Caccia… “nostalgia” per il fetore della morte…
“Non v’è fetore al quale l’olfatto non finisca coll’abituarsi, né crimine che l’uomo non s’abitui a considerare con indifferenza… Nel costante suicidio morale è il male supremo della caccia” (L. Tolstoj)
Nonostante gli animali selvatici (secondo la legge 157/92) siano considerati proprietà indisponibile dello Stato, e nonostante il 75% degli italiani sia favorevole alla chiusura di questa attività insensata, stupida e crudele, in Italia si registra la più alta concentrazione europea di cacciatori. E a causa di questo una specie su 5 di animali selvatici è in pericolo di estinzione, come la lince, i lupi, le starne ecc. grazie anche a sistematiche deroghe che autorizzano a sparare anche su specie in via di estinzione.
E’ di questi giorni la notizia dei danni all’agricoltura in Toscana causati dalla eccessiva presenza di cinghiali, caprioli, daini e cervi. La soluzione proposta dagli esperti in termini di fauna selvatica è quella di abbattere gli animali. Difficilmente in natura una specie riesce a svilupparsi in sovrannumero (madre natura ha le sue regole equilibratrici), ma quando succede la colpa è dell’uomo che ha alterato gli equilibri con la caccia o l’immissione di animali incompatibili con nuovo ambiente. In questa prospettiva le istituzioni pubbliche, che sono più propensi a favorire la confraternita dei cacciatori che la salvaguardia di un bene comune, non vanno alle cause del problema ma intervengono sugli effetti prodotti: invece di spostare gli animali in sovrannumero in aree in cui scarseggiano, intervengono con risarcimenti agli agricoltori danneggiati.
Oltre alla vergogna della caccia convenzionale, ormai con vere e proprie armi da guerra, c’è la vergogna del bracconaggio, l’uccellagione, la falconeria, i richiami vivi e la altrettanto vergognosa concessione data ai cacciatori ad invadere spazi privati se armati di fucile, mentre questo non è concesso a persone disarmate. I cacciatori, ridicolmente armati come Rambo, con armi micidiali in grado di colpire fino 3 km di distanza, sparano in prossimità delle case, dei centri abitati, nei campi coltivati, certi degli scarsi controlli e le eventuali trascurabili sanzioni, perché mancano i controlli da parte del Corpo Forestale dello Stato e della Polizia Provinciale.
Senza contare il costante pericolo per la popolazione civile, le centinaia di feriti e decine di morti all’anno tra i cacciatori e non solo, ci sono le tonnellate di piombo riversato nell’ambiente e le cartucce vuote lasciate nei campi e nei boschi. Vi è poi l’assurda ipocrita pretesa da parte dei cacciatori di considerarsi tutori della natura e quando la selvaggina in una zona è stata annientata s’improvvisano equilibratori ecologici e a scopo venatorio immettono selvaggina come fagiani, lepri e cinghiali di grossa taglia che non avendo predatori possono svilupparsi in sovrannumero causando danni alle coltivazione degli agricoltori.
I cacciatori, gente che si sente forte con un fucile in mano contro un inerme leprotto e che si apposta come un ladro dentro capanne d’osservazione, gente che si alza la mattina alle 3 per andare a portare terrore, dolore e morte nell’incantevole scenario naturale, vere e proprie cattedrali viventi, si servono di cani da caccia i quali nelle loro mani vivono in media 6 anni, perché uccisi dai cinghiali, da ferite o dispersi dopo le battute di caccia.
Tra gli altri crimini della caccia vi è quello di educare i bambini alla pratica dell’uccisione di animali, spegnendo nella coscienza dei giovani in senso della compassione e la sensibilità verso la vita e la sofferenza altrui, cioè la parte migliore dell’animo umano.
L’Albania, paese sicuramente sotto questo aspetto più civile dell’Italia, ha vietato almeno per 2 anni la pratica della caccia. In Ecuador e Bolivia addirittura la natura è considerata soggetto di diritto. Nulla da eccepire per la caccia tra cacciatori.
Franco Libero Manco
P.S. Da quando per estreme necessità di sopravvivenza la specie umana si nutrì della carne degli animali abbattuti l’uomo è diventato il più crudele dei predatori; continuare a mangiare la carne significa perdurare nello stato malattia e di primordiale ferocia. flm