Mauro Mellini: “Accoglienza ed invasione”
Credo sia divenuto impossibile per chiunque voglia porsi problemi elementari relativi alla vita sociale e politica del nostro Paese, non affrontare senza panico, ma anche senza ipocrisie verso noi stessi, la questione di un’invasione in atto da parte di popolazioni dell’altra sponda del Mediterraneo, Medio Oriente ed Africa. A qualcun potrà sembrare che usare un termine come “invasione” è di per sé segno di pregiudizio e di incapacità di affrontare il problema dei “migranti” con obiettività e senso di giustizia.
C’è qualcosa di vero in una simile considerazione: parlare di “invasione”, ad esempio, dà una misura della dimensione del problema diverso da quello corrente, che è insito nel termine assai più inadeguato e falsificante di “accoglienza”. Occorre subito dire che se è vero, ed oggi soli gli imbecilli e i troppo furbi potrebbero negarlo, che quello del flusso dei “migranti” è un grosso problema politico, non è possibile risolverlo in base a criteri moralistici (più che morali) badando a non contraddire le omelie di Papa Francesco più che a tener conto della capacità della realtà economico-culturale italiana di sopportare, senza esserne travolta, l’ondata di piena che, allo stato, è da ritenere non si sia ancora verificata nell’afflusso “migratorio”. Un’altra considerazione va fatta preliminarmente. Possiamo considerare con tutta l’antipatia di cui siamo capaci, mettere in campo tutto il nostro armamentario critico nei confronti di movimenti come la Lega (nella attuale versione Salviniana) ma dobbiamo dare per scontato che, quanto più i nostri governanti si riveleranno inadeguati a far fronte all’”invasione”, tanto più essi si radicheranno e si diffonderanno nel nostro Paese.
In altre parole: ogni giorno che passa le riserve di energie razionali e di coesione politica della nostra Società andranno diminuendo. Terzo punto: è inutile sperare che l’Europa ci tolga d’impaccio, assumendosi l’onere politico-economico (e, magari, militare) della soluzione del problema. L’Europa politica non c’è. Non c’è una Europa con una qualsiasi politica estera. Per di più, quel tanto che se ne andava costruendo, è oggi in crisi, non solo, ma paradossalmente l’Europa è, al contempo un dato ostativo di una politica “americana” di contenimenti del potere islamico, mentre l’antieuropeismo (antieuro) conseguente alla crisi economica è anch’esso goffamente ed oscuramente contrario al “potere mondiale” americano.
La nostra debolezza, quindi, non è da occultare e da dimenticare. Né basta a farci sperare che l’Europa venga a darci una mano. Il fatto che è stata la dissennatezza di grandi Paesi Europei come la Francia e la Gran Bretagna che ha favorito lo scatenamento di questa ondata di fanatismo in Medio Oriente ed in Africa, che è oggi la più visibile delle cause della pressione “migratoria”. In proposito dobbiamo aggiungere che la nostra politica estera (se è possibile definirla così) in persona di quell’ineffabile personaggio all’epoca Ministro degli Esteri, Frattini, ha compiuto l’estrema baggianata di dare una mano alla più clamorosa delle baggianate anglo-francesi (concepita, del resto, proprio in chiave anti-italiana), l’operazione “anti Gheddafi” che ha mandato all’aria proprio quel tanto di “protezione avanzata” che era stata realizzata con quel pittoresco dittatore, tanto migliore, tuttavia, delle bande che lo hanno assassinato e sostituito al potere in Libia. Non è inutile dimenticare che Frattini era allora alla ricerca di “titoli di merito” per andare a far il Segretario della Nato.
Cosa che, non gli è riuscita, ma della quale ha fatto pagare il prezzo anticipatamente all’Italia. Detto tutto questo, torniamo alla storia dell’”accoglienza”. Il Papa gesuita l’ha predicata e lo predica e, benché nello sfascio generale del nostro Paese nemmeno il potere Vaticano abbia più stabilità e coerenza, la classe politica Italiana non sembra capace di mettere in discussione questo concetto, questo “dogma sociale”. Che è espressione di un’ambiguità tipicamente gesuitica della politica d’Oltre Tevere, protesa ad assicurarsi un ruolo preminente in quello che, anni fa, si diceva il “Terzo mondo”. Sarebbe facile e certamente un po’ demagogico e rozzo, notare che il Vaticano predica bene ma razzola un po’ peggio, comunque più “facilmente” e senza spese, visto che nessun insediamento di “migranti” va a costituirsi nel suo piccolo territorio.
E’ la stessa cosa, in fondo delle prediche di Papa Francesco contro il precariato. Che il Vaticano pratica senza ritegno nei confronti di giovani lavoratori italiani, oltre tutto privati di ogni forma di trattamento previdenziale. Il Papa, che sa coltivare la sua popolarità anche ipotizzando suoi calci nel sedere e “cazzotti”, parlando invece “ex cattedra” spiega che la legittima difesa è tale solo quando la violenza è contrapposta contro la violenza altrui nel momento stesso in cui essa è esercitata, con ciò, in pratica, negando, anche di fronte ad ogni più orrendo massacro, la possibilità di un’azione militare, che necessariamente non può esplicarsi con tale perfetta simultaneità. Eppure senza un intervento militare non potremo mai veder scomparire o veder ridotta in limiti accettabili la pressione “migratoria” africana e medio orientale nella sua dimensione attuale.
L’aumento del concorso europeo al c.d. “pattugliamento” del Mediterraneo si riduce, infatti, in un concorso all’ultima fase della migrazione. Potrà risparmiare, nell’immediato vite umane in più rispetto a quelle salvate dai nostri mezzi, ma, in sostanza, “completando”, con ciò, le traversate che diventeranno un po’ meno micidiali. Ciò automaticamente aumenterà, il numero di quelli che oseranno intraprenderle. L’invasione continuerà. E con essa l’atroce livello della mortalità. E’ doloroso doverlo ammettere, ma, se non ci sono governi capaci di impedire che dall’Africa partano i barconi della morte (e dell’invasione) c’ un solo rimedio: andare ad affondare i barconi, i gommoni, le carrette del mare, prima che partano con il loro carico di disperati.
La difesa dall’”invasione” (che, con quello che sta succedendo in Africa ed in Asia è da ritenere tenda sempre più a qualificarsi così e ad aggravarsi per diversi anni) non è solo difesa della nostra struttura politico-sociale, della nostra identità europea ed italiana. E’ pure difesa degli immigrati che, affluiti in modo “normale” (o quasi) nel nostro Paese, si sono inseriti nella sua economia e nella sua vita sociale, con un adattamento a volte encomiabile e con effetti benefici per la nostra economia, raggiungendo livelli anche abbastanza alti nelle attività produttive.
Questi, che oramai possono considerarsi nostri concittadini, saranno le prime vittime di un’invasione che li “risucchierebbe” in un contesto di arretratezza, di fanatismo e e di ostilità al nostro sistema ed ai nostri costumi. Dobbiamo difendere anche loro. Concludendo queste un po’ sconclusionate considerazioni, credo che sia ora di finirla con le giaculatorie sull’”accoglienza” (si accolgono i perseguitati di altri paesi, non masse, sia pure oggetto di inestricabili conflitti di etnie e di intere fazioni religiose). Chiedere che l’Europa (e l’O.N.U.) “collabori” all’azione fin qui svolta da noi (cioè i salvataggi in mare) è semplicemente pazzesco: significa aggravare tutti i nostri problemi.
Non bisogna ricorrere all’uso delle armi (se le abbiamo…) se non come extrema ratio. Ma non bisogna escluderlo ed, anzi, occorre concertare le nostre alleanze (tra Europa, Stati Europei, N.A.T.O. e Stati Uniti) in modo da poter contare, all’occorrenza, su di un concorso militare. Abbiamo assecondato operazioni militari dissennate come quella “anti Gheddafi”. Pensiamo invece ad azioni militari indispensabili. E prepariamoci ad una lunga prova. Ci sarebbe poi da cominciare a “darci una politica estera” e non a baloccarci con delle chiacchiere demagogiche. Ed, intanto, nominare un “vero” Ministro degli Esteri. Il che, con i tempi che corrono ed i personaggi che stanno sulla scena politica, è, forse, la cosa più difficile
Mauro Mellini
(www.giustiziagiusta.info)