Non è donazione di organi ma predazione dal vivo, ovvero “vivisezione umana”
Finora il prelievo di organi è stato praticato esclusivamente su persona in cosiddetta “morte cerebrale” a cuore battente (standard neurologico). Ma le opposizioni crescono, la disponibilità degli organi diminuisce, e i trapiantisti da qualche tempo hanno cominciato ad espiantare reni e fegato da pazienti in arresto cardiaco senza patologie cerebrali. Sono pazienti che sulla base di un giudizio di prognosi infausta sono guardati come banca di organi e tessuti. La chiamano “donazione a cuore fermo”. Quello che non si conosce è che l’immediata ed invasiva preparazione all’espianto è precedente all’accertamento di morte cardiaca e praticata sia su coloro che hanno manifestato volontà di donazione sia, in parte, su coloro di cui non si conosce la volontà.
Se il cuore si ferma per 20 minuti (riscontro ECG) per legge si è morti. Ma a cuore fermo gli organi senza ossigenazione si deteriorano rapidamente, tanto più dopo 20 minuti, rendendo impossibile il trapianto. Così ci si prepara per la circolazione extracorporea (ECMO)* non a fini di cura ma per salvaguardare reni e fegato, ostacolando l’afflusso di sangue ossigenato al cervello con un palloncino che chiude l’aorta al di sopra dei reni provocando un crash del cervello. *(Extra Corporeal Membrane Oxygenation).
E’ un terribile protocollo autoritario per il prelievo di organi, che inizia sui moribondi ad imitazione di altri Stati.
A livello internazionale è definito“Non Heart Beating Donor” (NHBD) “donatore a cuore non battente” ma cervello vivo. Negli anni ha acquisito varie definizioni: Donation After Cardiac Death (DCD) “donazione dopo morte cardiaca”, ma anche Donation After Circulatory Death (DCD) “donazione dopo morte della circolazione”. Gli italiani dicono “donazione a cuore fermo”.
Il procacciamento è più facile sui ricoverati in terapia intensiva ma altre situazioni più comuni possono coinvolgere i cittadini.
Chi chiama il 118 per un attacco cardiaco sappia che il medico che giudica irreversibile l’arresto cardiocircolatorio se possibile applica il massaggiatore cardiaco automatico (AP) e telefona in ospedale al coordinatore locale dei prelievi. Costui si informa dai database del SIT o dell’ASL di appartenenza (irregolarmente per la mancanza del decreto attuativo della legge 91/99 art. 5) o dai tesserini personali, se esiste dichiarazione di consenso al prelievo di organi. Il paziente accertato che sia donatore viene trasportato al Pronto Soccorso e, in presenza di prognosi cardiaca infausta le azioni possono essere finalizzate a salvare gli organi da trapiantare prima ancora della morte cardiaca, le chiamano “manovre preliminari”. Saranno incise le femorali (arterie e vena) ai fini della successiva circolazione extracorporea, si faranno prelievi del sangue per le prove sierologiche di idoneità. Dopo 20 minuti di accertamento di morte cardiaca (20 minuti di ECG) si riprenderà il massaggio cardiaco automatico (AP autopulse) e si procederà all’incannulamento dei vasi femorali per la ECMO che alimenta ed ossigena reni e fegato per un tempo che va da 1 a 6 ore, bloccando però l’afflusso del sangue al cervello. Quindi l’espianto.
La differenza per il paziente di cui non si conosce la volontà sta nel fatto che, in attesa dei parenti lo si considera “potenziale donatore”, si effettuano le manovre preliminari e dopo i 20 minuti di arresto cardiaco si procede all’isolamento chirurgico dei vasi femorali, si allerta la sala operatoria ma si aspetta la non opposizione dei parenti per incannulare vasi e procedere alla ECMO.
Se i parenti si oppongono la procedura verrà interrotta ma intanto il loro caro è stato trattato come un donatore di reni/fegato, senza che lo fosse. L’alibi per tali interventi messi in atto nell’attesa dell’accertamento della volontà del soggetto o della famiglia, è sostenuta dalla tesi di non “frustrare la volontà di donazione”.
Il vero problema è che non è stato emesso il Decreto attuativo previsto dalla L. 91/99 art. 5 per la dichiarazione di volontà negativa o positiva alla donazione. Le proposte pubblicizzate dal governo sono tutte ingannevoli e confuse germogliate da un Decreto Temporaneo della Bindi. Così anche i NON donatori potranno subire pratiche invasive preparatorie all’espianto nell’attesa dell’opposizione scritta dei familiari e/o della personale dichiarazione autografa d’opposizione (Carta-Vita).
Le persone sole sono senza speranza.
Iter organizzativo sperimentale: nel settembre 2008 è stato presentato il protocollo operativo, da parte del Policlinico San Matteodi Pavia, elaborato sulla base del protocollo nazionale NHBD Non Heart Beating Donor (progetto pilota: Cagliari, Pisa, Treviso) e del protocollo dell’Hospital Clinic di Barcellona nonché del parere medico-legale del Centro Nazionale Trapianti (CNT). Nel 2009 questo protocollo è stato adottato anche dall’Ospedale San Camillo di Roma e praticato dal 2010”.
La “donazione a cuore fermo” ma cervello vivo è tornata alla ribalta sulla stampa il 14 e 15 settembre 2015 per un trapianto di fegato.
Aspettiamo l’intervento della Magistratura.
Comitato medico-scientifico
Dr.a Maria Luisa Robbiati
Anestesista-Rianimatrice
Lega Nazionale Contro
la Predazione di Organi
www.antipredazione.org