Cameri – Gli F35 non portano lavoro e guadagno ma solo spese e danno
Nei giorni scorsi, senza tanto clamore dei vari Comitati NO-F35 e politici annessi, l’Italia ha ottenuto l’appalto per la “riparazione, manutenzione, revisione e aggiornamento” del super caccia F-35 JSF per tutta la durata del progetto, cioè per oltre 30 anni visto che la sua durata è prevista al 2046.
Il Governo italiano, come al solito, ha espresso grande soddisfazione per i posti di lavoro garantiti per un trentennio e per il fatturato previsto in oltre 4 miliardi di euro con l’indotto (ma l’Italia ha già speso 1,4 miliardi di euro per la costruzione dello stabilimento Faco e relative attrezzature e 1,5 miliardi tra ricerca e attività di supporto!!).
Quello dei posti di lavoro è sempre stato l’alibi per far accettare alle popolazioni locali l’ampliamento delle servitù territoriali e l’impatto ambientale della trasformazione della base dell’Aeronautica militare italiana di Cameri (Novara) nella base di assemblamento finale con annessi voli di prova degli F-35 JSF.
Inizialmente, con la firma dei primi accordi (Governi D’Alema 1998 e Berlusconi 2001), si parlava di 10.000 posti di lavoro, scesi poi a 1.000 in occasione della nuova firma di impegno del Governo Prodi (2007) e a 600 all’atto della firma definitiva del Governo Berlusconi nel 2010.
Attualmente, secondo i dati ufficiali dei sindacati presenti nello stabilimento Faco all’interno della base di Cameri, i dipendenti civili italiani sono 160 ai quali vanno aggiunti un centinaio di “trasfertisti” dirottati dallo stabilimento di Torino dell’Alenia, vi sono poi una cinquantina di romeni e 60 americani della Lockheed Martin, oltre ovviamente al personale militare e di sicurezza.
Per questo motivo abbiamo sempre contestato l’alibi dei posti di lavoro, che sono tuttora molto modesti seppure importanti in questo momento di crisi, così come abbiamo contestato le battaglie dei vari Comitati pacifisti e antimilitaristi (con politici annessi) che si limitavano a chiedere semplicemente la rinuncia dell’Italia all’acquisto dei 131 caccia previsti (poi ridotti a 90 dal Governo Monti e forse ulteriormente ridotti dall’attuale Governo Renzi), anche perché gli attuali aerei militari in dotazione all’Aeronautica Italiana sono obsoleti e prima o poi andranno rinnovati comunque o con gli F-35 JSF o con altri analoghi.
Quello che andava denunciato e noi l’abbiamo sempre fatto era che il “know how” (conoscenze tecniche) era e rimane riservato agli Usa e alla Gran Bretagna (che avrà un’altra base di supporto per gli F-35 JSF) e ad Israele che pure non partecipa direttamente al progetto, mentre l’Italia e le altre nazioni europee partecipanti hanno competenza solo sulla struttura (sulla carrozzeria insomma).
Questo fa sì che la parte della base di Cameri dove gli F-35 vengono completati con sofisticate attrezzature che li rendono invisibili ai radar e con armamenti altamente distruttivi (potenzialmente anche nucleari) è zona riservata, off limits, dove il personale italiano sia civile che militare non può accedere.
Di fatto quindi buona parte della base di Cameri dell’Aeronautica Militare Italiana è diventata esclusivamente anglo-americana, un polo strategico altamente operativo situato in Italia ma fuori dalla nostra giurisdizione territoriale.
E’ proprio su quest’ultimo aspetto che andavano incentrate la battaglia e le proteste contro scelte politiche che di fatto hanno confermato la nostra condizione di colonia, mentre ora i giochi sono fatti e il tentativo di ridurre ulteriormente gli F-35 JSF che l’Italia si è impegnata ad acquistare è solo un contentino, un ripiego oltretutto destinato al fallimento.
“Comitato Disamericanizziamoci” del Verbano-Cusio-Ossola e Novara
Il Portavoce: Adriano Rebecchi