Macerata, 6 novembre 2015 – Attivo unitario SPI FNP UILP, inizio dell’estate indiana, quasi una rivoluzione!
Il 6 novembre 2015, son partito con Lorenzo Luccioni da Treia per recarmi a Macerata ad una vertenza sindacale. Lì ho vissuto la prima giornata degna di una vera “estate indiana”. Sembrava tornata la primavera, il cielo terso, il caldo che rincuorava lo spirito e dava nuova forza al corpo. Lo stimolo a compiere azioni meritorie ed a combattere contro l’ignavia l’ho percepito all’attivo unitario SPI FNP UILP (CGIL, CISL ed UIL) scomparto pensionati, che si è tenuto il mattino nella sede della Provincia. Finalmente ho sentito qualcosa di sinistra, finalmente ho percepito una sincera ed autonoma volontà popolare di contrastare la deriva renziana, dell’uomo solo al comando (è stata persino usata la similitudine dell’ascesa mussoliniana nel ‘22). Durante il collettivo di Macerata abbiamo vissuto un crescendo di emozioni. Molto pacatamente l’incontro è iniziato con la spiegazione della situazione lavorativa in Italia (e nello specifico nelle Marche ed in provincia di Macerata). Il lavoro per i giovani e per i cinquantenni è sempre più un miraggio, con punte che arrivano al 50% di non occupati. Subito dopo il pubblico è stato invitato ad intervenire nel discorso.
Il primo a parlare è stato Antonio Marcucci dello SPI di Macerata il quale ha dato l’avvio ad una serie di denunce, pian piano seguite da altri interventi, sulla situazione lavorativa e sociale nella nostra Regione. Sono state soprattutto le donne quelle che hanno infuocato gli animi con le loro parole, scandendo in un crescendo sempre più incisivo l’intenzione di ribellarsi al sistema economico finanziario globalista che sta uccidendo la nostra nazione, cancellando le conquiste sociali degli ultimi 60 anni.
Quanto affermato al primo punto della Costituzione “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” è ormai una pia massima vuota di significato. E questo non soltanto per la crisi economica, che si protrae malgrado l’illusione di una minuscola “ripresina”, ma per lo smantellamento lento di ogni diritto sul lavoro e sui beni comuni da parte di presidenti del consiglio “nominati” (non eletti) negli ultimi anni, a cominciare da Monti, Letta sino al peggiore, l’attuale renzi.
Renzi, lo smantellatore della struttura democratica, dello stato sociale, della sanità… ora impegnato nella sua azione di smobilitazione delle forze sociali rappresentative dei cittadini e lavoratori: i sindacati. Che sono l’ultima forza attiva nel paese a contrastare una dittatura ormai sempre più evidente ma subdola, basata sul ricatto e sul mantenimento dei privilegi a potenti e conniventi. Da anni non sentivo discorsi così chiari, pane al pane e vino al vino… La crisi forse irreversibile delle istituzioni democratiche e della società civile interessa prima di tutto le classi più povere, che sono quelle che maggiormente subiscono la disoccupazione, la mancanza di alloggi e di servizi sociali e sanitari. Esiste ancora la sperequazione sul lavoro fra i generi, le donne a parità di qualifiche percepiscono stipendi inferiori. In verità il peso della continuazione di una parvenza di civiltà pesa sulle donne, sono loro spesso a doversi inventare il mantenimento della famiglia, sia lavorando fuori che dentro di essa.
Il prezzo della sopravvivenza diventa sempre più pesante, per le masse dei poveri in costante aumento, mentre la classe politica naviga nell’oro con stipendi milionari e vitalizi reversibili a figli e nipoti. La classe politica, indipendentemente dalla cosiddetta ubicazione destra-sinistra, chiede ancora sacrifici ai poveri, togliendo loro ogni mezzo di sussistenza o tassando all’inverosimile ogni risorsa, comprese le pensioni, mentre i vitalizi dei “super-pensionati” sono esentasse. La narrazione dell’excursus di nefandezze compiute contro i lavoratori ed i pensionati, soprattutto dai governi Monti e Renzi, è stato un crudele susseguirsi di colpi al cuore (ed alle saccocce degli italiani). A partire dalla incredibile legge Fornero, che impedisce il ricambio sul lavoro, sino al jobs act, che toglie ogni dignità al lavoro… etc. etc.
L’invito finale è stato quello di resistere all’abulia, di resistere e di lottare in ogni modo ed in ogni luogo, nelle piazze dei propri paesi, nelle città, ovunque sia possibile aggregare persone spiegando loro che “qui o si conserva l’Italia o si muore”. Mobilitazione permanente è la parola d’ordine. In conclusione del collettivo è stata letta una mozione di sfiducia e critica nei confronti dell’operato governativo, approvata all’unanimità, che verrà presentata al prossimo tavolo tecnico con il ministro del lavoro Poletti Giuliano.
Al ritorno a Treia, vedendo i pochi stanchi passanti che circolavano nella Piazza, ci siamo detti “dobbiamo far resuscitare quella comunità, e cominceremo a farlo con la Fiera delle Eccellenze Bioregionali dell’8 dicembre 2015….”
Paolo D’Arpini