Sunniti o sciiti? Da che parte stare?

Si aggravano le tensioni politiche nel Medio Oriente, che appare sempre piu’ vicino a un disastroso conflitto regionale: l’Arabia Saudita, che dopo aver eseguito la condanna a morte di 47 dissidenti sciiti, incluso il noto chierico Sheikh Nimr al Nimr, ha reagito alle critiche dell’Iran tagliando le relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica, ha convinto i suoi principali alleati sunniti a fare altrettanto.

Il Bahrein ha annunciato il taglio delle relazioni diplomatiche con l’Iran e l’espulsione dei rappresentanti diplomatici di quel paese in risposta all’assalto dei manifestanti all’ambasciata saudita di Teheran, mentre gli Emirati Arabi Uniti, importante partner commerciale dell’Iran, hanno richiamato il loro ambasciatore a Teheran.

Nel pieno di questo caos, che rischia di scatenare una escalation tra le principali potenze regionali del Medio Oriente, ovvero una guerra, Washington ha reagito con smarrimento, limitandosi a raccomandare a Riad e Teheran di porre un freno alla loro bellicosa retorica.

Lo stesso appello e’ giunto da Unione Europea e Cina, mentre la Russia si e’ proposta come mediatrice tra i due paesi, presentando quindi una possibile via di negoziato prima dell’irreparabile.

Secondo il “New York Times”, l’amministrazione del presidente Usa Barack Obama si sta tenendo a distanza di sicurezza dallo scontro tra le due potenze mediorientali, ma Washington si trova in difficolta’ sempre maggiori nel giustificare l’alleanza con un paese, l’Arabia Saudita, noto per le sue violazioni dei diritti umani e l’appoggio all’estremismo islamico di matrice sunnita.

Che è un modo diverso di dire che l’Arabia Saudita come minimo sta dalla parte dell’Isis, come massimo lo finanzia e fa da retroterra per tutti i traffici, dal petrolio alle armi.

In un editoriale non firmato attribuibile alla direzione, il quotidiano di New York – ma bisogna aggiungere che è il più autorevole degli Stati Uniti in ambito democratico – afferma che gli Usa faticano sempre più a volgere lo sguardo di fronte alla repressione del dissenso da parte della casa regnante saudita: mantenere il silenzio di fronte alla “barbarica esecuzione” di quasi 50 dissidenti sciiti, sottolinea il quotidiano, e’ una decisione che peserà enormemente su Washington a livello politico e in termini di credibilità.

Il “Wall Street Journal”, invece, orientato verso i repubblicani, sottolinea come gli appelli alla de-escalation pronunciati dall’amministrazione Obama siano stati accolti con una scrollata di spalle da tutti gli attori della regione: un segnale, secondo il quotidiano, che il mondo sunnita non ha alcuna fiducia negli Stati Uniti.

Ma la vera guerra non riguarda tanto e solo delle esecuzioni dall’evidente movente politico, quanto il fatto che l’Iran sia tornato a vendere legalmente – dopo la fine delle sanzioni – il proprio petrolio, affondando definitivamente il prezzo del greggio. Questo ha prodotto violenti perdite economiche a tutti gli stati dell’Opec sunniti, primo dei quali proprio l’Arabia Saudita.

Ce n’è abbastanza per prevedere che potrebbe davvero finire con una guerra guerreggiata. Nel caso, sarebbe tutta a favore dell’Iran, che possiede un esercito forte di oltre mezzo milione tra soldati e milizie, ed è perfettamente armato dalla Russia. Non ci sarebbe partita, sul campo militare. L’Arabia Saudita sarebbe conquistata in pochi giorni, dall’Iran. Ma le potenze occidentali lo permetterebbero?

Se vi fosse una escalation, questa volta sarebbe di dimensioni mondiali.

Ma in questo caso, la Ue finirebbe nel tritasassi: la Germania ha forti legami con l’Arabia Saudita, ma il resto d’Europa no. Anzi, nazioni come l’Italia hanno fortissimi interessi in espansione proprio in Iran. E lo stesso dicasi per la Francia, l’Olanda e la Gran Bretagna.

(Fonte: http://www.ilnord.it/index.php?id_articolo=4636#.VouygWVkwfI.facebook)

………………….

Articolo collegato: http://paolodarpini.blogspot.it/2016/01/arabia-saudita-la-minoranza-sciita.html

I commenti sono disabilitati.