Storia di un aborigeno meridionale italico – Ferdinando Renzetti: “…la mia vita nella capanna di Zindino”

La mia vita nella capanna di Zindino

Suono raccogliendo aride zolle di terra generosa
coloro pensieri profondi disciolti nell anima urbana
scrivo delle luccicanti promesse delle stelle marine

nell 80 sono stato un po di mesi a londra, vivevo in uno squat vicino camden town un caseggiato pieno di artisti, volevo frequentare la san martin scool of art vicino oxford street ma ci andai a volte solo a fare il modello per i ragazzi che disegnavano. tra new dandies skin heads punk neo dadaisti londra in quei giorni era colorata e batteva di un cuore giamaicano con i potenti sub woofer che suonavano dub e reggae all esterno dei piccoli negozi di dischi

l’esperienza decide se una proposizione e’ vera
o falsa non quale sia il suo senso (wittgestein)

uno squat al terzo piano di un caseggiato entravi e a destra il cucinino a sinistra il cesso proseguendo il piccolo corridoio si accedeva nella living room bellissima pavimento il legno, luminosissima tutte finestre sul fondo. la scala in legno portava al piano superiore pavimento sempre in legno due camere luminose una più grande e l’altra più piccola. il bagno solo con la vasca da bagno e il lavandino.
i rubinetti erano due acqua calda o fredda che non si miscelavano, interruttore della luce avevano una manopola che regolava lintensita si poteva aumentare o diminuire come il volume del suono. per riscaldare cera un piccolo caminetto a gas a parete. al muro cera una cassettina scassata dove per avere lelettricita dovevi mettere un pound e girare la manopola che caricava, naturalmente si rimetteva sempre lo stesso pound essendo stata scassata. vivevo con una ragazza australiana che suonava il violoncello tutte le sere una ragazza scozzese pittrice
e altri ospiti saltuari, ero quasi sempre a casa, naturalmente noi italiani avevamo tutti la social security esisteva un gruppo reggae che si chiamava proprio ub forty. di londra mi sorprendeva la distribuzione del latte ancora capillare abitazione per abitazione, la bottiglia era lasciata davanti alla porta. un periodo ho frequentato la comunità di hare krishna in soho street, al piano strada cera sala da the aperta al pubblico, dove servivano dolci e te buonissimi ai piani superiori ll tempio dove si svolgevano le funzioni alla
fine delle quali offrivano cene vegetariane buonissime,

sto scrivendo di musica, aborigeno meridionale! inizia nella capanna di zindin mio nonno ferroviere fochista sui treni a vapore. aveva un orto giardino bellissimo nella periferia urbana di pescara. immediatamente oltre iniziava la campagna selvatica uccelli colorati faine talpe volpi e gatti selvatici, tanti piccioni e ancora conigli. qualcuno allevava ancora pecore e maiali. ecco in fondo al suo orto nella valle rivolta verso sud verso la maiella aveva costruito un capanno, con salice canne e paglia. andavo sempre a giocarci, all interno cerano dei sgabelli in legno attrezzi tanti quotidiani e giornali ammucchiati e bottiglie e barattoli pieni di colorati semi da riseminare. lui mi insegnava a costruire giochi con la terra e la paglia, macchinine e pupazzetti che poi asciugavano al sole. girandole di carta per il vento mulinelli con le canne per l’acqua. la capanna di zindino.

in urban bushman un brano dell art ensemble of chicago che che traduco con aborigeno urbano o abitante della capanna urbana vado a vivere a bologna poi londra Parigi
come alice nel pase delle meraviglie o alice nelle citta con antenne dritte inizio ad assorbire tutto quello che la realta quotidiana mi offriva arte musica danza poesia scultura scienza cinema. ho frequentato per anni umbria jazz
pistoia bues procella jazz festival dei due mondi di spoleto , seminari di jazz con joe zawinul lester bowie, incontri e seminari con luciano bercio umberto eco filosofi come edgar morin o paul feyerabend. poi la musica di tradizione con i
festival notte della taranta carpino folk festival radicazioni e altri, laboratori di danze tradizionali chitarra battente lira calabrese tamburello.

naturalmente non ho mai imparato a suonare gli strumenti,

volevo entrarci dentro lo strumento, dentro la musica.
ero come un jazzista in cerca della sua nota,
era la fuori da qualche parte e io continuavo a cercarla.
all inizio il nulla poi esso fu riempito dal suono (om) e prese coscienza il suono divenne in una sua degradazione successiva la luce e la luce si trasformo in materia.
la musica quindi ha un potere enorme essendo all origine la sostanza prima di tutte le cose. una parola ben intonata si credeva potesse influenzare il corso dei destini umani.
la parola giusta diremmo oggi noi, io dico la nota giusta.
poi ho frequentato per anni la toscana con laboratori di pittura scultura ceramica tradizionale e raku vetrofusione, perle di vetro e altro.

la storia continua con in my life in the bush of ghost disco di brian eno e david byrne titolo tratto dal bellissimo libro di amos tutela storia di un bambino che incontra nel bosco sciami di figure incantatori terrificanti e comiche, le loro voci si mescolano nella foresta come i suoni etnoculturali registrati alle radio da eno e byrne come nella mia mente tutto quello che ascoltavo e vedevo.

l ultima cena nella capanna dello zio tom e’ uno spettacolo di danza di bill t jones che ho visto a spoleto tanti anni fa. sul palco rapper jazzisti danzatori nella scena finale tutti nudi più di cento persone tra artisti e figuranti.

capanne casupole e casette riassume un po tutte le capanne che ho costruito seguendo i ricordi degli insegnamenti di mio nonno sui materiali naturali.

ogni laboratorio e’ stato caratterizzato da una diversa espressione dell essere, per esempio la casa di ioio incentrato sulla diversità facemmo un programma di incontri e ascolto basati sull arte terapia l onodidattica la poesia e i racconti.

orto arte costruzione di un capanno d artista viveva una dimensione più estetica pure armonizzando il capanno con la realizzazione del giardino fino alla trasformazione dei prodotti dell orto con lo studio delle etichette e la confezione.

più tecnici i laboratori di capanni con ak0 di pollak modulo
shelter e quello com master housing di roma tre autocostruzione di un modulo abitativo.

l’ultimo sul gargano costruzione di una casupola con legni riciclati dal mare terra e paglia, yoga posturale danza musica poesia e spiritualità.

tornando a bill t jones, quella sera dello spettacolo era molto umido e il palco era scivoloso così bill t invito il pubblico a salire sul palco e ad asciugarlo con dei giornali, da qualche parte ho pure qualche foto di quella insolita performance, infatti certe volte dico che ho ballato con bill t jones.

il suo ultimo spettacolo si intitola FELA ed e’ dedicato alla drammatica vita del musicista nigeriano fela kuti teorico dell afro beat.

tutti i laboratori sulle capanne sono legati tra loro dal fatto che gli impasti sono sempre stati fatti a terra a piedi nudi come forma di conoscenza del proprio essere e del proprio corpo, terra yoga. capanne urbane.

sun ra , ho visto un suo concerto quando avevo 16 anni e mi colpi molto, qualche anno dopo ho visto pure gli art ensemble of chicago li trovo simili, sia nei temi musicali che nella resa scenografica dei loro concerti.

immagino danze colorate impastando la terra, come i loro spettacoli. lo slogan di sun ra dice from the antique blaks quello degli aec, ancient to the future.

nellultimo capitolo aborigeno meridionale ci sono i brani musicali. il primo in cerchio mischiando la lingua giberish della terapia della risata con il puro espressionismo astratto della lezione del living theatre ognuno inizia a tirare fuori un suono movimento fino a un flash out collettivo.

la piccola sinfonia in offerta a 0.99 libero k libera z
per voce campana tibetana didigeridoo.
zufoli pastorali, ciaramella chitarra,

automobili, con i vocalismi che imitano le automobili
si incontrano e scontrano in un traffico ideale vocale

una versione molto libera e teatrale di
figli di annibale degli alma megretta

un lungo mantra blues sulle note di
the space is the place di sun ra,

la tarantella dei baraccati

e stanotte ce su statu dumani notti puri
nun mi ni vaiu mancu si mi portanu allu scuru
stanotti ce so statu addurmi sottu cavallu
nun mi ni vaiu mancu si marresta u maresciallu
lu miu ziu damerica vuliva la barba fatta
e pe mancanza di saponi sa fice co brodu de maccaruni

arte musica danza teatro poesia. materiali naturali
spiritualità esoterismo.

una specie di iniziazione al mondo
degli aborigeni meridionali

una corrente energetica invisibile, una mappa sonora di antenati totemici eroi del tempo del sogno, cantando o suonando ci si mette in contatto con gli antenati.
senza andare di fretta sulla via della condivisione,

suono potente di didgeridoo/ vibrazione di campana tibetana/ clamore di campanacci/ zufoli di canna e trombe di legno/ le note dissonanti e catartiche della chitarra
(aborigeno meridionale blues; evviv sand andonie abbat)

—————————————da un po di tempo sto vivendo una strana situazione di difficoltà che non riesco a risolvere,
blocco di energia al quarto e al quinto chakra, carenza affettiva debolezza psichica fragilità emotiva insicurezza sociale. così imparo a concentrarmi su cio che mi fa star bene nell immediato nel quotidiano e nel luogo più intimo,
il resto e’ relativo!

penso sempre a trasformare il limite in opportunità, come forma di scoperta interiore e conoscenza, infatti studio scrivo disegno ma ora voglio uscirne sono un po preoccupato ancora bloccato nella mia capanna urbana, una stanza sonora piena di luce, arrivano dallesterno tutti i suoni del traffico, musica aleatoria, all inizio ne soffrivo ora mi rilassano.

blow up soffiare su, ingrandire, letteralmente e’ il gesto che si fa in camera oscura con la manopola dell ingranditore per mettere a fuoco l’immagine durante la stampa dell immagine sulla carta fotografica. nel film di antonioni che fa parte della cosiddetta trilogia del blu assieme a zabriesky point e professione reporter, un fotografo ci guida nella swinging london degli anni 60 tra psichedelica e concerti degli yardbirds, la colonna sonora e’ di herbie hanchock, blow up come metafora di conoscenza e antonioni ingrandendo pian piano la realtà nella camera oscura del fotografo ci porta a scoprire un omicidio in un parco di londra ma non indaga e non risolve il giallo anzi torna indietro pian piano fin al parco con i mimi che fanno finta di giocare a tennis sfumando la realtà sempre di più verso l alto e il cielo. questo per dire che nella conoscenza l’oggetto della conoscenza e’ sempre relativo ben più importante il percorso che ci porta alla conoscenza

nel 1979 usciva birdland dei weather report, sul disco heavy weather, io lo comprai subito, ad ottobre dell 80 andai con la mia ragazza di allora a vedere a roma il loro concerto al palaeur, bellissimo concerto in una bella serata d autunno ricordo che all uscita ci furono scontri con auto incendiate
fumogeni e cariche della polizia, non ricordo perché ma sicuramente sciocchezze. mi piacevano le alchimie elettroniche di joe zawinul artista viennese di scuola mozartiana. quella sera cera pure il bassista jaco pastorius
su you tube ho trovato tutta la registrazione del concerto.

nel 1983 andai al pompei jazz festival a vedere un altro loro concerto al teatro grande di pompei, jaco era già uscito dal gruppo, poi ho rivisto tante volte a umbria jazz zawinul sindacate e anche wayne shorter con herbie hancoch e con altri gruppi. pian piano acquistai tutti i loro dischi, ricordo che trascorrevo pomeriggi interi a letto ascoltando tutta la discografia, con il giradischi affianco al letto ogni 20 minuti giravo un disco.

lultima cena nella capanna dello zio tom potrebbe sembrare immagine poetica far passare tutta la cultura afroamericana dentro la capanna, in realtà e’ un paradosso. come andare in africa a vendere televisori e frigoriferi nelle capanne e poi lasciargli il quadro di leonardo come regalo. il romanzo dello zio tom e’ considerato dai neri come uno scherzo, un offesa, negli anni 50 durante la segregazione famiglie di neri avevano la cena di leonardo appesa nelle misere case. gli ollivudiani personaggi di leonardo con il suo forte esoterismo nella rappresentazione grafica della cultura dominante di quel periodo, ben più viva la cena di emmaus del pasoliniano caravaggio quella di londra con quei forti cromatismi e quel movimento di braccia che ci fanno vivere l’opera dal profondo. comunque il balletto si concludeva mettendo a nudo la realtà umana appunto mettendosi a nudo e spogliandosi degli abiti culturali svelava la condizione umana di uomini tra gli uomini.

per me rappresentava un cambiamento di prospettiva, quello di cui già ti dicevo, l’abbandono di modelli culturali della cultura dominante, negli ultimi tempi quando andavo a una mostra o a un concerto mi sentivo quasi soffocare stretto dalla rarefazione del messaggio culturale. così adottai modelli della cultura subalterna espressione di una cultura corale, di cui tutti ne capivano il significato.

oggi a distanza riesco ad apprezzare i contenuti
dell arte e della musica del xx secolo.

traiettorie indissolubili deviano il flusso
di alberi di canto immaginari
immersi nel paesaggio sonoro
sfondo dipinto del mondo circostante
dove il vecchio fiume scorre ancora
nel pesante baule di una lumaca
almeno per questa sera

non e’ analizzando i segreti del fango da cui nasce il fior di loto che si spiega la sua esistenza, il segreto del loto e’ nell architetto divino che fiorisce per sempre in alto nella luce

nata da remote montagne un fiume voleva attraversare il deserto ma le sue acque sparivano nella sabbia. fu allora che senti la voce della sabbia dire il vento attraversa il deserto il fiume può fare altrettanto lasciandosi assorbire dal vento allora il fiume innalzo i suoi vapori verso il vento che li sollevo lasciandoli ricadere delicatamente sulla cima di una montagna. disse ancora la sabbia noi sappiamo perché lo vediamo accadere giorno dopo giorno e perché noi, le sabbie ci estendiamo dal fiume alla montagna. non so chi lha scritta, lho trovata su un libro che sto leggendo.

mi piace il titolo katujjqatiittarnirlu. oppure semplicitainuit
penso e sorrido semplicemente penso e sorrido

ho cliccato katujjqatiittarinrlu ma non e’ uscito niente poi semplicitainuit ed e’venuto fuori: ascoltare le storie che porta il vento la bellezza di vivere nel presente e la poesia nascosta dello sciamanesimo unica difesa la dolcezza.

sto studiando l afrofuturismo di sun ra. quando avevo 15 anni ho visto un suo concerto ma non sapevo chi era. a
pescara fanno un famoso festival jazz e ci hanno suonato i jazzisti più famosi, pure mingus, spesso i più grandi mi portavano con loro a vedere concerti di cui non sapevo niente, a me piaceva il beat anche quello italiano.

sono cresciuto in piena pop art grosse campiture di colore monocrome colori piatti scritte grandi e minimali con un grosso senso del vuoto e dello spazio, poi cartoni animati e tanti fumetti di tutti i generi. a proposito ho trovato un disco di sun ra di rithm and blues nolto bello che si chiama the
sensational guidar of dan e dare, batman e robin.
ho amato profondamente gli anni sessanta,
mi sembrava tutto più bello il cielo era più azzurro
il sole più giallo l’erba più verde e la terra più marrone,

il mare era profumato e si trovavano ancora stelle e cavallucci marini. a proposito nuoto benissimo, mi sento come un pesce, lestate faccio acqua zen e’ una disciplina basata sulla percezione della leggerezza del corpo nell acqua.

ieri ho suonato la chitarra tutto il pomeriggio le solite corde. una lunga session della ninnanannamantragnawaetnopunk: ji nin ting nind
ma chitting
e chi nin ting
ji nin ting propri nind
e intand son e cand
ball pur ogn tant.
ji ting nu core tand.
se canto bene certe volte mi avvicino alla trance. tiro fuori sonorità incredibili e credo di essere uno dei più grandi chitarristi viventi. la musica in un certo senso e’ la cosa che conosco meglio e nell animo mi sento veramente un musicista, la musica e’ sempre stata al vertice della mia piramide conoscitiva ma lho sempre considerata come un serbatoio di energia a cui attingere. anni fa ho fatto esame di ammissione al conservatorio e mi hanno ammesso al corso di secondo livello, al quarto anno, ma poi non ho frequentato perché ne sapevo più io. scherzo, di tecnica non so niente non so una sola nota.in questi decenni ho fatto tantissimi seminari di musica a umbria jazz, al festival dei due mondi di spoleto a roccella jazz, poi chitarra battente lira calabrese e tanti altri pure di danza. a spoleto ho visto gli spettacoli di danza delle compagnie più famose, ho frequentato spoleto per più di 10 anni. gli spettacoli che mi piacevano li vedevo più volte. dal 2000 ho abbandonato la cultura classica mi sentivo soffocare a mostre e concerti, e mi sono dato alla tradizione

frequentando i paesi dell italia meridionale. ho seguito il filo segreto della musica alla ricerca di corrispondenze tra uomo tradizionale musica architettura e paesaggio. ho studiato storia dellarte contemporanea, mi piaceva così tanto, oggi non riesco a entrare piu a una mostra. amo solo quella naturale con materiali naturali e senza divisione dei saperi, mi piace stare negli ecovillaggi perche si fa tantissima sperimentazione fare arte teatro poesia mentre si coltiva o si costruisce mischiando tutti i linguaggi espressivi.

a casalincontrada fra un po mi manderanno via, sono tutti architetti e ho lanciato una campagna con questo slogan,

se vuoi cambiare il mondo stai lontano dagli architetti!

abbassa l ego aumenta l ascolto.

dito medio, a presto!

Ferdinando Renzetti

I commenti sono disabilitati.