No al matrimonio, in qualsiasi combinazione, e sì al “libero amore”
Con tutti i problemi di carattere economico, sociale e umano in cui la popolazione italiana si dibatte i nostri politici non hanno di meglio da fare che perseguire scopi completamente futili, mascherandoli da “riforme” innovative. Mi riferisco in particolare ai matrimoni fra membri dello stesso sesso, spacciati come istituzioni di giustizia e di progresso.
Il matrimonio è una forma di contratto che uccide l’amore, allargarlo alle coppie omosessuali (dopo che ha rovinato le coppie eterosessuali) dimostra una caparbia volontà di nuocere alla specie umana.
Se proprio si vuole affrontare il problema della parità fra i sessi e della libertà espressiva in campo sessuale, in primis, evitiamo il vincolo matrimoniale che è la causa prima della perdita di spontaneità e dignità nei rapporti fra esseri umani.
Togliendo l’obbligo istituzionale (e religioso) della “famiglia”, composta da coniugi di sessi diversi, o dello stesso sesso, e recuperando una morale interpersonale di spiritualità laica, si possono facilmente ricreare soluzione fantasiose, unioni di fatto e famiglie aperte, o “piccoli clan”, che tra l’altro stanno già nascendo più o meno di straforo e senza alcun riconoscimento ufficiale. Prova ne sia il bellissimo film “L’albero di Antonia” di Marleen Gorris, una femminista olandese, in cui si esamina l’esperienza della famiglia allargata, con più femmine e maschi assieme in combinazione prediletta, con una loro specifica dignità di rapporto (https://it.wikipedia.org/wiki/L%27albero_di_Antonia).
L’abolizione dell’istituzione matrimoniale in ogni sua forma è l’unica speranza per risollevare le sorti della solidarietà e cooperazione fra cittadini, giovani e vecchi, che oggi non trovano una dimensione umana e culturale a loro consona. Si può definire “ecologia sociale”, una sezione dell’ecologia profonda.
Alcune persone mi scrivono chiedendomi: “dov’è che c’è una comune od un eco-villaggio senza schemi in cui potrei andare a vivere?”, questo è già un segnale che la famiglia allargata sta entrando nella mentalità sociale corrente. Solo che uno vorrebbe trovare la pappa fatta, ovvero la comune idilliaca già bella e pronta e collaudata, invece per un risultato “veritiero” occorre rimettersi in gioco e soprattutto smetterla con i criteri speculativi del “do ut des” e del cercare gli stessi “conforts” (e conseguenti limitazioni) della società consumista pure nelle aggregazioni sessuali alternative.
Il “libero amore” (senza vincoli giuridici), forse, se accompagnato da sincerità e pulizia di cuore e di mente, e corresponsabilità verso la prole ed i conviventi, farebbe nascere nuovi esempi di “pansessualità” nella società umana.
Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana – Via Mazzini, 27 – Treia (Mc)
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