Italia, l’ultima repubblichina – Dal 90% si è passati al 45% di votanti ma i governi sono sempre più forti… di quale maggioranza?
Negli anni della cosiddetta “prima Repubblica” italiana (grossomodo: 1945-1991) la partecipazione popolare al voto elettorale era molto alta, superando generalmente senza problemi il 90%. Questo significa che, bene o male, la popolazione riteneva importante presenziare rappresentativamente alla vita politica istituzionale, e i parlamenti risultavano abbastanza rappresentativi della nazione, anche perché alle elezioni politiche ogni cittadino disponeva di quattro preferenze individuali alla Camera e due al Senato, di modo che gli eletti si trovavano a dover rispondere nei fatti agli elettori.
Negli anni della cosiddetta “seconda Repubblica” (vero facto nuova Res privata, occupata da partitocrazia e servi dei “poteri forti”) la partecipazione elettorale è costantemente scesa, sfiorando ed ormai superando inferiormente il 50%.
Ciò significa che ormai un elettore su due ritiene inutile andare a votare per scegliere i propri rappresentanti istituzionali.
Perché questo avviene ?
I rivoluzionari considerano l’astensione elettorale come manifestazione di rifiuto della struttura stato, la quale peraltro non smette di esistere per la presenza degli astensionisti. In ogni caso, l’astensionismo “rivoluzionario” è certamente ben poca cosa, dal momento che ben poca cosa è, attualmente, il movimento rivoluzionario, come facilmente constata chi ha vissuto la stagione dei movimenti extraparlamentari e dei gruppi di lotta armata.
Ciò indica che la maggior parte dell’astensionismo è generata da pura e semplice sfiducia a priori che sia possibile cambiare la politica delle istituzioni.
Questa sfiducia, unitamente al fatto che le istituzioni esistono ed agiscono comunque, è indice di scollamento sempre più profondo tra popolazione e classe dominante (che dirige lo stato).
In assenza di alternative reali, questo stato di cose non sembra promettere esiti utili di alcun genere.
In breve, la fase storica vigente sembra mostrare una sorta di sfiducia della popolazione in se stessa medesima, fino alla rinuncia ad agire.
Può durare ad libitum l’inerte inazione ?
Crediamo proprio di no.
Comunque vadano le cose, la vita organica, anche collettiva, è incompatibile con la inattività.
Forse, alla fine, da questa attuale condizione sociale un po’ perversa ci salveranno le esigenze stesse della biologia, anche collettiva, che non ammettono la stasi senza fine.
La vita procede attraverso la necessità di soddisfazione perlomeno dei bisogni elementari, problema che non può essere eluso troppo a lungo per tanto tempo.
Il coinvolgimento del singolo nella dinamica della collettività è inevitabile, per il semplice fatto che gli umani sono strutturalmente una specie sociale (a dimostrazione, rasenta l’impossibile la sopravvivenza di un umano isolato da tutto e tutti).
Vincenzo Zamboni
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Considerazioni integrative dell’autore:
SISTEMA SOCIALE E POPOLAZIONE AGENTE
E’ abbastanza diffusa l’abitudine a descrivere la dinamica sociale come governata o diretta da un “sistema”, in altra versione “Sistema”, con la iniziale maiuscola.
Di fatto, però, la società è fatta da equilibri dinamici mai definitivamente stabili, quindi niente è eterno nella sua struttura, e prima o dopo le cose cambiano inevitabilmente.
Certo, a volte i tempi dei mutamenti storici delle moltitudini sono decisamente lunghi.
Ma che cosa è, effettivamente, “il sistema”, nella sua versione attualmente più diffusa, “democratico” ? Di certo, non sembra un prodotto che sia stato importato dai marziani, casomai una autoproduzione terrestre, e i terrestri siamo noi.
Sulla origine della democrazia si sono spesi fiumi di inchiostro ed ipotesi, più raramente dimostrate che semplicemente enunciate, a dire il vero.
Ciò che conta, in ultima analsi, è il soddisfacimento dei bisogni, a partire da quelli essenziali, ed anche qui si crea una distinzione intellettuale tra bisogni “reali” e no.
Che cosa li distingue ? Quale criterio ? I “bisogni reali della gente” li deve conoscere “la gente”, e chi altri, se no ?
Personalmente, considero fondamentale la distinzione tra bisogni primari, ovvero quelli che sono indispensabili per sopravvivere, dagli altri, poiché senza soddisfare i primi (mangiare, bere….) non è possibile soddisfare i secondi (un morto non soddisfa più alcun bisogno).
In tema di bisogni e diritti è utile distinguere almeno queste due categorie, secondo il criterio dato: che cosa è essenziale per vivere e che cosa no ?
Naturalmente, molti bisogni inessenziali sono stimolati dal consumismo pianificato, ma operare per soddisfare un bisogno o un altro è pur sempre il frutto di una scelta, perlomeno originale, prima che subentrino le abitudini.
E’ onere di chiunque riflettere se sia necessario e se sia utile per sè possedere, poniamo, una automobile, un televisore, o qualunque altro oggetto. Ho citato appositamente due elementi che io trovo inutili, anzi, generalmente parlando dannosi, specialmente se andiamo a considerare l’impronta ecologica terrestre media consumata dagli abitanti delle nazioni industriali sviluppate, che sono enormemente superiori a quella che spetta ad ogni abitante terrestre.
Beninteso, liberarsi dalle automobili richiede qualche modifica alle abitudini lavorative di molti: ma chi costruisce le abitudini ? Siamo da capo alla solita constatazione: le scelte individuali e le loro interazioni.
Veniamo dunque allo specifico democratico, indipendentemente da chi abbia costruito, istituito e conservato tale sistema (anche un trattore agricolo è stato progettato e costruito da qualcuno, ma è l’acquirente a decidere se gli serva comperarlo oppure no). Democrazia non è vivere sotto tutela, è esercitare la facoltà di scelta, altrimenti si riduce ad una inutile scatola vuota, o, peggio, ad un autoimbroglio.
Naturalmente, molte persone sono “stanche e disilluse da una classe politica venduta e traditirice”, viene dichiarato frequentemente, e questo è effettivamente vero, ma va ulteriormente commentato.
Classe politica, si diceva, “venduta”: certo, ma a chi ?
Se c’è un venduto c’è un compratore, e c’è stata una compravendita.
Inoltre, e questo è un punto importante, se il venduto è in parlamento qualcuno ce lo ha mandato votandolo ed eleggendolo.
Chi ha mandato nelle istituzioni gli uomini e le donne che li occupano ? Gli elettori, anche se attualmente scelgono a blocchi (partiti), non più individualmente, essendo stati privati (perlomeno in Italia) del voto di preferenza nom inale (segno che, comunque sia, la democrazia gode di cattiva salute, anzi, è in progressiva via di distruzione, e casomai ci sarebbe bisogno di più democrazia, non meno).
Non basta, chi ha creato quei gruppi e quei partiti ? Milioni di cittadini, sia fondandoli che aderendovi, sostenendoli e votandoli.
Allora, se la gente è stanca dei risultati, evidentemente è stanca di se stessa.
E’ ora che il popolo italiano scenda in piazza a dimostrare contro se stesso, e ci rifletta su.
Il Sistema non è una persona fisica, quindi io, a scanso preventivo di ipotetici equivoci personalizzanti, lo indicherò con la lettera iniziale minuscola, il sistema è la somma delle scelte, azioni e inazioni di tutti i membri del gruppo.
E’ la somma dell’agire di ognuno la formazione e conservazione di ciò che viene detto “sistema”.
Entro l’ambito di società molto popolose, è vero, ma ogni moltitudine è comunque formata dalla somma di tante unità, per ogni “grande numero” vale N = 1+1+1+1+1+1+1+1+1+…., e l’energia messa in atto dall’agire di ciascuno è sostanzialmente la stessa, quantitativamente, di quella degli altri. Ad una attenta analisi si può osservare che non esistono, in realtà, esseri umani più potenti di altri, esistono invece gruppi umani particolarmente concordi ed organizzati in modo mutuamente coerente nella loro azione, di cui alcuni compaiono in pubblico come rappresentanti, e in tal modo sembrano superficialmente più potenti di un cittadino comune, effetto provocato solamente dal fatto che lavorano assieme ad un grande numero di collaboratori concordi. Molte forze attive concordi forniscono come risultato una somma costruttiva di grande intensità, mentre altrettante forze discordi tra loro forniscono un risultato più modesto, o persino nullo, in certe combinazioni, come si può facilmente constatare dall’algebra dei vettori (che prima di diventare un fatto matematico è stata ed è un fenomeno della realtà naturale) .
Un generale non ha nessun particolare potere superiore al nostro senza una truppa obbediente e coerentemente organizzata, così come il signor Berlusconi o il signor Renzi e gli altri loro pari e non esercitano alcuna influenza maggiore della nostra senza lo stuolo di collaboratori e base politica organizzativa.
Vale un fatto già in passato constatato riguardo la televisione e i mass media: essi non hanno alcun potere intrinseco, hanno solo il potere conferitogli dalla moltitudine dei fruitori . Una televisione senza spettatori o un quotidiano senza lettori sono solo pezzi inerti di plastica, metallo e carta, sono strumenti, e in quanto tali non agiscono, agiscono gli esseri umani, e i creatori di informazione e spettacolo sono pochissimi, ma esistono ed agiscono solo perché ci sono folle di fruitori che li seguono, altrimenti non conterebbero nulla.
Dunque, la società è effettivamente una società di massa, e il potere dei singoli politici o di altre figure rappresentative è in realtà solamente simbolico: tale potere di per sè non esiste, olo rappresenta simbolicamente la folla, la massa concorde con la rappresentazione.
Politico o mediatico che sia, il rappresentante esercita influenza solo nella misura in cui vi siano rappresentati che in lui si riconoscono, dunque è in ogni caso il popolo il vero soggetto, consapevole o no, che conferisce apparenza di potere alle figure simboliche rappresentative.
La differenza importante, probabilmente, sta nella qualifica appena detta: “consapevole o no”.
E’ consapevole, ogni singolo, se gli sia utile, se sia conveniente, fornire consenso, esplicito o tacito, al governo, al partito, alle istituzioni ?
O non sarebbe meglio, casoma, che fornisse consenso o dissenso, di volta in volta, ai singoli provvedimenti che vengono proposti, costruendo ed esercitando forme di democrazia diretta, invece che rappresentativa ?
Che senso ha fornire e riconoscere agli uomini politici una delega, sostanzialmente in bianco, ad agire per proprio conto ?
A mio parere semplicemente nessuno, e, anzi, la cosa migliore da fare è disconoscerli, piuttosto discutendo, elaborando, ed eventualmente anche esplicitamente ponendo in votazione, i provvedimenti e le azioni organizzative sociali.
Il vero parlamento è: l’insieme dei membri della società, ovvero la popolazione intera.
Tutto ciò che ognuno può fare è cambiare o conservare pensiero ed azione.
Nel frattempo, personalmente consiglio sempre di costituire comuni, ovunque possibile, quali luoghi sia simbolici che concreti autogestiti. Cominciando dunque a ricostruire la vita organizzata da dal “basso”, come si usa dire.
Ma è giusto questo, uso, questo modo di dire ?
No: esso implica una concezione sociale secondo un ordine gerarchico organizzato.
Il quale, dove, come e quando esiste, è anch’esso la costruzione data da una scelta.
La società non ha altro ordine di quello che essa stessa si dà.
E, riguardo il “disordine”; da alcuni così temuto, è meglio ricordare le parole di Martin Heidegger: “Caos non è che l’ordine che non stavamo cercando”.
Tra i vari titpi di ordine, incluso il “caos”; vi è sempre scelta possibile.
Ogni giorno.
(V.Z.)