Per un partito nuovo… dopo la caduta di Roma
Le macerie di Roma e il partito nuovo.
C’era una volta un partito ben organizzato e popolare, di cui non vi dirò il nome perché ognuno deve essere libero di scegliere quello che più gli piace e che è più vicino alla sua esperienza e sensibilità.
Dunque; c’era una volta un partito che si era dato l’obiettivo, riuscendoci, di costruire una sezione per ogni campanile. Solitamente una volta alla settimana e di sera si riuniva un direttivo formato da poco più di una decina di compagni -così si chiamavamo tra loro perché era scontato che fossero anche amici – per discutere di tutti i temi politici ed economici e sociali che riguardavano e interessavano la vita della gente senza distinzione tra le questioni internazionali, nazionali, locali e perfino di quartiere e di strada, spaziando così dalla lotta per la pace nel mondo fino al problema della lampadina fulminata.
Si programmava, in queste riunioni, il lavoro politico da svolgere: un incontro, un volantinaggio davanti alle scuole o alle fabbriche o al mercato o persino casa per casa, sul tema più rilevante per le masse, per far conoscere la propria posizione, ovviamente discussa e approvata nel direttivo.
Più raramente, ma nei casi peggiori non meno di una volta ogni tre mesi, si teneva un’assemblea pubblica, a cui partecipava un dirigente provinciale o persino nazionale dello stesso partito o anche un esterno, un intellettuale, un giovane studioso per approfondire un argomento, confrontare posizioni anche diverse e dialogare con la società.
In questo partito si tenevano su vari temi anche tante riunioni degli iscritti, che duravano molto perché tutti parlavano molto e avevano diritto di parola. A volte le riunioni venivano aggiornate perché il tempo di una sera non bastava. Questo partito aveva l’ossessione della sintesi, che si faceva nelle conclusioni è che poi era la linea che tutti dovevano seguire con disciplina. Questa prassi in effetti rallentava il ritmo delle decisioni, ma questo inconveniente era in parte compensato dalla profondità e dall’ampiezza della discussione.
C’era una volta un partito dove l’onestà era un prerequisito per chi volesse andare a svolgere qualsiasi ruolo e dove si era molto attenti, se si avevano incarichi pubblici, a non esporsi troppo in frequentazioni con persone i cui legittimi interessi potevano interferire con l’ente in cui si avevano incarichi pubblici. C’era una volta un partito in cui per essere candidati a qualsiasi carica era necessario avere dimostrato innanzitutto passione politica, serietà e persino avere qualche competenza o almeno avere acquisito qualche esperienza in modo da portare un contributo reale nel consesso in cui si sarebbe andati a rappresentare i cittadini. Questo partito metteva al primo posto la lotta alla corruzione ma si poneva pure il problema di avere un progetto condiviso per governare le città e il Paese.
Quindi, c’era una volta un partito dove addirittura era assai raro diventare consiglieri, sindaci o altro ancora senza un retroterra che lo giustificasse.
Questo partito non ricorreva alle primarie, e tanto meno alle primarie aperte a chiunque passasse davanti alle sezioni o ai gazebi che allora in politica non esistevano, però era molto attento a presentare buone candidature e svolgeva per tempo ampie consultazioni finendo spesso per selezionare il più meritevole, il più bravo e disponibile e persino il più adatto ad un certo incarico. Questo partito aveva cura di non lasciarsi troppo influenzare dai media perché riteneva che fare politica e raccontarla fossero due mestieri profondamente diversi.
Poi, questo partito è stato travolto dalla storia. Dopo ancora rottamato. Ed era giusto che avvenisse così. Niente è eterno e niente è perfetto.
Però questo partito non avrebbe prodotto il disastro di Roma. Soprattutto, per dirla con L’Osservatore Romano, questo partito avrebbe impedito che Roma, “a due mesi dall’inizio del Giubileo avesse solo la certezza delle proprie macerie”.
Ora è chiaro a tutti che nessuno può pensare di ricostruire quel partito che non c’è più e che pure aveva tanti difetti di conformismo, di eccesso di gerarchia e di boria.
Però un partito serio, organizzato, popolare dobbiamo costruirlo perché prima di tutto ne ha bisogno il Paese.
La comunicazione è importante, la tv e il web sono indispensabili, il valore degli individui è insostituibile, l’apertura alla società è vitale ma un partito è un’associazione di persone a servizio di una causa e di una comunità. Quindi è una cosa maledettamente seria.
È venuto il momento di fare davvero una discussione sulla forma partito dentro il PD, prendendoci il tempo necessario.
Da questa dipende infatti la qualità della nostra democrazia e la qualità della nostra vita di cittadini italiani e di uomini e donne di sinistra che hanno ancora passione per la politica. Abbiamo bisogno di un partito nuovo, perché le persone ci sono ancora.
Enrico Rossi Presidente
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Commento di G.S.: “”E così Marino se ne è forse andato, molto controvoglia. Il problema è che anche il PD lo ha mollato molto controvoglia consapevole che potrebbe essere l’inizio della fine e quindi quel forse è grande come una casa. Sono personaggi privi di morale ed etica, gente che deve trainarsi dietro una superpetroliera per riuscire a portare a spasso il suo immenso ego. E’ la nota patologia comportamentale del “come se” che ti spinge ad inventarti una realtà di pura fantasia ma funzionale alle tue pulsioni ed agire… come se… fosse veramente la realtà. Si vedono martiri, vittime sacrificali immolate su inesistenti altari da inesistenti carnefici, si pavoneggiano di imprese mai compiute se non nelle loro frenetiche masturbazioni mentali e se ne vantano, ciechi alla disastrata realtà nella quale sono immersi e da loro stessi creata. Il disastro assoluto di Roma..”