interessante è che il fatto si verifica oggi e in territorio statunitense. Capirlo, può essere molto utile per poter essere in grado di leggere la motivazione della tempesta finanziaria in corso, e quindi rendersi conto di che cosa sta accadendo nel mondo, oggi.

In Usa c’è la campagna presidenziale. Quest’anno è furiosamente violenta. Era chiaro a tutti che dopo capodanno si sarebbe dato fuoco alle polveri. Lo scontro è micidiale e fortissimo ed è chiaro a tutti quale sia la vera natura della posta in gioco, perché Obama l’ha pure detto a chiare lettere, secondo il modello comunicativo americano, cioè facendo finta di essersi fatto fuggire una frase di troppo alla cena di Natale -quella che per tradizione la Casa Bianca offre ai professionisti della stampa accreditati- quando a un certo punto, parlando sottovoce con la decana di CNN le ha confidato “finalmente farò vedere i sorci verdi a questi bastardi della finanza, sono libero da pressioni elettorali, ma prima della fine di ottobre del 2016 li avrò imbavagliati di nuovo come aveva fatto Roosevelt nel 1932“.

Questa è la posta in gioco. Secondo me a Obama non piace affatto Hillary Clinton, tanto è vero che, non appena ha potuto, l’ha licenziata in tronco. Se Hillary vince le primarie, allora, Obama farà di tutto per spingerla all’angolo obbligandola a specificare come intenda comportarsi rispetto alla finanza. Va ricordato che è stata lei ad abolire il Glass-Steagall Act di Roosevelt, nel 1998. Allora, si era nel pieno della bufera contro Bill Clinton per la vicenda del sesso orale presidenziale con Monica Levinski. Era chiaro a tutti che si trattava di un attacco politico dell’ala conservatrice e militarista legata ai Bush e Hillary fece di tutto per salvare il marito dall’accusa di impeachment, evento che avrebbe distrutto la famiglia Clinton ma -forse, è molto probabile- avrebbe spinto gli americani a votare per Al Gore che gli sarebbe subentrato. E Gore era un ambientalista convinto, nemico giurato dei petrolieri, della finanza, dei militari. Mi ricordo quell’atmosfera, perché allora abitavo e lavoravo in Usa. Ogni giorno, alla tivvù, per ore e ore non si parlava d’altro. Il giorno decisivo, quando si aspettavano da un momento all’altro le dimissioni di Bill Clinton oppure la richiesta ufficiale di impeachment voluta dai repubblicani, all’improvviso, si comunica alla popolazione che Hillary ha avuto un colloquio privato della durata di tre ore con il capo gruppo repubblicano conservatore alla Camera. La sera stessa, i repubblicani dichiarano ufficialmente di aver apprezzato la serenità della signora Clinton, di aver accolto “il suo punto di vista” e di sentirsi soddisfatti delle risposte e spiegazioni ottenute. Di conseguenza, ritirano ogni accusa e l’intero affaire si affloscia e non se ne parla più. Due mesi e mezzo dopo, nell’indifferenza generale, Bill Clinton, senza alcun motivo apparente plausibile, emette un decreto presidenziale grazie al quale si abolisce l’atto di Roosevelt e si garantisce alla finanza speculativa la massima libertà liberandola da ogni controllo statale. Al Gore, furibondo, fu l’unico ad andargli contro, sostenuto da un giovanissimo avvocato dell’Illinois che stava facendo carriera dentro i democratici, un certo Barack Obama che definì il decreto presidenziale “un colpo di stato che libererà gli squali ammanettati da Roosevelt”. Da allora sono trascorsi 18 anni e Obama, adesso -è cosa nota- ha presentato a Hillary il conto da pagare. Altrimenti, la mollerà sul più bello e appoggerà Bernie Sanders. Nel caso invece le primarie le vinca Sanders, forse, allora, per tirargli la volata sarà proprio lui, Obama, a istituire di nuovo l’atto rooseveltiano a settembre, due mesi prima delle elezioni. E’ già un anno ormai che l’atmosfera è completamente cambiata in Usa. Basti pensare che il 2015 è stato definito dal New York Times l’anno peggiore del millennio per le multinazionali americane: le prime 250 aziende sono state “beccate” dall’ufficio delle tasse, dalla SEC (la Security Exchange Commission di Wall Street, il corrispondente americano della nostra Consob) e sono state costrette a pagare complessivamente ben 200 miliardi di dollari di multe per mancata ottemperanza delle leggi fiscali.

La tempesta finanziaria in corso non è affatto come quella del 2011, anzi: ne è l’opposto esatto. Quella di cinque anni fa (che ci stava portando al fallimento e alla bancarotta) è stata il prodotto di una gigantesca speculazione finanziaria globale che intendeva chiarire la propria egemonia sul mondo dell’economia e dettare legge a tutti. Quella di oggi, secondo molti analisti attendibili, è l’ultimo sussulto di decenza e di coraggio da parte dell’imprenditoria globale planetaria per consentire ai produttori di beni reali di riappropriarsi del mercato assoggettando la finanza. Questa volta, infatti, chi va sotto e chi sta sotto attacco non sono le aziende, bensì le banche: o si adeguano e accettano di seguire i miti consigli di chi produce e l’occidente -soprattutto la Ue- inverte la tendenza e passa dal rigore del fiscal compact e dell’austerity a un gigantesco piano espansivo per diverse migliaia di miliardi di euro, oppure si andrà all’inevitabile scontro tra due opposte interpretazioni del mondo e della vita che le circostanze attuali rendono incompatibili e soprattutto insostenibili dal punto di vista sociale, perché la sperequazione sociale tra i troppo ricchi e i troppo poveri aumenta sempre di più, e questo teatro, in una situazione bellica come quella che stiamo vivendo, può essere l’anticamera di una totale catastrofe annunciata.

Non considero casuale che la presidenta del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, oggi, è stata ricevuta da Papa Bergoglio in visita privata. Non è neppure cattolica (è ugonotta) ed mi sembra chiaro che la cifra di questo incontro è squisitamente politica. E la dottrina sociale della Chiesa in questo 2016, soprattutto quella definita dall’esplosiva enciclica di Bergoglio dello scorso giugno, può diventare un ottimo passaporto d’appoggio per nuove politiche planetarie delle istituzioni finanziarie globali pensanti disposte a sostenere, appoggiare, promuovere, finanziare, la rivoluzione che nei fatti è già in atto: il tramonto dell’età del fossile, la fine dell’era del petrolio e la prospettiva di un mondo più pulito.

Una pulizia assolutamente necessaria, qui intesa nel senso letterale del termine, perché ha a che vedere con l’aria e l’ossigeno che respiriamo, senza il quale la nostra specie è condannata all’estinzione.

Ma soprattutto metaforica.

Quindi, bisogna cominciare a ripulire il pianeta partendo dal luogo dove la sporcizia è concentrata nella sua quantità più tossica in assoluto: il sistema bancario europeo.

Il crollo della borsa valori di Milano in questo 2016, quindi, potrebbe anche essere un’ottima notizia.

Sergio Di Cori Modigliani

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Commento di Giorgio Mauri: “Siamo al collasso. Gli anni pestilenziali a guida tedesca hanno rotto tutto, come solo loro hanno sempre fatto. L’errore mostruoso è stato di permettere le prepotenze di ogni genere a politiche assurde a una coppia di persone (Merkel, Schäuble) incapaci di capire in quale baratro gettavano l’Europa. Ora pagheremo tutti quanti, Germania compresa, e sono convinto che anche questa volta quel popolo non riuscirà a capire i propri terrificanti limiti. La compressione salariale pazzesca con cui arrivare a bilance commerciali attive per anni e anni (217 miliardi febbraio 2015) senza voler pagare quanto pattuito a livello europeo in questi casi, e senza offrire nessuna altra disponibilità ad affrontare il problema, unite alle politiche mostruosamente vessatorie nei confronti della Grecia, rendono la situazione inaccettabile…”

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