Effetti collaterali geopolitici ed economici dell’intervento russo in Siria
OTTOBRE 16, 2015 – Mosca usa la sua massiccia potenza di fuoco per sottomettere il terrorismo e alterare drasticamente l’equilibrio di potere in Medio Oriente. Ma ci sono altri vantaggi imprevisti. Con gli attacchi aerei devastanti su SIIL e gruppi ribelli finanziati dagli Stati Uniti, la Russia è ora al centro della scacchiera siriana. Oltre agli ovvi vantaggi come consolidare il governo laico del presidente siriano Bashar al-Assad e smascherare il sostegno statunitense ai gruppi terroristici, vi sono sei vantaggi laterali strategici dell’azione militare di Mosca.
Dimostrazione dei Sukhoj come nuovi giocattoli da comprare
Dopo la performance spettacolare sui cieli siriani, gli aerei da guerra russi Sukhoj diverranno il prodotto più richiesto nel mercato internazionale delle armi. Con il MiG-29 che fornisce copertura aerea, i Sukhoj, tra cui il massiccio cacciabombardiere Su-34, l’aviogetto a geometria variabile da attacco al suolo Su-24 e il cacciacarri subsonico Su-25, fanno un lavoro fantastico. Mentre il Su-24 andrebbe in pensione, il tandem Su-25 e Su-34 potrebbe essere la novità più ricercata sulla lista dei desideri delle forze aeree del mondo. I missili da crociera, probabilmente il Klub, che pestano i covi dei terroristi, potrebbero vedere un aumento di popolarità.
Il premio dell’Intelligence della Russia
Dopo una quasi collisione con un jet russo, l’US Air Force ha ordinato ai suoi piloti da caccia di stare alla larga dai settori in cui i russi operano. Il quasi scontro dà un’idea dei confini angusti in cui gli aeromobili stranieri devono volare, ciò permette alla Russia di raccogliere preziose informazioni su vari aerei di USA e NATO, tra cui l’F-22, ritenuto il primo caccia stealth nel mondo. Tali opportunità sono rare e i cervelloni dell’intelligence militare della Russia devono divertirsi molto nell’analizzarne i dati.
Lo SIIL non può più rubare petrolio iracheno e siriano
Lo SIIL vendeva petrolio greggio iracheno e siriano sul mercato nero a 10 dollari al barile. Il prezzo di mercato normale è di circa 47 dollari al barile. L’esportazione di petrolio richiede il trasporto tramite oleodotti verso le coste. Chiaramente, lo SIIL era libero di contrabbandare greggio senza il timore delle incursioni aeree della NATO. Questo da solo basta a provare che lo SIIL godeva di una forma di protezione da USA e NATO. Anche se le esportazioni dello SIIL erano solo un rigagnolo nel torrente di greggio che inonda il mondo, i mercati hanno risposto positivamente alle incursioni aeree russe. Anche un piccolo aumento del prezzo del petrolio si traduce in miliardi di dollari di entrate per la Russia.
La Russia mette nel sacco l’Arabia Saudita
L’Arabia Saudita perde la camicia con la produzione incessante di greggio, volta a indebolire Russia e Iran. Il FMI dice che il bilancio saudita è a brandelli, e la prospettiva appare cupa per il regno. Il ritorno della Russia in Medio Oriente con Iran e Hezbollah, il gruppo militante sciita che spaventa gli sceicchi sauditi, potrebbe essere l’incentivo a che il maggiore membro dell’OPEC annunci tagli alla produzione. Avendo perso la faccia, gli Stati Uniti non possono più chiedere ai sauditi di persistere.
L’Europa si sveglia
Ci sono voluti solo pochi missili russi per far rinsavire l’Europa. Gli europei pensano che l’azione decisiva di Mosca nel neutralizzare lo SIIL sia una buona idea rispetto alle azioni degli Stati Uniti che hanno creato milioni di rifugiati che entrano prepotentemente nell’Europa occidentale. Germania e Francia pensano di togliere le sanzioni economiche contro la Russia. Questo si chiama diplomazia economica.
Il Caspio è un lago russo
Con il lancio di missili da crociera dal Mar Caspio, a 2400 km di distanza dal luogo sul Mediterraneo dove la Russia Marina staziona una potente flotta, la Russia indica di avere diverse opzioni. Il Caspio è considerato un lago russo da secoli, e Mosca indica che nulla è cambiato oggi. E’ anche un messaggio agli Stati Uniti sull’esercito russo che ha accesso allo spazio aereo iraniano e iracheno. Inoltre, mostra portata e potenza dei suoi missili da crociera.
La guerra in Siria cambia il quadro regionale del gas: la Russia avanza
Il coinvolgimento della Russia nella guerra in Siria è uno sviluppo di proporzioni macro-storiche. E’ la prima volta nella storia che la Russia interviene direttamente, e con una forza militare formidabile, in Medio Oriente, a un tiro di schioppo dalla penisola saudita, dove immense riserve di idrocarburi costituiscono la riserva di energia mondiale. Anche al culmine della potenza dell’ex-URSS, nelle guerre nel 1967 e 1973, Mosca era irremovibile a non investirvi militarmente e a sostenere cautamente Egitto e Siria con aiuti e addestramento. Oltre il grande cambiamento degli equilibri geopolitici che si osservano, vi sono conseguenti micro-tendenze che influenzano direttamente l’industria del gas nella regione.
Prima di tutto, l’Azerbaigian, attraverso la sua compagnia gasifera firma un contratto di 5 anni per garantirsi le importazioni di gas da Gazprom per circa 2 miliardi di metri cubi l’anno. Benché le importazioni per il periodo 2009-2013 non abbiano mai superato il miliardo di metri cubi l’anno. In realtà, Baku sembrava titubante ad allargare la cooperazione. Tuttavia l’Azerbaigian si avvicina Mosca sul gas, dato che l’apertura del mercato iraniano, dopo la revoca delle sanzioni internazionali, sarà testimone della grande alleanza tra i due giganti gasiferi Russia e Iran, che insieme controllano il 45% dei giacimenti di gas naturale mondiali e il 25% della produzione mondiale annuale. Baku è inoltre continuamente sotto pressione per le relazioni ostili con l’Armenia, mentre l’amministrazione locale negli ultimi 12 mesi ha gradualmente imposto un giro di vite ai gruppi di opposizione e liberali collegati con le ONG finanziate da Stati Uniti e ambienti politici e commerciali dell’UE. Quindi, prossimamente si assisterebbe a una grande alleanza tra azeri e Gazprom, secondo i fatti su accennati.
Nel frattempo, il Viceprimo ministro e ministro dell’Energia della Georgia, Kakha Kaladze, ha recentemente riferito alla stampa che il gas russo è la scelta preferibile e più ragionevole rispetto alle importazioni azere, per il mercato georgiano. Dichiarava già che colloqui si erano svolti sulla questione con l’AD di Gazprom Aleksej Miller, e che la Georgia è interessata a garantirsi anche importazioni dall’Iran, in futuro. Come l’Azerbaigian, la Georgia affronta realtà geopolitiche dinamiche, con il riemergere del ruolo russo e dell’Iran nella regione, e la destabilizzazione della Turchia. Essendo quindi incastrata, la posizione di Tbilisi si volge sempre più verso la creazione di legami economici più forti con Mosca.
La Turchia è ancor più importante. Già in difficoltà per la guerra civile con i guerriglieri curdi e la politica disastrosa d’intromissione nella guerra siriana che ha provocato notevoli perdite finanziarie, 40 miliardi di dollari dal 2011, la grande ondata di rifugiati, dai 2 milioni di siriani, e il calo significativo della credibilità della diplomazia turca nella regione. Ancora più importante, la Turchia importa circa 29 miliardi di metri cubi all’anno da Gazprom e 10 miliardi di metri cubi dall’Iran, costituendo l’80% del mercato delle importazioni. Quindi, gli sviluppi sul fronte siriano costringono la Turchia, almeno in teoria, a riesaminare tali fonti, tuttavia non ci sono fornitori alternativi, a parte l’Azerbaigian, che dal 2020 potrà inviare sul mercato turco solo 6 miliardi di metri cubi di gas. Le riserve di gas nel giacimento di Shah Deniz dell’Azerbaigian bastano a un possibile aumento del volume nel mercato turco, ma ci sono tre punti d’interesse. Una è la realtà geopolitica globale che affronta Baku, come già spiegato, e le intenzioni degli azionisti del TANAP – TAP ad utilizzare Shah Deniz come via per esportare il gas principalmente sui mercati dell’Unione europea e non solo in Turchia. Inoltre, le riserve non sono certo infinite e durerebbero solo per una generazione, o trasferendo ogni anno 25 miliardi di metri cubi in tutti i Paesi interessati (fabbisogno interno azero, mercati di UE, Turchia e Balcani). Inoltre, il grande piano geo-energetico del Qatar del 2010-2011, con il sostegno dell’Arabia Saudita a rovesciare il regime di Assad di Damasco, per creare un “mega-gasdotto” attraverso la Turchia per l’Europa e rovesciare il ruolo dominante di Gazprom, è stato efficacemente neutralizzato. Così la Turchia non potrà garantirsi il gas del Qatar in un futuro prossimo o lontano, a meno che non proceda all’importazione del costoso e piuttosto instabile GNL. Infine i rapporti freddi e persino ostili tra Ankara e Israele, Cipro ed Egitto, impediscono alla Turchia d’unire le forze con questi Paesi per sfruttare le ricchezze di gas nel Mediterraneo orientale. Aggiungendo il fatto che la società turca è estremamente polarizzata tra laici e islamisti del partito AKP in decadenza politica, insieme alla rivolta curda, resta poco spazio di manovra ad Ankara. Il Turkish stream, essenzialmente un gasdotto “diplomatico”, potrebbe allargarsi nel Blue Stream, consolidando ulteriormente i legami gasiferi Mosca-Ankara. In questo senso, il quadro cambia nel Medio Oriente con terremoti geo-economici che si fanno sentire nel Caucaso prima di giungere a Sud e Ovest.
Rakesh Krishnan Simha
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora